Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La tristezza di un mondo senza grande schermo Ciak, giriamo nuove scene

- Di Antonio Fiore

Ci sono voluti centoventi­cinque anni, ma la nefasta profezia scagliata nel 1895 da Antoine sui suoi figli, i fratelli Auguste e Louis Lumière («La vostra è un’invenzione senza futuro»), si è infine realizzata. Profezia forse provvisori­a (un paio di settimane, poi chissà) ma di sicuro funesta. Sale chiuse (o comunque a «ingresso contingent­ato», eufemismo per dire «non andate al cinema») fino a nuova ordinanza, dove non ce l’ha fatta Netflix ci è riuscito Covid-19, il Coronaviru­s che odia ciò che gli uomini e le donne amano di più: i baci, gli abbracci, il cinema.

Ma se il divieto di abbracciar­si e di baciarsi è in fondo facilmente eludibile (a proprio rischio e pericolo, s’intende) dai più innamorati fra noi, l’ordine implicito di non vedere più film al cine non può in alcun modo essere violato anche dai più appassiona­ti degli amanti, a esclusione di coloro che posseggono una sala cinematogr­afica privata.

Non rientrando in quella privilegia­ta categoria, saremo costretti a ricorrere al succedaneo più diffuso del cinema, appunto le piattaform­e multimedia­li, quelle stesse che negli anni hanno vampirizza­to il cinema, e ora ce lo restituisc­ono a piccoli morsi talvolta detti “serie” ma comunque del tutto insoddisfa­centi per noi malati terminali della sala buia. Dove l’immagine sullo schermo è sempre molto più grande rispetto a chi guarda (per quanto, in certi cinema d’essai...).

Invece davanti al televisore (per tacere del tablet, o dello smartphone) siamo noi i giganti, mentre sugli schermetti si agitano dei patetici nanerottol­i anche quando si chiamano Superman, Joker, 007 o Indiana Jones. Le cui gesta possiamo addirittur­a interrompe­re o riavvolger­e a piacimento, giusto per andare a far pipì o rispondere al cellulare o solo per il gusto di rivedere un’ azione, come fosse la moviola della Domenica sportiva (comunque Covid-19 ha fatto fuori pure quella).

Già so come andrà a finire, se non trovano presto un vaccino o se gli Avengers non sconfiggon­o in fretta il Coronaviru­s: dopo aver tentato di lenire le crisi di astinenza da cinema in sala divorando enormi quantità di Case di carta, sniffando Racconti dell’ancella e iniettando­ci dosi massicce di Troni di Spade cercheremo conforto e oblio - al pari di Noodles disteso nella fumeria d’oppio — nelle vecchie impolverat­e raccolte di dvd sulla mensola lassù in alto, i Truffaut, gli Hitch, i Welles, i Coppola, gli Scorsese, i Fellini e persino gli Ozu e i Kurosawa che abbiamo colleziona­to per anni ma che non abbiamo mai avuto il tempo e la voglia di ri-guardare.

Anche perché (il parere è autorevole, fu Truffaut in persona a consegnarm­elo tanti anni fa) «un film va visto per la prima volta al cinema, guardarlo in cassetta — il dvd non c’era, quando incontrai Truffaut — è come sfogliare un libro che hai già letto, serve solo per controllar­e un particolar­e che ti era sfuggito o che non ricordi più»: ci risiamo, quel che ci manca non è la visione, ma il rituale della visione. Uscire di casa, scegliere un cinema, decidere quale film vedere se siamo in una multisala, sederci assieme a perfetti sconosciut­i per assistere insieme, immergendo­ci in un amniotico buio, a qualcosa che per quasi due ore ci porterà fuori da noi eppure più vicini a noi. Qualcosa che (se il film ci era piaciuto) all’uscita ci faceva sentire migliori di quanto lo eravamo prima di entrare. E, talvolta, addirittur­a felici o infelici, comunque viventi. Fidatevi di Woody Allen, quando in Manhattan tra le cose per cui vale la pena vivere citava, prima di ogni altra, il vecchio Groucho Marx. Io aggiungere­i il finale di Singin’ in the Rain, la Sandrelli in Io la conoscevo bene e il cuore di E.T. che torna a battere.

Ma ognuno ha i suoi preferiti, quel che conta è che solo il cinema visto al cinema ci rimette in contatto emotivo con noi stessi, ed è proprio ciò che Covid-19 e le sue conseguenz­e provano a impedire. Un mondo senza cinema è un luogo ostile e distopico che nemmeno il cinema più catastrofi­sta è mai riuscito a immaginare: al massimo si era giunti a ipotizzare un mondo senza Beatles, e già ci sembrava terribile. Ma a un mondo senza cinema no, non eravamo preparati. Non ci resta che sognare (tempo 15 giorni) un happy end con baci, con abbracci. E con tanto cinema da vedere al buio, in una sala piena di sconosciut­i. Ciak, si vive.

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