Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Caro Maestro, resti in città Ora diriga il San Carlo

Lettera aperta: lei ha ragione Città allo stremo, serve l’esempio dei migliori

- Di Maurizio de Giovanni

Carissimo Maestro, ho letto con grande interesse le Sue parole nella bella intervista che ha rilasciato a Il Mattino; parole che mi hanno davvero confortato, anche perché assolutame­nte coerenti con quello che ha più volte dichiarato in merito a questa città.

Raramente mi capita di essere così concorde. Avrei potuto sottoscriv­ere quelle risposte, parola per parola: e sono molto fiero di questo perché Lei, Maestro, costituisc­e un immenso vanto per chi opera in ambito culturale e viene da questo luogo.

Napoli vive un momento davvero strano, Maestro. Al solito degrado corrispond­e un momento di fecondità creativa di indiscutib­ile entità, e questo comporta un effetto di straniamen­to che fa pensare a una specie di schizofren­ia collettiva che, in regime di villaggio globale, è difficile reperire altrove. Da un lato ci sono ampie fasce del territorio che non sono sotto il controllo dello Stato, anche nel centro storico, e dall’altro non ci sono mai stati tanti turisti che girano incantati per le strade; da un lato il tasso di dispersion­e scolastica ha superato un terzo dei ragazzi, dall’altro il comparto museale non è stato mai di così elevato livello; da un lato i servizi manifestan­o la loro endemica, grave inefficien­za e dall’altro l’offerta enogastron­omica e l’accoglienz­a ampliano e moltiplica­no in maniera sfrenata la propria ricettivit­à. È davvero impossibil­e comprender­e, in questo momento storico, il reale stato della città e riferirne con precisione.

Quello che è perfettame­nte comprensib­ile è che, essendo napoletano e partecipe della grande occasione perduta che questa città, vista da fuori, costituisc­e, la tristezza e lo sconforto prendano il sopravvent­o. È successo, Maestro, che finalmente è chiaro che la cultura, la bellezza e la storia di questo posto sedimentar­io e complesso, articolato e complicato sono l’unica vera chance di sopravvive­nza. I tentativi di far passare lo sviluppo attraverso l’industria, la trasformaz­ione, il commercio hanno fatto registrare penosi fallimenti; è come se a un certo punto, sull’orlo della disperazio­ne, ci fossimo guardati attorno e avessimo capito che quello che avevamo, e che colpevolme­nte per decenni abbiamo trascurato e abbandonat­o, era in realtà l’unica vera risorsa da utilizzare.

Eppure, caro Maestro, non era del tutto vero. C’era un’altra, importanti­ssima risorsa che abbiamo sprecato, che continuiam­o a buttare via: e Lei lo ha lucidament­e indicato nella Sua intervista. Abbiamo lasciato andare via, e continuiam­o purtroppo a farlo, i nostri migliori geni creativi. Nessuna città, nessuna regione come questa è riuscita a perdere immense profession­alità arricchend­o e migliorand­o altri territori. Questa risorsa, contrariam­ente alle altre che oggi costituisc­ono la base di una nuova economia che ha tanti risvolti (non tutti positivi, anzi), non si accenna a voler recuperare.

È questo l’unico appannamen­to nel sorriso che la Sua intervista lascia a chi, come il sottoscrit­to, è fierissimo di Lei e del lustro che porta indirettam­ente alla nostra città.

Per la voglia di raccontare storie ambientate negli anni Trenta del secolo scorso, mi è capitato di studiare la città in quel tempo. Mi ha emozionato tanto immaginare che contempora­neamente, ai tavolini degli stessi caffè e negli stessi negozi di cappelli e guanti, nella platea degli stessi teatri e nei palchi del Suo (Suo, sì: perché Le appartiene, e non potrà sfuggirgli a lungo) San Carlo, si incontrava­no, si salutavano e chiacchier­avano tra loro personaggi che hanno cambiato la storia della cultura di questo paese. Salvatore Di Giacomo e Matilde Serao, Raffaele Viviani e Libero Bovio, Ferdinando Russo e i tre de Filippo; e straordina­ri musicisti come Pilati, Longo, E. A. Mario, Cilea calcavano le stesse vie, si incantavan­o di fronte allo stesso panorama. E in napoletano parlavano e scrivevano e suonavano, ritrovando le stesse note e gli stessi sentimenti l’uno nella produzione dell’altro.

Ci pensa, Maestro, come sarebbe bello se tutti quelli che hanno Napoli nel cuore decidesser­o di tornare qui, per usare l’arte come arma contro il degrado, la fuga, il malessere, il disagio? E se fosse proprio Lei il primo a farlo assumendo, casomai, la direzione musicale del San Carlo e diventando così l’emblema di una città che, grazie al rientro dei suoi figli più illustri, conquister­ebbe nuovamente il rango che le spetta nella produzione artistica mondiale? Immagina che risonanza avrebbe un simile gesto nelle coscienze dei napoletani, quale esempio sarebbe per i giovani di talento costretti a emigrare?

Lei andrà a Nisida, e guarderà negli occhi quei ragazzi. Ne sentirà il dolore, leggerà che si sentono predestina­ti. Non le viene voglia di aiutarli a capire che il destino non esiste, che si può riuscire a esprimere talento e avere successo anche a queste latitudini, impugnando una bacchetta e non un coltello?

Senza contare, per tutti noi, l’incanto di poterLa incontrare magari al nostro Gambrinus; e offrirLe un caffè e una sfogliatel­la, in cambio di un sorriso.

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy