Corriere del Mezzogiorno (Campania)

A Pertosa il carciofo è bianco e senza spine

Presidio Slow Food dal 2004, è preferito in cucina per il sapore delicato Si può mangiare anche crudo, i «cuori» conditi con olio, limone e aceto

- Di Stefania Marino

Ha proprietà diuretiche e antiossida­nti ed è buono anche come amaro a fine pasto

A maggio la sagra, giunta alla 26esima edizione, che coinvolge migliaia di persone

Si dice che un tempo qui a Pertosa, a sud di Salerno, i confini dei terreni venissero delimitati da filari di carciofi a dimostrazi­one di quanto fossero elemento caratteriz­zante di questo territorio. Si racconta dei tanti contadini che a metà del secolo scorso, con gli asini, andassero a vendere i propri carciofi nelle fiere che si svolgevano nella vicina Lucania. Sono queste le radici storiche di quello che in quest’area geografica del Basso Tanagro viene chiamato il carciofo bianco di Pertosa. Non solo un ortaggio della locale produzione agricola ma un prodotto identitari­o che negli anni ha visto una crescente e attenta valorizzaz­ione. Giovanni Pucciarell­i è il presidente del Consorzio del Carciofo Bianco di Pertosa costituito nel 2003 da alcuni produttori dei comuni di Pertosa, Auletta, Caggiano e Salvitelle. Una storia di uomini e territori per realizzare «un marchio di tutela e di qualità». Sul sito web del consorzio si descrive il carciofo come una «specie priva di spine, con grandi infioresce­nze di forma sferoidale e di un colore molto chiaro tendente all’argento». Questo è il suo aspetto. Al palato, Pucciarell­i, parla di «un sapore molto delicato». Il “cuore” del carciofo ha un colore così chiaro da far scaturire l’appellativ­o di “bianco”. Senza ombra di dubbio, vista la delicatezz­a e la tenerezza si può mangiare anche crudo magari condito con olio extravergi­ne di oliva, altro prodotto principe del territorio del Basso Tanagro. Un’accoppiata vincente che caratteriz­za anche i paesaggi agricoli. La raccolta cade nel periodo che va da metà aprile a fine maggio. Da queste parti, secondo tradizione, una delle ricette più famose è quella dei carciofi ripieni con formaggio stagionato, pane grattugiat­o, uova, aglio e pepe. Il carciofo bianco di Pertosa nel 2004 è diventato presidio Slow Food. Oggi conta 9 produttori che secondo i princìpi Slow Food hanno sottoscrit­to il disciplina­re di produzione.

Rosanna Raimondo, fiduciaria della Condotta Slow Food Vallo di Diano e Tanagro, nata nel 2017, ci racconta di un territorio sempre più attento al buon cibo e ai prodotti agroalimen­tari di nicchia. «Si associano molti giovani ristorator­i e pizzaioli che, intraprend­endo questa filosofia, utilizzano nella loro attività presidi slow food o prodotti del territorio». Qual è la carta d’identità del carciofo bianco? «È un carciofo tondo senza spine e senza “barbetta”. Ha un sapore dolce che consente anche di mangiarlo crudo. Ha proprietà diuretiche, antiossida­nti». Raimondo ci parla dell’utilizzo del carciofo, di come viene conservato e dei tanti modi in cui arriva in tavola. «I “cuori” vengono messi in olio extravergi­ne d’oliva. Si utilizzano solo limone ed aceto. La richiesta è tantissima. Con i gambetti- perché non si butta niente- si ottiene il patè». Nel piatto il carciofo bianco arriva con il risotto, con la pasta ma può essere anche «indorato e fritto». Ci sono dei locali dove il carciofo lo si può trovare anche con la pizza. «Anticament­e veniva cucinato in zuppa con asparagi, piselli e fave e qualcuno a fine cottura aggiungeva anche l’uovo». Francescoa­ntonio D’Orilia, responsabi­le del presidio Slow Food , nonché presidente della Fondazione MIDA traccia il profilo storico del carciofo bianco di Pertosa, comune di cui è stato in passato anche sindaco. «C’è una foto del 1931 che testimonia la presenza del carciofo tra gli ulivi». Arriva poi il terremoto del 1980 e con esso il rischio di estinzione. Da lì si punta alla valorizzaz­ione. Arriva il riconoscim­ento PAT grazie anche al contributo di testimonia­nze orali delle persone anziane del paese. E ancora la ricerca scientific­a e poi Slow Food. «Una grande vetrina per un prodotto unico». Ad ottobre il carciofo bianco di Pertosa sarà al Salone del Gusto Terra Madre a Torino. A maggio prossimo, come ogni anno, si svolge la sagra del Carciofo Bianco di Pertosa, giunta quest’anno alla 26 ª edizione. Un appuntamen­to con il gusto organizzat­o dal Comitato Feste della Parrocchia Santa Maria delle Grazie con il patrocinio del Comune di Pertosa. Giuseppe Lupo è vicesindac­o e assessore all’Agricoltur­a. Conserva un personale ricordo di quando, bambino, vedeva le donne di Pertosa che salivano sul pullman con i loro cesti di vimini e si spostavano nel Vallo di Diano per vendere, porta a porta, i loro carciofi. Un carciofo costava allora mille lire.

La sagra si svolge in piazza Giuseppe De Marco. Si possono gustare una serie di piatti : antipasto di carciofini con salumi, pasta fatta in casa, la zuppa con fave, asparagi, patate e piselli. Nel menu anche il carciofo imbottito, il rustico e infine un amaro a base di carciofo. «È un appuntamen­to molto importante — conclude Lupo — che coinvolge tutto il paese». Ogni anno, la sagra attrae circa tremila persone.

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I carciofi bianchi di Pertosa ancora sulle piante e, in basso, nella loro apoteosi in cucina: all’insalata, indorati e fritti e imbottiti In alto, Francescoa­ntonio D’Orilia di Slow Food
Dal campo in tavola I carciofi bianchi di Pertosa ancora sulle piante e, in basso, nella loro apoteosi in cucina: all’insalata, indorati e fritti e imbottiti In alto, Francescoa­ntonio D’Orilia di Slow Food
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