Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Giornalista? No, un politico
Caro direttore, i contraenti del «patto» Dema-Pd per la candidatura di Ruotolo (che rispetto, sia chiaro) alle suppletive lo stanno descrivendo come «nuovo, inclusivo, capace di ampliare il campo, in grado di intercettare un consenso trasversale, espressione della migliore società civile».
Sono molteplici le ragioni del mio dissenso, provo a sintetizzarle.
Ruotolo, ormai da svariati anni è, a pieno titolo, un «soggetto politico», nel 2013 fu candidato, con risultati modesti, nell’esperienza Rivoluzione Civile, con Ingroia e de Magistris.
Il 2,3% ottenuto dalla lista ebbe come unico effetto quello di impedire al Pd ed al Centrosinistra guidato da Bersani di conquistare la maggioranza dei seggi al Senato. Contemporaneamente il giornalista contese la presidenza della giunta regionale del Lazio a Zingaretti fermandosi al 2%. Più recentemente Ruotolo è stato reclutato dal sindaco di Napoli come presidente dell’Osservatorio Anticamorra del Comune
che, in realtà, ha «osservato» molto poco, come dimostra anche il silenzio sulla vexata quaestio delle autorizzazioni per la celebrazione del matrimonio al Maschio Angioino tra il neomelodico Tony Colombo e Tina Rispoli, vedova del boss Gaetano Marino, con il conseguente sgombero di un importante evento dell’Associazione Vittime Innocenti della Criminalità Organizzata. Si sceglie quindi di candidare alle suppletive non un esponente della cosiddetta società civile, ma un politico, da tempo vicinissimo a de Magistris, personalità che ha già dimostrato nei precedenti cimenti elettorali di essere tutt’altro che in grado di assicurare un «consenso ampio e trasversale».
Tale candidatura è stata già oggetto di decisi distinguo e censure da parte di autorevoli esponenti del Pd, cito, per brevità, la parlamentare Valente ed il consigliere regionale Marciano. Assordanti poi, e se ne comprendono le ragioni, i silenzi di Bassolino e del governatore De Luca.
È il caso di rammentare che proprio il Pd ha, appena qualche settimana fa, firmato un durissimo documento di sfiducia al sindaco e che i suoi dirigenti hanno, in più occasioni, censurato l’operato dell’attuale amministrazione partenopea definendola «la peggiore dell’ultimo trentennio per qualità dei servizi, debito accumulato (il triplo rispetto alla Iervolino) e stato comatoso del trasporto pubblico».
Sarà interessante assistere alle iniziative comuni a sostegno di Ruotolo tra de Magistris (che ha più volte descritto le giunte a guida Pd come «permeabili agli interessi della camorra») ed i rappresentanti napoletani del partito di Zingaretti. Ciò soprattutto nelle aree più periferiche della metropoli, dove i cittadini chiederanno conto dell’incubo rifiuti e delle condizioni di degrado in cui sono costretti a vivere. È mia netta impressione che molto diffusamente la candidatura del giornalista sia percepita (lo testimonia anche l’intervista al vostro giornale di Graziella Pagano) come autoreferenziale e riconducibile in toto al sindaco di Napoli, nel suo momento di massima impopolarità dal 2011, e che abbia, come primo effetto, quello di restituirgli una centralità del tutto insperata, considerati lo svuotamento ed il fuggi fuggi quotidiano da Dema (non a caso lo stesso primo cittadino ha preteso che i simboli del suo partitino e del Pd non comparissero alle suppletive) .
L’intesa per la candidatura di Ruotolo, di converso, a mio sommesso parere, aggrava le difficoltà del gruppo dirigente del Pd, acuisce il suo isolamento dalla città, dalle citate periferie alle sue aree più vitali e dinamiche e non coglie nemmeno l’obiettivo minimo desiderato: riproporre a Napoli l’alleanza con i 5 Stelle che sostiene il governo nazionale. Altro che «campo largo», «coalizione aperta ed inclusiva», si tratta, al contrario, di una scelta divisiva, letta largamente come esito di intese anguste ed intellegibili e, soprattutto, prive di respiro e della necessaria ambizione di contribuire all’avvio di un percorso per il futuro della città e del Paese.