Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Re Lazzarone, si può fare
Trattoria a due passi dal Museo. Vada per le polpette di ricotta e la fregola col baccalà
Sì, in tutta onestà, non posso dire di aver mangiato male. Nessun entusiasmo però in grado di rendere l’esperienza gastronomica indimenticabile. I piatti assaggiati sono tutti mediamente buoni, realizzati con materia prima di accettabile qualità, ma senza quella tecnica superiore che potrebbe consentire a questo piccolo locale su due piani a un tiro di schioppo, facciamo anche di pistola, dal Mann, di effettuare il salto di qualità. La fantasia non manca allo chef, come si evince dal menu che non riposa sui comodi stereotipi della tradizione partenopea. Insomma non si vive di sola parmigiana di melanzane, che pure è presenta in carta. Meglio fiondarsi sulle polpettine di ricotta
(1), bruttine ma buone, con zucchine, che arrivano in tavola caldecalde. Le calamarelle sono decongelate, come segnala correttamente l’asterisco, ma morbide e ben fritte, a dimostrazione che un prodotto decongelato può essere tranquillamente di buona qualità. Originale l’idea di mettere in carta un piatto con la fregola sarda (2), nel caso specifico, condita con una crema di piselli, secondo me un po’ troppo densa, e quadretti di baccalà. Anche la tostatura delle caratteristiche gocce di semola andrebbe migliorata. Premiamo comunque l’ardimento. Discreti i ravioli con crema di patate, anche in questo caso un po’ spessa e, soprattutto ridondante (carboidrato e carboidrato) con julienne di speck croccante (3). Buona, anche se leggermente untuosa, la frittura di gamberi e calamari di qualità soddisfacente. Chiusura con una mousse al cioccolato fondente che raggiunge in ogni caso la sufficienza. Siamo andati via senza riuscire a valutare l’entità della cantina. «Come bianchi abbiamo Falanghina, Coda di Volpe, Greco, Pinot grigio». Di che aziende? «Tutte napoletane». Ma il Pinot grigio? «No, quello è Veneto». Vabbé, un calice dell’anonimo, in tutti i sensi, Falanghina. E più non indagar.