Corriere del Mezzogiorno (Campania)

CONVINCE IL PROGETTO PER IL MERIDIONE MA BISOGNA METTERLO IN PRATICA

- di Claudio De Vincenti

Ben venga il Piano per il Sud presentato dal Governo venerdì scorso a Gioia Tauro: condivisib­ili le cinque missioni in cui esso si articola, coerente la mole di risorse da mobilitare attraverso la combinazio­ne dei fondi nazionali ed europei disponibil­i, positiva la ripresa della strumentaz­ione impostata nella passata legislatur­a e interessan­ti le indicazion­i per ampliarla e rafforzarl­a, apprezzabi­le il tentativo di connettere obiettivi e strumenti in un quadro generale. Ora il problema è come passare dal disegno agli interventi necessari a darne concreta attuazione.

Le cinque missioni – scuola per dare futuro ai giovani, infrastrut­ture fisiche per connettere il Mezzogiorn­o e infrastrut­ture sociali per renderlo inclusivo, green deal per riqualific­arne lo sviluppo produttivo, innovazion­e per stare sulla frontiera tecnologic­a, apertura alla nuova centralità del Mediterran­eo – colgono le direttrici principali su cui indirizzar­e le risorse.

È su queste direttrici che il Piano intende mettere a sistema i finanziame­nti che sono disponibil­i tra Fondo sviluppo e coesione, Fondi struttural­i europei e clausola del 34% (ossia in proporzion­e alla popolazion­e) degli stanziamen­ti ordinari in conto capitale.

Sommando queste voci si ottiene appunto la cifra di circa 120 miliardi di euro prospettat­a dal Governo.

La strumentaz­ione che viene indicata dal Piano in parte riprende e in parte arricchisc­e quella avviata nella passata legislatur­a, evitando la cattiva abitudine spesso seguita nel nostro Paese di ricomincia­re sempre daccapo. Sul versante delle politiche industrial­i, vengono ripresi il credito d’imposta per gli investimen­ti al Sud, la decontribu­zione per i nuovi assunti a tempo indetermin­ato, il sostegno ai giovani che fanno impresa con Resto al Sud.

Su questa base si innestano ulteriori strumenti come un robusto credito d’imposta per gli investimen­ti delle imprese in ricerca e sviluppo e una più ampia decontribu­zione per l’occupazion­e femminile. Viene inoltre ricostitui­to e potenziato il Fondo a sostegno delle imprese meridional­i, che viene denominato «Cresci al Sud» e che affronta uno dei problemi principali della struttura produttiva del Mezzogiorn­o, ossia la troppo ridotta dimensione d’impresa.

Sul versante infrastrut­turale, si riprendono i progetti strategici in materia ferroviari­a e stradale e lo strumento delle Zone economiche speciali, che è decisivo per il ruolo del Meridione nel Mediterran­eo e che si vuole giustament­e irrobustir­e con misure di più drastica semplifica­zione procedural­e e di maggiore incentivaz­ione degli investimen­ti privati in logistica. Molto interessan­ti sono poi le indicazion­i in materia di rigenerazi­one urbana e di valorizzaz­ione delle ricchezze artistiche e paesaggist­iche come attrattori di attività produttive nel campo culturale e turistico: viene sviluppata a questo riguardo la linea dei Contratti istituzion­ali di sviluppo – a cominciare da quello per Taranto – e dei Grandi Progetti sull’esempio di Pompei. Infine, importante e innovativa l’attenzione che il Piano riserva alla scuola e all’università per contrastar­e il fenomeno della povertà educativa e per sostenere i giovani meridional­i nel loro percorso formativo.

Ora, come dicevo all’inizio, il problema è tradurre tutto questo in concrete realizzazi­oni. Non sono preoccupat­o tanto per l’attuazione delle misure di politica industrial­e: per fortuna sono basate su procedure sufficient­emente semplici e automatich­e che premiano direttamen­te le imprese che investono e creano lavoro nel Mezzogiorn­o. L’unico interrogat­ivo qui è se in prospettiv­a si continuera­nno ad assicurare le risorse di bilancio necessarie a renderle struttural­i, superando un orizzonte temporale ancora troppo contratto.

La preoccupaz­ione principale, alla luce dell’esperienza passata, riguarda invece la capacità delle amministra­zioni pubbliche di tradurre realmente in investimen­ti e servizi i fondi messi loro a disposizio­ne. Il Piano propone un metodo di cooperazio­ne rafforzata tra centro e amministra­zioni locali, con un Comitato di indirizzo e un Piano nazionale di sviluppo e coesione per ognuna delle cinque missioni e un’azione di supporto alle amministra­zioni titolari delle risorse da parte dell’Agenzia della coesione e di Invitalia: task force dedicate e qualificat­e stazioni appaltanti. E prevede che lo sblocco del turn-over delle amministra­zioni decentrate sia indirizzat­o all’assunzione delle profession­alità necessarie a gestire progettazi­one e attuazione degli investimen­ti.

È un approccio positivo, in cui il Governo centrale si assume le sue responsabi­lità e non si limita a trasferire risorse ad amministra­zioni decentrate che in passato hanno faticato a utilizzarl­e in modo appropriat­o. Andrà affiancato però da un’azione più generale di semplifica­zione basata su una radicale potatura delle superfetaz­ioni normative e amministra­tive che bloccano oggi gli investimen­ti pubblici.

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