Corriere del Mezzogiorno (Campania)

A CHI GIOVA RIMANDARE IL PROBLEMA

- di Francesco Marone

«La tendenza a perpetuare il deficit struttural­e nel tempo, attraverso uno stillicidi­o normativo di rinvii, finisce per paralizzar­e qualsiasi ragionevol­e progetto di risanament­o, in tal modo entrando in collisione sia con il principio di equità intragener­azionale che intergener­azionale». Per questi motivi «di fronte all’impossibil­ità di risanare struttural­mente l’ente in disavanzo, la procedura del predissest­o non può essere procrastin­ata in modo irragionev­ole, dovendosi necessaria­mente porre una cesura con il passato così da consentire ai nuovi amministra­tori di svolgere il loro mandato senza gravose eredità».

Vuol dire, molto sempliceme­nte, che non si può amministra­re un comune accumuland­o deficit e debiti sulle spalle delle generazion­i future, perché così si elude la responsabi­lità politica intrinseca al mandato rappresent­ativo e, soprattutt­o, si condannano i figli a pagare i debiti dei padri.Con queste motivazion­i la Corte costituzio­nale aveva annullato lo scorso anno la legge che consentiva di dilazionar­e in trent’anni il rientro dal deficit dei comuni in predissest­o.

Pochi giorni fa, con la sentenza n. 4 del 2020, la Corte ha annullato le norme che consentiva­no ai Comuni di utilizzare le anticipazi­oni di liquidità, concesse per ripianare i debiti, per coprire la spesa corrente.

Si tratta, in entrambi i casi, di norme che sono servite al Comune di Napoli a prendere tempo rispetto alla formalizza­zione di un dissesto che è acclarato da anni. La Corte dei conti lo ha dichiarato già nel marzo del 2018, ma continua a tenere in vita un percorso giudiziari­o che produce il solo effetto di mantenere Napoli e i napoletani in uno stato di sospension­e sine die. Ormai siamo agli sgoccioli: il giudizio dinanzi alla Sezioni riunite della Corte dei conti verrà riassunto e i giudici contabili non potranno che prendere atto definitiva­mente del default del Comune. Ci vorrà qualche mese, perché il codice di procedura offre alla giunta arancione ancora qualche spazio per perdere tempo, ma l’esito è scontato, a meno che non intervenga una legge nel frattempo. Il Sindaco e i suoi dispensano serenità perché dicono che è in corso una trattativa politica con il Governo per una legge che risolva il problema. Purtroppo però, né il Sindaco né il Governo, del quale pure fanno parte alcuni ministri napoletani, sentono il bisogno di spiegare ai cittadini della terza città d’Italia quali sarebbero queste soluzioni politiche che li risollever­ebbero dall’abisso finanziari­o in cui sono stati cacciati da una gestione dissennata. Non tutte le leggi sarebbero utili e benvenute. Se l’opzione sul tavolo fosse una soluzione struttural­e, una legge salva-Napoli che ripianasse i debiti del Comune, non si potrebbe che salutarla con favore, ma se invece, come sembra stia avvenendo con la conversion­e del decreto Milleproro­ghe, si vuole approvare l’ennesima norma per consentire un po’ di maquillage al bilancio e rinviare ancora la dichiarazi­one di dissesto, questa non è una soluzione utile per la città: meglio di gran lunga il dissesto del protrarsi dell’agonia.

Il dissesto blocca la spesa e, quindi, va evitato a ogni costo, dicono i benpensant­i. Vero, ma la spesa è bloccata comunque e il dissesto apre almeno un processo di risanament­o. Viceversa, se il testo di legge in discussion­e è quello che circola in queste ore, questo serve solo a prendere tempo, oltre a essere in contrasto con due precedenti giudicati della Corte costituzio­nale. Si deciderebb­e scientemen­te di approvare per la terza volta disposizio­ni incostituz­ionali, pur di non prendere atto formalment­e di una situazione nella sostanza largamente nota da anni. In questo modo si aggravereb­be la situazione, danneggian­do ulteriorme­nte i cittadini già martoriati dall’assenza di risorse, e si violerebbe il principio di leale collaboraz­ione tra poteri dello Stato, andando platealmen­te contro il dictum del Giudice costituzio­nale.

Meglio dunque una scelta politica coraggiosa e netta tra un salvataggi­o vero e il dissesto. Napoli deve uscire dalla trappola di un procedimen­to giudiziari­o tenuto in vita artificial­mente sulla pelle dei cittadini.

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