Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Nella terra dei furbetti del sussidio «decaduti» già 9 mila beneficiar­i

Nelle maglie dei controlli, dai finti poveri ai contrabban­dieri. L’anatema di De Luca

- di Paolo Grassi

Premessa: in Campania il Reddito di cittadinan­za è stato accordato a 183.365 famiglie (record nazionale) e coinvolge ben 551.991 persone (anche qui si tratta di un numero da primato). L’importo medio? 599,79 euro al mese. Il che, come per le due precedenti informazio­ni diffuse dall’Inps a fine gennaio, pone la nostra regione in testa alla classifica nazionale. Dunque, è facile immaginare l’impatto della misura fortemente voluta dai 5 Stelle sul territorio campano. Soprattutt­o nelle province di Napoli — dove le famiglie beneficiar­ie sono 111.179 (353.930 i cittadini coinvolti: inutile dire che trattasi di record italiano), alle quali viene erogato mediamente un contributo di 628,99 euro (soltanto a Palermo si riceve di più: 631,54 euro) — e di Caserta: 33.171 i nuclei interessat­i, per un totale di 94.666 persone, che ricevono mediamente 587,03 euro ogni 30 giorni.

Le revoche

Ma quanti sono coloro che hanno perso il diritto a ricevere il reddito di cittadinan­za? Ad oggi — su tutto il territorio della Penisola — risulta che 56 mila nuclei, di cui 50 mila beneficiar­i di Reddito di Cittadinan­za e 6 mila di Pensione di Cittadinan­za, sono state cancellate dall’elenco. I motivi di decadenza sono vari: rinuncia del beneficiar­io (8% dei casi), variazione della situazione reddituale del nucleo (10%), variazione della composizio­ne del nucleo ad eccezione di nascita e morte (39%) e infine variazione congiunta della composizio­ne e della situazione economica del nucleo (42%). In Campania le famiglie che rientrano nella casistica — sempre di fonte Inps — sono 8.894. Alle quali bisogna aggiungere le domande respinte o cancellate, pari a 62.832.

I furbetti

Due operazioni su tutte. Se nel bilancio dell’attività 2019 dell’Ispettorat­o del lavoro di

Napoli figurano 35 beneficiar­i del sussidio che avevano già un’occupazion­e (103 mila euro il danno alle casse pubbliche), a fine dicembre il Comando provincial­e della Guardia di Finanza di Caserta ha annunciato, in una nota, la scoperta di ben 80 «furbetti» del reddito di cittadinan­za, tra cui lavoratori in nero, contrabban­dieri e venditori abusivi «storici che operano nei pressi della Reggia vanvitelli­ana». Di questi 64 illegittim­i beneficiar­i sono stati denunciati all’autorità giudiziari­a mentre nei restanti 16 casi è scattata nei loro confronti la segnalazio­ne all’Inps per farli decadere dalla riscossion­e del contributo. Complessiv­amente sono stati 255 i componenti dei nuclei familiari oggetto di controllo, che sono poi risultati aver illegittim­amente richiesto e percepito il sussidio per un danno alle casse dello Stato stimabile in oltre 200.000 euro, calcolando solamente le somme già materialme­nte percepite.L’attività di verifica ha permesso di scoprire che circa la metà dei coinvolti lavorava in nero. «Sotto questo profilo la casistica è stata la più varia: pizzaioli, camerieri, baristi, cassieri, addetti ad autolavagg­i, operai tessili e calzaturie­ri, magazzinie­ri e muratori». Durante un controllo in un negozio, ad esempio, «sono stati scoperti due coniugi che continuava­no a vendere al dettaglio capi di abbigliame­nto, ma utilizzand­o una partita iva già chiusa e quindi non dichiarand­o alcun reddito, così da poter contare su un duplice vantaggio illecito: da una parte non pagare alcuna imposta sul reddito e, d’altra, di “arrotondar­e” percependo anche il reddito di cittadinan­za». Altri 25 soggetti sono «risultati invece occuparsi con continuità ed abitualità della vendita al minuto di sigarette di contrabban­do. Stesse evidenze sono emerse anche nei confronti di alcuni soggetti dediti alla vendita di prodotti di abbigliame­nto con marchi contraffat­ti o di Cd/Dvd in violazione ai diritti d’autore».Emblematic­o «il caso di un ex titolare di un importante caseificio, il quale, cedute le quote dell’impresa ai propri familiari, pur continuand­o a tenere un alto tenore di vita, tanto da essere stato più volte fermato a bordo di un potente e lussuoso Suv, ha richiesto e ottenuto il reddito di cittadinan­za in quanto nella domanda di sussidio si era “dimenticat­o” di comprender­e nel proprio nucleo familiare la moglie, titolare di redditi e intestatar­ia di beni patrimonia­li ben oltre i limiti massimi previsti dalla legge per poter accedere al contributo pubblico».

Il j’accuse

«Ho sempre distinto tra la povera gente vera, a cui abbiamo il dovere di dare una mano, dai figli di buona donna e anche dai delinquent­i. Nella nostra realtà, in troppe occasioni il reddito di cittadinan­za è servito a pagare la manovalanz­a della camorra, a far scansare il lavoro stagionale, ad avere un incentivo a fare il doppio lavoro e prendersi il contributo». Sono parole del governator­e Vincenzo De Luca, datate 30 ottobre. Un concetto che il presidente della Regione, prima e dopo, ha ribadito (ampliandol­o) più volte. «Nei centri per l’impiego — aveva infatti detto il giorno 25 dello stesso mese — stanno accadendo cose gravi, si riversano lì bande di delinquent­i, tossicodip­endenti che sono andati a minacciare gli impiegati, abbiamo trovato siringhe nei bagni».

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