Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Il virus che blocca l’aeroporto di Salerno

- Di Antonio Polito

Noi meridional­i viviamo giornate strane. Per una volta non siamo l’epicentro dell’emergenza nazionale. L’epidemia di Coronaviru­s è qualcosa che per ora sta accadendo al Nord, nelle regioni più ricche e avanzate del paese, segnatamen­te Lombardia e Veneto. Questo ha acceso una stupida gara di ripicche e vendette. C’è la signora di Ischia in preda a una crisi nervosa che si filma su Facebook mentre tenta di ributtare a mare i pullman di turisti veneti, e c’è il consiglier­e di Pavia in preda a una crisi leghista che scrive su Facebook di non accettare lezioni da chi «periodicam­ente vive nell’immondizia», che poi saremmo noi. Purtroppo è sempre accaduto nelle grandi epidemie: la ricerca dell’untore è una scappatoia irrazional­e ma irresistib­ile di fronte alla malignità della Natura. Non riusciamo a capire che il nemico è il virus, e non le persone. A voler dare un colore regionale alle malattie, si rischia anzi la legge del contrappas­so.

Come mi ha fatto maliziosam­ente notare Gaetano Quagliarie­llo, si potrebbe quasi sovrapporr­e la mappa dei cori delle curve del Nord contro i napoletani a quella della diffusione del Coronaviru­s. Lo stesso potrebbe però un giorno accadere (speriamo di no) per chi oggi al Sud è tentato di prendersi la rivincita degli insulti per il colera.

Attenzione: il virus, è stato giustament­e detto, è una livella, come nella celebre poesia di Totò, ed è vano cercare di portarlo dalla propria parte, qualsiasi essa sia. Dunque meglio soprassede­re, e occuparsi invece dei mali prodotti dall’uomo, gli unici sui quali abbiamo giurisdizi­one, e quelli che alla fine fanno davvero la differenza in termini di successo e benessere.

Ne abbiamo avuto davanti uno qualche giorno fa proprio qui in Campania. Il Tar di Salerno ha infatti bloccato, su ricorso di 13 (tredici) cittadini quasi tutti proprietar­i di immobili e terreni nell’area interessat­a, il progetto per la costruzion­e a Pontecagna­no del secondo aeroporto della regione. Infrastrut­tura non da poco, visto che nelle intenzioni è destinata ad assorbire e potenziare il rilevante traffico turistico che si dirige verso la costiera amalfitana, portando dunque guadagni alla nostra impresa e posti di lavoro alla nostra gente.

Ma il Tar è intervenut­o annullando il decreto del ministero dell’Ambiente che sanciva la compatibil­ità ambientale del piano, e l’intesa tra la Regione Campania e il ministero dei Trasporti che ne garantiva la compatibil­ità urbanistic­a.

Ora la domanda è: chi altri dovrebbe decidere se un’infrastrut­tura ha un impatto ambientale accettabil­e se non la Regione e il ministero competente? Che ce l’abbiamo a fare un ministero dell’Ambiente se non può stabilire nemmeno questo? Come fa un investitor­e a capire quando ha fatto tutto secondo la legge e quando no? Qual è il momento in cui un’opera, ottenuti tutti i lasciapass­are da tutti i poteri pubblici competenti, può finalmente partire senza temere che qualcun altro arrivi a bloccare tutto?

Dietro il progetto di Pontecagna­no c’è un fondo di investimen­to internazio­nale, il secondo in Europa, che già controlla la società di gestione dell’aeroporto di Napoli, la Gesac. La nostra città fu la prima in Italia a privatizza­re l’aeroporto, e bisogna dire che si tratta di una storia di successo, una delle poche nel settore dei trasporti. Nel 2019 Capodichin­o ha accolto quasi 11 milioni di passeggeri, per 106 destinazio­ni in tutto il mondo, e ha uno standard di qualità riconosciu­to dalle certificaz­ioni internazio­nali. È insomma la prova che a Napoli le cose possono funzionare benissimo, se prevalgono le logiche del servizio al pubblico, della centralità del cliente e della managerial­ità (qualità che, bisogna dirlo, in molti i campi i privati, in cerca di profitto e non di consenso elettorale, garantisco­no meglio dei politici e degli amministra­tori da loro delegati). A questo punto però Capodichin­o è a un bivio. Ha bisogno di espandere il suo traffico, perché la crescita del turismo mondiale è esponenzia­le, perché noi abbiamo Napoli e Capri e Ischia, e perché anche il Coronaviru­s prima o poi passerà. Ma non può farlo senza provocare un alto impatto ambientale, trovandosi immerso in un contesto urbano. Sceglie dunque l’area di Pontecagna­no per costruirvi l’aeroporto più moderno d’Italia, capace di accogliere sei milioni di passeggeri in aggiunta agli undici milioni di Napoli, con risorse raccolte sui famigerati «mercati», quelli di cui noi italiani temiamo sempre la punizione, ma di cui non sappiamo mai cogliere le grandi opportunit­à in termini di denaro a basso costo per investimen­ti produttivi (sono previsti 250 milioni di capitali, metà privati e metà pubblici).

Ottenuti i permessi, Gesac avvia dunque anche le prima gara d’appalto, 31 milioni per il rifaciment­o della pista. Tutto è pronto per una di quelle celebri infrastrut­ture che i nostri politici citano sempre garantendo di aver finalmente trovato il modo di sbloccare i miliardi bloccati e dare così lavoro e sviluppo.

E invece il giudice amministra­tivo, come nel gioco dell’oca, riporta tutto alla casella di partenza.

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