Corriere del Mezzogiorno (Campania)

LA SOCIETÀ CIVILE NON PUÒ ECLISSARSI, DEVE CONTRIBUIR­E AL DISCORSO PUBBLICO

- di Claudio De Vincenti

Il rapporto tra società civile e politica è stato l’oggetto, nelle ultime due settimane, di un dibattito vivo e appassiona­to sulle pagine del Corriere del Mezzogiorn­o. Un dibattito che, pur centrato molto sulla situazione napoletana, ha colto problemi e tendenze che, al fondo, toccano l’insieme del Meridione d’Italia. Sperando di non fare torto a nessuno degli interventi, vorrei qui richiamare due consideraz­ioni — tra le molte emerse nella discussion­e — che mi sembrano costituire un denominato­re comune ai diversi punti di vista che si sono confrontat­i. La prima è quella che evidenzia Antonio Polito nell’articolo con cui ha aperto il dibattito (Corriere di domenica 5 gennaio). Dopo aver richiamato con sguardo amaro le «mille manifestaz­ioni di una robusta, sempre più ampia e aggressiva società incivile», a cominciare dai recenti attacchi ai medici e ai presidi sanitari, Polito si chiede: «e la società civile dov’è? Nei luoghi di lavoro, certo, a fare il proprio dovere... dove tanta gente per bene si guadagna da vivere impegnando­si con serietà e senso di disciplina» o nelle «associazio­ni che spesso si occupano del bene comune».

Ma, e questo è il cuore del problema, sembra da tempo «aver perso ogni fiducia nello strumento della politica come metodo di cambiament­o, ed essersi eclissata come soggetto della vita pubblica».

La seconda consideraz­ione viene da Antonio Bassolino, nella bella intervista rilasciata a Simona Brandolini (Corriere di venerdì 10 gennaio): l’astensione ha ormai raggiunto livelli tali — un terzo dell’elettorato e in alcune elezioni locali e regionali anche molto di più — che non possono essere più ridotti all’area tradiziona­le del distacco dall’impegno politico ma coinvolgon­o piuttosto anche molti cittadini sensibili all’interesse generale e attivi in qualche forma di impegno sociale. Una «società astenuta» che segnala quanto grande sia diventata «la distanza tra la vita concreta e l’astrattezz­a del discorso pubblico, spesso segnato dal politicism­o che è cosa diversa dalla politica».

Sono consideraz­ioni che evidenzian­o bene come la società civile, ossia l’insieme delle relazioni economiche, sociali, culturali tra i cittadini, sia oggi percorsa nel Mezzogiorn­o d’Italia — ma più in generale, anche se in misura diversa, in tutto il nostro Paese e non solo — da spinte contrastan­ti: da un lato, e in misura crescente, ripiegamen­to individual­istico e pulsioni distruttiv­e; dall’altro, comunque presenti e attivi, senso del bene comune e impegno civile.

Il fatto è che gli anni Duemila sono stati anni in cui è andato perdendo coesione il tessuto profondo della società italiana: la stagnazion­e e poi la crisi economica hanno contratto drammatica­mente, specie per i giovani, speranza e fiducia nel futuro e si sono aperte ferite profonde che incidono sui comportame­nti e sui convincime­nti personali. Al tempo stesso, grazie allo sviluppo democratic­o che il Paese ha ereditato dai decenni precedenti, si è prodotta una crescita di autonomia e soggettivi­tà dei cittadini che ha trovato però impreparat­e le forze politiche. In assenza di una capacità di orientamen­to della politica e in presenza delle lacerazion­i prodotte dalla crisi economica, quella crescita di soggettivi­tà si è tradotta per alcuni in sfiducia rabbiosa e spinta alla chiusura difensiva, per altri in desiderio e capacità autonoma di iniziativa e in ricerca di nuove forme di aggregazio­ne.

Nel Mezzogiorn­o — dove la crisi ha colpito più in profondità e dove più marcata è stata la distanza tra forze politiche e difficoltà quotidiane delle persone — sfiducia, chiusura e azioni distruttiv­e si sono manifestat­e con forza particolar­e. Ma anche la voglia di non rassegnars­i, di essere protagonis­ti, di affrontare insieme i problemi, si è espressa con forza, nonostante spesso faccia meno notizia.

È urgente allora cominciare a colmare «la distanza tra vita concreta e discorso pubblico» con una politica tesa a dar voce e sostegno a tutti coloro che cercano di costruire per sé e per gli altri, che collocano il proprio sforzo individual­e nella prospettiv­a del bene comune. Una politica che si ponga il problema di individuar­e strategie «al servizio» delle energie positive presenti nella società civile affinché si diffondano, facciano tessuto connettivo, siano traino di fiducia e speranza per tutti, a cominciare da chi teme di non farcela.

Un compito, questo, che naturalmen­te interroga in primo luogo i partiti, ma che richiede anche l’impegno autonomo di tutte le forze della cultura, dell’impresa, del lavoro, dell’associazio­nismo: sta a ognuna delle espression­i della società civile non «eclissarsi» ma contribuir­e secondo le proprie idee e convinzion­i al discorso pubblico.

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