Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Macri, interpretazione alta dell’Aglianico taurasino
«Macri». Ma sta per Marcella e Cri per Cristina. All’inizio dello scorso decennio le due sorelle Russo, in tutt’altre faccende affaccendate a Roma, si trovarono ad ereditare dal padre Ermanno, prematuramente scomparso, un’azienda vitivinicola in quel di Taurasi. Sette, otto ettari in uno dei siti più vocati della denominazione, cioè la Carazita che se fossimo in Borgogna sarebbe un Grand Cru. Dietro quella cantina una storia affascinante. La storia del riscatto di un uomo, il fondatore, partito dal suo paesino, Sant’Angelo all’Esca, per studiare ingegneria. Prima ufficiale sommergibilista, poi manager fino all’assunzione della rappresentanza degli industriali di Latina. Andato in pensione, Russo pensò di tornare alla terra coltivata dai suoi avi, per creare qualcosa che restasse. Ne ebbe appena il tempo. E così toccò soprattutto a Marcella il compito di inventarsi un nuovo lavoro da affiancare alla professione di avvocato che esercitava ed esercita tuttora nella Capitale. L’azienda ha nei rossi, tutti prodotti esclusivamente con uve proprie, il punto di forza. Questo «Macrì» è in teoria meno importante del Taurasi Spalatrone e tanto diverso dal Carazita igt. In realtà, rappresenta un’espressione molto alta ed elegante dell’Aglianico di questo felicissimo angolo d’Irpinia. In commercio ancora il vino del 2015, che ha avuto tutto il tempo di riposare ed acquisire accenti preziosi durante la permanenza in bottiglia. Il colore è ancora rubino con riflessi porporini. Pur non essendo un vino muscolare dimostra buona consistenza. Ricco e fine al naso. Si colgono la prugna secca, l’amarena, lo sciroppo di tamarindo, spezie fini, incenso, tabacco, humus. In bocca è agile e piacevole, morbido quanto basta e sufficientemente acido e tannico per lasciar sperare in un’interessante evoluzione. Molto persistente. Da abbinare alle carni rosse alla brace, o (servito alla temperatura di 14 gradi) alle zuppe di pesce di scoglio.