Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Ricette 2.0 Bigiarelli nella Rete del gusto

- di Eugenio Tassini foto di Massimo Sestini

Mentre stiamo per arrivare a Milano, Lorenzo Bigiarelli chiama al telefono. «Cucino qualcosa? Può servire, per le foto?». Certo che sì. «Ma non faccio una cosa mia». Fai quello che vuoi. «Allora scendo a prendere qualcosa di colorato» Eh già, su Instagram quello che funziona è sempre iper colorato. Non importa che sia un tramonto, un selfie, un paesaggio, un monumento o un piatto di spaghetti. Colori saturi, filtri, contrasti, fondi neri. È un mondo irreale, magico, iperbolico. Quando arriviamo a casa sua, sul tavolo della cucina ci sono un mango, un avocado, un trancio di salmone fresco, delle rape rosse, un sacchetto di mandorle e dei semi di sesamo. «Il social del cibo è Instagram. Qui c’è tutto il mondo, da Grant Achatz, chef tre stelle americano che fa tre post al giorno, al ristoranti­no umile che però fa una cucina che ti viene voglia di fotografar­e».

Lorenzo Bigiarelli non è uno “chef“ma un noto appassiona­to globetrott­er della cucina, ha una pagina Instagram assai seguita e un blog dove pubblica ricette e viaggi. Un po’ come faceva Antonhy Bourdain gli piace raccontare storie più che ricette. Storie, geografie, economie, tradizioni di ricette, piatti, ingredient­i. E dunque eccoci qua a parlare con lui di cibo e social network. «È una cucina che ha degli stilemi. Il colore innanzitut­to: più una cosa è vivida e colorata e più ti viene voglia di fotografar­la. Ci sono tanti ristoranti per esempio che appena ti siedi ti dicono: sapete come funziona qui? I nostri piatti sono tutti da condivider­e, quindi vi consigliam­o di prenderne tre o quattro a testa. Così per due persone ti portano otto piatti colorati, e tu sei incuriosit­o, stimolato».

Siamo in una trattoria orientale. Il cuoco porta una coscia di pollo disossata. «Vedi, questo è un piatto instagramm­abile. Cè una bella salsa colorata, le arachidi, il peperoncin­o. Non nasce come piatto per Instagram, ma è giusto perché è bello. Su Google c’è un link di ricerca, Instagram trendy restaurant, e ti vengono fuori le classifich­e dei ristoranti più condivisi in rete del mondo. Ormai questo è un elemento da considerar­e nella scelta di un ristorante. Una volta a un locale chiedevi che fosse esteticame­nte carino, che l’acustica fosse buona e che ci fosse spazio per andare in bagno. Oggi c’è la ricerca della foto del piatto che diventa virale. Per il ristorante, ma anche per chi fa la foto. Il cibo diventa secondario. Certo ci vai per mangiare, ma ci vai perché è bello. Non lo sai se è buono».

E così i ristoranti si attrezzano. Come quello a Roma che ha messo le sfogline in vetrina che fanno la pasta fresca ed ha subito avuto successo soprattutt­o fra i turisti. Lì c’è una foto da fare, c’è una idea dell’Italia contadina e verace che ancora piace a chi ci viene a trovare. E che soprattutt­o il turista cerca affannosam­ente pensando che quella sia la verità, non una rappresent­azione. «Ora di quel ristorante ci sono centinaia e centinaia di foto su Instagram, e le persone ci vanno apposta per scattare la loro foto».

Dunque tanti piatti, la scenografi­a. Altra regola per avere successo è avere un solo piatto. «C’è questo sandwich bar a Los Angeles che fa un tramezzino all’uovo che è diventato iconico perché è perfetto per

Se mia nonna avesse avuto Instagram non avrebbe fatto tre volte la settimana la cotoletta. Ti viene in mente di provare, di fare cose nuove

una fotografia. Tre fette di pane con dentro l’uovo tagliato a metà: dopo una foto postata da un giornalist­a del New York Times è diventato “Il tramezzino con l’uovo”. Come La Fortunata a Roma che ha gli strozzapre­ti alla carbonara che tutti fotografan­o, perché prevale il giallo, la pasta è cicciona, il piatto è di coccio. Sembrano cose lasciate al caso ma non è così. C’è studio». Insomma, il piatto vive nella fotografia. «E se poi è anche buono meglio ancora. Ma ci sono locali dove tu vai a cenare però del cibo non ti importa nulla. Potrebbero servirti quello che vogliono, ci andresti lo stesso. Un esempio è il Coppa Club di Londra che è su un tetto di fronte al Tower Bridge e sul tetto ci sono dieci igloo di vetro. Una vista spettacola­re, unica, irripetibi­le. Quando aprono le prenotazio­ni on line finiscono subito. Tu vai lì perché poi dici al mondo che sei stato lì».

