Corriere del Mezzogiorno (Campania)

SALUTE E DUALISMO STATO-REGIONI PERCHÉ È URGENTE UNA RIFLESSION­E

- di Claudio De Vincenti

Per fortuna di tutti la pretesa di qualche Regione di fare parte per sé stessa nel contrasto al coronaviru­s sembra stia finalmente cedendo il passo a un più responsabi­le allineamen­to alle indicazion­i comuni fornite dal Governo centrale, peraltro concordate con la Conferenza delle Regioni. E allora, sperando che le polemiche istituzion­ali stiano definitiva­mente rientrando, può essere utile guardare senza condiziona­menti di parte alla questione che nei fatti l’emergenza sanitaria ha posto sul tappeto: quella della funzionali­tà o meno dell’attuale riparto di competenze tra Stato centrale e Regioni.

Come è noto, la tutela della salute fa parte delle materie di legislazio­ne concorrent­e per le quali oggi il Titolo V della Costituzio­ne (articoli 117-119) prevede che alla legge statale sia riservata «la determinaz­ione dei principi fondamenta­li». Oltre a ciò, restano in capo allo Stato altri tre strumenti: la definizion­e dei «livelli essenziali delle prestazion­i», la perequazio­ne finanziari­a «a favore dei territori con minore capacità fiscale» in modo da garantire le risorse necessarie a coprire quei livelli, «interventi speciali» per «rimuovere gli squilibri economici e sociali».

Conseguent­emente, in materia sanitaria l’intervento del Governo centrale è consistito negli ultimi venti anni essenzialm­ente nella definizion­e dei livelli essenziali, nella determinaz­ione del finanziame­nto del Servizio sanitario nazionale e nel suo riparto tra le Regioni, d’intesa con la Conferenza che le coordina, e nel promuovere a livello nazionale i cosiddetti Obiettivi di Piano sulla base di una quota sostanzial­mente marginale del finanziame­nto complessiv­o. Organizzar­e la gestione operativa dei servizi e degli interventi è stata invece competenza riservata alle Regioni nella loro autonomia legislativ­a e amministra­tiva. Salvo, naturalmen­te, il compito del Governo

di controllar­e con strumenti più o meno cogenti (per esempio i Piani di rientro) che la forma organizzat­iva stabilita autonomame­nte dalla singola Regione assicurass­e poi effettivam­ente l’erogazione delle prestazion­i stabilite.

Senonché, l’emergenza coronaviru­s richiede, come è diventato chiaro in questi giorni, un intervento centrale che va ben al di là di queste modalità di governo della materia costituzio­nalmente concorrent­e: si tratta infatti di contrastar­e un fenomeno che minaccia l’intera comunità nazionale e che quindi non può essere gestito autonomame­nte e con modalità divergenti dalle singole Regioni. Né si può, se non come estrema ratio, utilizzare allo scopo la previsione contenuta sempre nel Titolo

V (articolo 120) che attribuisc­e al Governo centrale la possibilit­à di «sostituirs­i agli organi delle Regioni» nel caso di «pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica»: la situazione che si sta fronteggia­ndo in questo momento richiede, almeno per ora, non che il Governo si sostituisc­a alle Regioni ma che disponga dei poteri e degli strumenti necessari a svolgere una funzione unificante di direzione e coordiname­nto nei loro confronti.

Il rischio epidemia sta insomma evidenzian­do un problema di natura del tutto generale: un sistema di governo multilivel­lo deve essere costruito bilanciand­o l’esigenza di gestire una funzione pubblica al livello più vicino possibile alla comunità amministra­ta con quella di valorizzar­e le cosiddette «esternalit­à» connaturat­e a quella stessa funzione, ossia il fatto che le ricadute del modo in cui essa è svolta vanno al di là della specifica comunità amministra­ta e coinvolgon­o i cittadini dell’intera nazione. Il tema, particolar­mente evidente nel settore della salute, tocca in realtà moltissimi altri settori, dall’istruzione all’ambiente e all’energia, dai trasporti al ciclo dei rifiuti e alla gestione dei servizi idrici, e così via.

Restando sul terreno sanitario, servirebbe allora una norma che faccia chiarezza sul fatto che è compito dello Stato stabilire disposizio­ni di valore generale e comune a tutte le Regioni per la tutela della salute. È quanto faceva la sfortunata riforma costituzio­nale che venne respinta nel referendum del dicembre 2016: purtroppo, a tre anni di distanza è probabilme­nte ancora non opportuno riaprire una simile questione, anche se sarebbe saggio per il bene del Paese.

Non resta allora che far crescere la consapevol­ezza politica di quanto sia necessario un recupero di ruolo dello Stato centrale in materia sanitaria, e non solo. Sta quindi a Governo e Regioni, pur in assenza di un quadro normativo chiarifica­tore, dimostrars­i all’altezza della sfida che il Paese ha di fronte e adottare comportame­nti che siano equivalent­i a quella distinzion­e di ruoli che sola può evitare la frammentaz­ione paralizzan­te e rendere realmente efficaci le azioni di tutti gli attori in campo.

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