Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Forgione: quei «Giovanissimi» con il futuro alle loro spalle
In libreria da oggi il secondo romanzo di Alessio Forgione Una storia di adolescenza e pallone al Rione Traiano
Il secondo romanzo di Alessio Forgione, Giovanissimi (edizioni NN), da oggi in libreria, conferma quello che è apparso evidente fin dall’esordio di questo trentenne dalla forte personalità. Forgione è uno scrittore che ha una sua personale, inconfondibile voce, dote abbastanza rara nel panorama italiano contemporaneo.
Se nel precedente Napoli mon amour, piccolo caso editoriale salutato come il nuovo Ferito a morte, l’ambito in cui il narratore si muoveva era quello di una pulviscolare borghesia del nuovo millennio, stavolta l’autore compie un passo indietro sul piano temporale (siamo negli anni Novanta, tra giornaletti di Dylan Dog e biglietti da diecimila lire) e slitta su un diverso territorio sociale: i giovanissimi del titolo non appartengono al cosiddetto ceto medio, emergono piuttosto da una zona sociale grigia, ambigua, ai confini della piccola delinquenza, in un quartiere degradato e povero, tra Soccavo e il Rione Traiano.
Marocco, il protagonista quattordicenne dai capelli ricci e neri, è tutto impegnato nel distacco dai propri sentimenti. La madre se n’è andata e la sua vita con il padre ruota intorno al sogno del pallone come possibilità di riscatto o almeno di guadagno, magari per comprarsi il sospirato motorino. La sua è una storia di adolescenza e crescita, ma la tradizionale struttura da bildungsroman si dissolve in una narrazione circolare più che lineare, con il resoconto di una quotidianità ripetitiva e ossessiva, tra fumo, scuola che va male, calcio e un pesante senso di straniamento del protagonista dalla propria vita. Il ragazzo si muove in un presente paludoso in cui è facile perdersi: «Riuscivo a pensare solo al Natale, che speravo non arrivasse mai e invece arrivò, presto, e mi venne incontro correndo, mentre la vita procedeva indifferente, e mentre andavo male a scuola e mi preparavo a diventare cattivo e mi tenevo tutto dentro, cercando di sembrare normale». I personaggi di Giovanissimi sono trattenuti, silenziosi, schivi perché resi sospettosi dalla propria storia personale. Il loro modo di comunicare è una sorta di processo «a ritroso»: «Non gli dissi che la mattina mi svegliavo stanco. Non gli dissi che passavo le notti allenandomi a non soffrire».
Eppure non siamo dalle parti di Gomorra. Qui il male e il bene non sono facili da distinguere e le fisionomie dei «cattivi» non sono mai monodimensionali, come nelle fiction o al cinema. La violenza e la tentazione di trasgredire sono esiti possibili, scelte che baluginano a tratti nella vita di tutti, itinerari esistenziali che possono capitare come capita un incidente. È proprio questo il punto: passare dallo svogliato bivacco pomeridiano al furto in appartamento è facile, assai più facile di quanto si possa pensare. Così come iniziare a vendere il fumo. O scatenare una rissa in un campetto di calcio. La prospettiva di Forgione è orizzontale: non c’è nessun giudizio moralistico né solidarietà paternalistica, ma la capacità di raccontare un mondo per quello che è, da un’angolazione interna. In qualche caso poi il futuro si apre perché in fondo, scrive l’autore, «ogni persona è l’ulteriore possibilità di qualcun altro».
A Marocco la vita cambia radicalmente nell’incontro con Serena e con il sesso e qui Forgione si conferma scrittore di pagine assai convincenti e appassionare sull’amore, senza retorica e senza compiacimenti. Con tutta la sua forza travolgente, l’amore si afferma come straordinaria esperienza conoscitiva e sensoriale. Come in Napoli mon amour, la parte dedicata all’intreccio romantico costituisce una solida spina dorsale della narrazione. Sebbene l’amore non sia per nulla un porto sicuro: «Fu così che pensai che nel primo ciao che ci si dice è compreso anche l’addio e che l’inizio è solo l’inizio della fine e che ogni incontro non è altro che un lungo abbandono, centellinato goccia a goccia, lento». Eppure qualcosa succede e la vita nonostante tutto si mette in moto, con il suo doloroso sorprendente meccanismo.