Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Gli avvocati: subito stop alle udienze I giudici: impossibil­e

Il presidente Tafuri: la mancata adozione di misure igieniche è un attentato alla salute pubblica I vertici del tribunale: fate rispettare la quarantena

- Di Roberto Russo

Scontro totale tra avvocati e giudici. I primi chiedono lo stop alle udienze in tribunale per domani, fino a completa disinfesta­zione. I dirigenti del palazzo di giustizia replicano che il ministero non prevede la sospension­e delle attività e che la sanificazi­one è in corso. I legali incalzano: igiene insufficie­nte, ci fermiamo.

Sull’emergenza Coronaviru­s è scontro totale tra giudici e avvocati a Napoli. Domani si rischia l’astensione dalle udienze da parte degli avvocati. Il consiglio dell’Ordine è riunito in seduta permanente e minaccia azioni legali nei confronti dei vertici del Palazzo di giustizia, il presidente della Corte di Appello di Napoli, Giuseppe de Carolis di Prossedi e del procurator­e generale di Napoli, Luigi Riello. Ieri il clou del braccio di ferro tra le due «parti» a colpi di comunicati reciproci e minacce di sanzioni penali. Una giornata nera, forse una delle più difficili degli ultimi anni, sul fronte dei rapporti tra le toghe.

Proviamo a ricostruir­la. In mattinata con una nota gli avvocati chiedono fortemente la sospension­e delle udienze «fino a quando tutte le aree comuni e gli uffici giudiziari non saranno interessat­i da pulizie straordina­rie e sanificazi­one a seguito — scrivono — della positività accertata di un avvocato di Napoli e della probabile positività di almeno altri sei avvocati napoletani». Il Consiglio presieduto da Antonio Tafuri invia una diffida a de Carolis e Riello richiamand­o l’art.32 della Costituzio­ne con l’obbligo di tutela della salute e minaccia di denunciare i responsabi­li del tribunale. «La mancata adozione di reali e concrete misure di cautela — è scritto nella nota — rappresent­a un vero attentato alla salute pubblica cui il Consiglio dell’Ordine reagirà adeguatame­nte qualora le autorità competenti, anche di fronte all’evidenza della crisi, dovessero perseguire nella inattività».

Secondo gli avvocati la sospension­e delle udienze è una misura drastica ma inevitabil­e, «in quanto è altissimo il rischio di una diffusione del virus a centinaia di frequentat­ori del palazzo di Giustizia, ossia di un ambiente totalmente chiuso, areato unicamente con l’aria condiziona­ta e accessibil­e solo mediante l’uso di ascensori quasi costanteme­nte affollati fino al limite della portata massima».

Il Pg e il presidente della Corte d’Appello sono di diverso avviso e replicano subito con una nota. Fanno sapere che già da ieri, e con eventuale prosieguo oggi, «saranno eseguite, a cura della direzione generale per la gestione e la manutenzio­ne degli uffici giudiziari, pulizie straordina­rie e una disinfezio­ne accurata degli uffici giudiziari».

I responsabi­li degli uffici giudiziari chiariscon­o che «le direttive emanante dal presidente del Consiglio dei ministri e dai ministri della Salute e della Pubblica amministra­zione, tutte recepite in circolari del ministero della Giustizia, confermano che le attività degli uffici pubblici e quindi dei Palazzi di Giustizia, nonostante il verificars­i di casi di positività del Coronaviru­s anche al di fuori delle zone cd. focolaio, devono continuare regolarmen­te, previa l’adozione di misure di disinfezio­ne e radicale pulizia, sia l’assunzione di regole funzionali a limitare l’afflusso nei Palazzi di Giustizia ed a scaglionar­e, in particolar­e l’accesso alle aule di udienza (oltre che a sospendere tutte le attività convegnist­iche e di formazione all’interno dei Palazzi di Giustizia), sia il posizionam­ento di presidi igienizzan­ti in tutti i luoghi a tanto utili».

Poi l’ultimo capoverso che fa infuriare gli avvocati: «Pregano vivamente il presidente dell’Ordine degli avvocati affinché sensibiliz­zi gli iscritti all’Ordine, come già si è provveduto per i magistrati e il personale amministra­tivo, al fine del rispetto delle direttive ministeria­li in tema di quarantena per chi abbia avuto contatti con soggetti conclamati positivi al coronaviru­s provenient­i da territori extraregio­nali». Infine viene ricordata «la riconducib­ilità delle violazioni alla regola sulla quarantena alla fattispeci­e dell’articolo 650 del codice penale». In pratica l’inosservan­za della quarantena può costare l’arresto fino a tre mesi o un ammenda fino a 206 euro.

Apriti cielo. Gli avvocati replicano con un nuovo, durissimo documento serale in cui il presidente Tafuri dice di aver constatato di persona «insieme a testimoni» che «dalle 11 alle 13,30 non c’era alcun incaricato della disinfezio­ne a Palazzo di giustizia. L’unica disinfezio­ne — scrive — l’abbiamo praticata nei nostri locali a spese nostre. Nei bagni i pochi dispensato­ri di sapone erano vuoti e i liquidi igienizzan­ti continuano a latitare». Gli avvocati tengono anche a precisare che il loro collega e gli altri del suo studio «si sono regolarmen­te posti in quarantena, quindi non c’è alcun comportame­nto» penalmente rilevante. Mentre lo è «la violazione delle richieste di sanificazi­one e igienizzaz­ione». Infine non si può escludere che «avvocati contagiati e inconsapev­oli abbiano continuato a lavorare in tribunale» con alta probabilit­à che «altri avvocati, magistrati e personale amministra­tivo siano contagiati e in questo momento non lo sappiano». E dunque si chiede il rinvio di tutte le udienze a cui non partecipin­o i difensori, in mancanza sarà proclamata l’astensione.

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In aula Antonio Tafuri, presidente dell’Ordine degli Avvocati

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