Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Florio «Manca il pubblico» Amato «Qui vince la prosa»
Il direttore della Cappella Neapolitana: «Dovrebbe essere internazionale» Il vertice del Festival del Settecento: «Oggi per due posti si presentano in 400»
Il maestro Antonio Florio con autorevolezza rappresenta Napoli in Europa e nel mondo. Fondatore della Pietà dei Turchini, che ha poi lasciato per questioni gestionali, oggi dirige la Cappella Neapolitana con la quale è molto spesso in tournée all’estero. È appena tornato da una di queste tappe e commenta l’articolo con il quale Francesco Canessa, da queste pagine, ha riaperto il caso dell’assenza a Napoli di un’orchestra stabile da quando, nel 1993, fu sciolta la Scarlatti in seno alla Rai.
«Siamo stati in concerto in Olanda — racconta — dove, a parte Amsterdam e Rotterdam che sono grandi, le piccole città di 200mila abitanti hanno auditorium fantastici, con un pubblico pagante di mille persone. E sono sempre pieni. Qui a Napoli, per raccogliere cento persone si deve faticare. Manca l’orchestra, certo, ma manca soprattutto la cultura musicale a partire dal grado di istruzione della classe politica. I nostri rappresentanti sono del tutto ignari di cosa sia un’orchestra e di cosa abbia veramente bisogno una società civile per essere ai livelli dell’Europa. Invece c’è Sanremo...».
Cioè? «In Italia, che è il paese che ha inventato l’Opera — nel mondo si impara l’italiano perché è la lingua del canto — si parla soltanto di musica leggera e l’attenzione dei media è puntata su cantanti-fenomeni che dureranno 3 o 4 anni e, non avendo spessore, finiranno nel nulla. Non è neanche colpa loro: mancano i critici e se ci sono manca lo spazio per le recensioni: la musica, insomma, è diventata la cenerentola delle arti. Un italiano medio va a una mostra, vede un film, ma difficilmente va a un concerto di classica. L’educazione musicale fa difetto a tutti, non è una questione di ceto. Abbiamo perso intere generazioni e anche persone con un buon curriculum non conoscono la musica». Colpa anche della mancanza di un’orchestra stabile?
«È un circolo vizioso. Se vi fosse dovrebbe avere: una struttura pubblica imponente; persone competenti reclutate con audizioni serie; una sede fisica con un auditorium degno di questo nome. Tutto questo non si farà perché i musicisti non sono un elettorato vasto. Se nascesse l’orchestra, i musicisti dovrebbero essere retribuiti, senza selezionare solo giovani con la scusa di non pagarli. Ci vorrà meritocrazia e una visione ampia: non un’orchestra provinciale o regionale, ma internazionale perché così si fa nel mondo».
Dice la sua anche il maestro Enzo Amato che organizza il Festival internazionale del Settecento napoletano soprattutto nelle chiese: «Abbiamo la necessità di avere un’orchestra stabile sinfonica: ha ragione Canessa per molti motivi, anche occupazionali, al fine di evitare che i tanti talenti ed eccellenze campane lascino questa terra. Faccio un esempio: il San Carlo ha bandito un concorso per due posti di violista. Si sono presentati 400 musicisti, uno più bravo dell’altro. Per arrivare lì hanno fatto grandi sacrifici, ma l’offerta era sproporzionata rispetto alla domanda. I licei musicali stanno generando passione per questa arte, così i progetti scuola-lavoro. Ci sono, poi, le orchestre giovanili, veri vivai di entusiasmo che diventa aspettativa e dall’altra parte non trova niente perché manca la produzione».
Infine: «A Napoli tutti i teatri fanno prosa. Mai possibile? Penso al Mercadante che è pubblico e al Teatro festival: possibile che non possano produrre anche occasioni musicali? Bisognerebbe dosare i cartelloni e far entrare anche la sinfonica».