Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Made in Cloister e Mann «Black Square» fino al 30 aprile
L’arte di Samorì: città in equilibrio tra decadenza e rigenerazione
NAPOLI «Napoli rappresenta per me il massimo equilibrio fra decadenza e rigenerazione, fra culto della morte e dirompente vitalità. Esattamente i caratteri contrastanti e complementari che sono al centro della mia ricerca, con un condimento di superstizione che ho voluto sfidare presentando la mostra nel giorno venerdì 17».
Nicola Samorì è un giovane artista romagnolo, ormai noto e attivo in tutto il mondo, da Berlino a Taiwan, che ha inaugurato ieri una sua personale sitespecific, divisa fra il porticato di Made in Cloister e la sala di Villa dei Papiri al Museo Archeologico
nazionale. Un ciclo che si intitola «Black Square», ovvero piazza nera, curato da Demetrio Paparoni, che comprende dipinti e sculture, come sempre realizzati a partire da opere antiche, rilette, violate e destrutturate. «Il mio rapporto con questa città — spiega — non nasce oggi, ma ha radici profonde legate al mio studio dell’arte barocca, in particolare di due pittori decisivi per la costruzione del mio linguaggio ed entrambi attivi a Napoli nel 600 come Ribera e Luca Giordano». E infatti su una delle pareti del Chiostro di Santa Caterina, quella delle finestre cieche, campeggiano due dipinti paradigmatici della produzione di Samorì: un San Paolo Eremita ripreso da Ribera e un San Bartolomeo da Giordano.
«Dal centro di entrambi i lavori dipinti su rame, come spesso accadeva nell’antica tradizione partenopea, fuoriescono lunghi fili come capelli, che in realtà sono strati di pittura distaccati con un bulino, che sottolineano la mia attenzione per la sovrapposizione materica e cromatica». Infatti l’altra parete è occupata da un altro ciclo di sei opere ad affresco, che parte dalla raffigurazione di un Marsia scuoiato, copia di originale