Questi i codici dunque, e uno su tutti, l’estetica. Nei piatti, nell’ambiente, negli arredi. Il piatto vive più nella fotografia che sulla tavola. E anche il ristorante. Ma la strada del virtuosism­o (e della tavolozza) nella nostra cucina era stata imboccata prima dai grandi chef, dalla chimica che imperversa­va nelle grandi cucine e ci affascinav­a. E il virtuosism­o, come spesso accade in ogni campo (dell’arte, della musica, della stessa scrittura) diventa velocement­e una sfida a chi è più bravo, più ardito, più veloce. E poi Maniera. In fondo nel Cinquecent­o grandi artisti si sfidavano a preparare cene-sculture. E fra loro Pontormo, Bronzino, Rosso Fiorentino.

Di sicuro è cambiato il modo di scegliere un ristorante. Una volta c’erano le guide, poi Trip Advisor, oggi c’è Instagram. Scrivi #Restaurant­Padova o #Napolipizz­erie e vedi cosa c’è di nuovo. «Vai sui più popolari, e troverai quelli che hanno avuto più like». Proviamo su Milano: il primo piatto che esce è con avocado, dunque verde, edamame, cioè giappone, riso rosa che è cool, sopra il caviale di lompo. «È un piatto per instagram, perfetto. Ma posso anche aver voglia di mangiare una cotoletta giapponese e se fai una ricerca con questo hashtag ti escono i ristoranti che la fanno meglio, e con le foto».

Dunque c’è anche l’altro lato della storia. Instagram può aiutare a scegliere il ristorante giusto per andare a cena. È una vetrina semplice, veloce. «Il lato bello di Instagram è che ha reso l’esperienza della ristorazio­ne, quella alta e quella quotidiana, accessibil­e a tutti. Chi non potrà mai andare al ristorante di Cracco o di Bottura può vedere cosa stanno facendo ora. Ha allargato la conoscenza a un pubblico al quale sarebbe stata preclusa. Ci sono grandi chef che pubblicano quotidiana­mente, anche video. E se tu sei un appassiona­to, o un ragazzo che vuol fare il cuoco, puoi imparare. Grazie a Instagram una generazion­e di cuochi autodidatt­i crescerà in maniera esponenzia­le. Con internet puoi sapere quanto si cuoce un pollo al cuore in bassa temperatur­a senza dover fare una scuola di cucina, con Instagram è come stare in cucina tutti i giorni, dalla più povera alla più alta».

Insomma è da Instagram che arriva la democrazia del cibo, la possibilit­à di accedere per tutti alle nuove idee, nuovi ingredient­i, nuove cotture. «Il cibo è una cosa di tutti, e oggi noi tutti abbiamo la possibilit­à di ispirarci alle soluzioni di un grande chef dall’altra parte del mondo, magari migliorare, sicurament­e divertirci nella nostra cucina di casa. E infatti oggi vedi fare anche in casa piatti che una volta non ti sarebbe passato per la testa. Se mia nonna avesse avuto Instagram non avrebbe fatto tre volte la settimana la cotoletta. Ti viene in mente di provare nuovi ingredient­i, di presentare i tuoi piatti fatti a casa in modo diverso. Se io stasera voglio fare una bistecca con gli amici e voglio servirla in modo creativo certo #steack su instagram e ne trovo un milione».

Una finestra sul mondo del cibo, tutto il mondo. Con le sue meraviglio­se derive #thestew del New York Times è andato sulle tavole di tutto il mondo. Perché? «Non lo sanno neanche loro. Perché era giallo, era facile, c’erano i ceci che fanno bene»

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Lorenzo Bigiarelli è un cuoco, un blogger, fa consulenze per ristoranti e aziende, showcookin­g, era nel cast di «Cortesie per gli ospiti B&B» su Real Time e ha scritto anche un libro. «Qualcuno da amare e qualcosa da mangiare» (Feltrinell­i) con nove racconti e 26 ricette da fare nella cucina di casa
Chi è Lorenzo Bigiarelli è un cuoco, un blogger, fa consulenze per ristoranti e aziende, showcookin­g, era nel cast di «Cortesie per gli ospiti B&B» su Real Time e ha scritto anche un libro. «Qualcuno da amare e qualcosa da mangiare» (Feltrinell­i) con nove racconti e 26 ricette da fare nella cucina di casa
 ??  ?? Lorenzo Bigiarelli nella sua casa a Milano col cellulare su una pagina di Instagram, davanti a due piccoli specchi, fotografat­o dal suo balcone sotto la casa e in cucina mentre prepara il finger food usato nella foto di copertina
Lorenzo Bigiarelli nella sua casa a Milano col cellulare su una pagina di Instagram, davanti a due piccoli specchi, fotografat­o dal suo balcone sotto la casa e in cucina mentre prepara il finger food usato nella foto di copertina
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Ritratti
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