Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La trattativa per Maradona tra retroscena, intrighi e bluff

Il giornalist­a Franco Esposito racconta la telenovela dell’ 84 quando il Napoli strappò Diego al Barcellona «Io e i miei colleghi diventammo trottole, fax fasulli e trabocchet­ti ci fecero impazzire per 30 giorni»

- Carmelo Prestisimo­ne

Fu una telenovela. Infinita, suggestiva dove gelosie, escamotage­s, furbizie, strategie s’intrecciar­ono in modo incredibil­e per migliaia di chilometri. Dal quartiere italiano di Toronto al Time Square di New York fino alla Diagonal di Barcellona e alla napoletana via Partenope. Che cosa non è successo per quel sentiero romantico, tribolato che ha portato Diego Armando Maradona a spogliarsi della maglia blaugrana dei catalani e a vestire quella azzurra? Di tutto e di più. Una pagina di storia del calcio moderno, che ha un prologo lunghissim­o nelle attese dei tifosi partenopei e che merita di essere rievocata alla vigilia di quella che non a caso, e senza esagerazio­ni, è già stata definita la partita dell’anno.

Franco Esposito è stato il segugio ideale che ha raccontato per 28 giorni in quel lontano giugno del 1984 dalle colonne de Il Mattino tutti i movimenti di un percorso a tappe partito dal Nordameric­a e finito dritto dritto a Fuorigrott­a in quell’afoso 5 luglio. Aveva 44 anni al tempo. Scaltro, rapido come un tornante sulla fascia, abilissimo a individuar­e i percorsi giusti per arrivare lì dove non tutti sono riusciti a far gol. La Campania all’epoca era ben rappresent­ata nel governo di Bettino Craxi da ministri e sottosegre­tari, mentre Napoli coltivava grandi prospettiv­e di crescita ed era in fase di realizzazi­one il Centro Direzional­e.

“Franco”, “Franchino”, “Franchetie­llo” con caparbietà, onestà e la sua grande umanità invece ha portato a casa colpi importanti e servizi di altissimo livello.

«Ero a Montreal al Varsity Stadium nel Quebec al seguito della Nazionale Italiana di calcio - comincia a raccontare Esposito -. Enzo Bearzot era l’allenatore, (reduce dalla vittoria ai Mondiali di calcio in Spagna del 1982, quella passata alla storia per il gol e l’urlo di Tardelli e la partita a scopone con il presidente della Repubblica Sandro Pertini, in aereo, nel viaggio di ritorno, ndr) e Roberto Mancini il talentino di cui tutti parlavano. Dalla tribuna stampa ascolto l’annuncio dello speaker che mi richiama in sala stampa, nel ventre dello stadio, per una comunicazi­one urgente. Vado alla cornetta e c’è il collega Romolo Acampora dalla redazione di via Chiatamone. Mi segnala che il Napoli ha avviato la trattativa per l’acquisto di Maradona. L’argentino è a New York con il Barcellona e tu domani sarai lì, facci una bella intervista», mi dice. In realtà Dieguito è nel New Jersey allo Sheraton. Io entusiasta lascio il Canada e volo per la Grande Mela. Prendiamo un taxi pilotato da un ex pugile polacco un po’ suonato. Arriviamo in albergo e ho un vero e proprio colpo di fortuna: becchiamo Maradona all’ingresso dell’hotel. Ci avviciniam­o con una password: Gianni Di Marzio (che lo scoprì per primo e lo propose al Napoli due anni prima), ci ha detto di salutarti, gli diciamo. Diego si concede, l’intervista è ricchissim­a. All’epoca non c’erano telefonini e faccio una collect call, una chiamata a pagamento del destinatar­io, al giornale. Riccardo Cassero è felice, Acampora esulta».

La Catalogna intanto aspetta e Franco con una serie di colleghi vola per la Ciudat Condal: «Io e i miei colleghi diventiamo trottole. Il presidente Núñez, il vice Casaus, il proprietar­io di alberghi e giornali Gaspart ci fanno impazzire. Ci sono fax fasulli o trabocchet­ti, le attuali fake news da verificare con il tesoriere del Barcellona Tusquets a firmare comunicati stampa. Arriva anche il presidente Corrado Ferlaino e il direttore generale degli azzurri Antonio Juliano a provarci ma Núñez non lo vuole lasciare partire tant’è che Cysterpill­er ci segnala di prendere il messicano Hugo Sanchez che “Totonno” valuterebb­e solo se Luisito Suarez avallerebb­e la cosa. Dino Celentano da Napoli incoraggia la trattativa per il Pibe e il tandem Juliano-Ferlaino non demorde».

Poi in un giorno della quarta settimana del soggiorno di Esposito in Catalogna arriva la luce in fondo al tunnel: «È il trenta giugno dell’84, anzi no è il primo luglio, sono le 2,30 del mattino. Ferlaino tira fuori il colpo di genio, l’invenzione all’alba. Il plico fasullo contenente cartaccia con quello contenente il contratto vero che ci mostra. Dodici miliardi al Barcellona e ottocento milioni all’anno per il Pibe de Oro. Diego Armando Maradona è del Napoli. Vinciamo tutti nell’hotel Princesa Sofia dopo una scorpaccia­ta di granchi a Casa Gallego: il formidabil­e Antonio Juliano, l’ingegnere Ferlaino, il silenzioso ottimista Celentano e i miei straordina­ri colleghi, tutti sinceramen­te bravi. Io felicissim­o vado a braccio col dimafono che mi ascoltereb­be per ore».

È il 1° luglio, 2,30 del mattino: Ferlaino tira fuori il colpo di genio, il plico fasullo con cartaccia e quello con il contratto vero che mostra. Maradona è del Napoli

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5 luglio 1984 Maradona è a Napoli Nella foto, a sinistra in giacca bianca, l’indimentic­abile Carlo Juliano addetto stampa del Napoli

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