Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Pronto il nuovo salva-Napoli
Dopo la sentenza della Consulta, un anno in più per gestire il disavanzo
Il governo Conte, per la seconda volta da quando si è insediato nel 2018 — a trazione Lega-M5S, prima; a guida Pd-5S-Leu-Iv, oggi — potrebbe salvare il Comune di Napoli grazie ad un emendamento da inserire nel «Milleproroghe», gia calendarizzato in Commissione Bilancio alla Camera con il numero 39, che vede come relatori Vittoria Baldino del M5s e Fabio Melilli del Pd.
NAPOLI Il governo Conte, per la seconda volta da quando si è insediato nel 2018 — a trazione Lega-M5S, prima; a guida Pd-5S-Leu-Iv, oggi — potrebbe salvare il Comune di Napoli grazie ad un emendamento da inserire nel «Milleproroghe», gia calendarizzato in Commissione Bilancio alla Camera con il numero 39, che vede come relatori Vittoria Baldino del M5s e Fabio Melilli del Pd. Si tratta di una sorta di «Salva Napoli» bis ma a tempo determinato: la misura immaginata (che, ovviamente, non interviene solo sul Palazzo San Giacomo ma su centinaia di Comuni italiani, tra i quali anche Torino) blocca per un anno gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale dei giorni scorsi; sentenza che, di fatto, obbliga Palazzo San Giacomo a ricalcolare il disavanzo del Comune di Napoli — cha ha sollevato il tema — facendolo lievitare da 1,7 a 2,8 miliardi di euro. Una cosa enorme che rischierebbe prima o poi di far scattare il blocco della spesa per un Comune che dal 2013 è già in pre-dissesto. Per la Corte Costituzionale, infatti, l’amministrazione «non poteva utilizzare» le anticipazioni di liquidità dello Stato. Da qui, la richiesta di «un intervento del legislatore», come chiesto dal vicesindaco Enrico Panini, che ha la delega alle Finanze. Cosa che l’emendamento giallorosa potrebbe fare congelando, almeno per un anno, l’eventuale deficit aggiuntivo. Un problema al quale il sindaco — insieme all’Anci, che da tempo chiede un intervento governativo per aiutare i Comuni alle prese con debiti vecchi di decenni — ha lavorato da giorni, sia con gli interlocutori che ha nel Pd che con quelli del Movimento Cinquestelle vicini a Roberto Fico, da sempre interlocutore privilegiato del sindaco.
Intanto in Municipio si studiano le strategie su come andare avanti nell’ultimo anno di consiliatura, se non addirittura negli ultimi due mesi nel caso in cui de Magistris si candidasse alle Regionali di maggio. Sul tavolo c’è tra l’altro il riassetto di alcune società partecipate con l’ipotesi di trasformare la conduzione aziendale dell’Anm tornando ad un Cda a cinque rispetto all’attuale formula dell’amministratore unico. La valutazione che si fa strada è esattamente la stessa fatta per l’Asìa poche settimane fa: l’azienda, per il Municipio, è troppo grande e articolata per essere governata da un uomo solo. Serve una squadra più ampia, che piace tanto anche ai partiti. Palazzo San Giacomo ragiona pure sull’ipotesi di mettere in liquidazione la Napoli Holding, nata per contenere tutte le partecipate comunali ma poi rimasta con in «pancia» la sola Anm. E dalla Napoli Holding, proprio per la presidenza di Anm ma senza deleghe, potrebbe arrivare l’attuale amministratore unico Amedeo Manzo. Nel Cda potrebbe comunque trovare spazio anche Nicola Pascale, oggi amministratore unico. Ma per ora siamo alle indiscrezioni alimentate dalle parole del vicesindaco Panini, persona molso ascoltata da de Magistris, che ha definito «inaccettabile che l’amministrazione venga a sapere, contrariamente a quanto comunicato fino a poche ore prima, che una unità di trazione non ha ancora la certificazione Ustif e pertanto non può circolare», aggiungendo che «questa è l’ultima volta che la città viene trattata in questo modo».