Corriere del Mezzogiorno (Campania)

ILVA: OTTO MESI PER SCIOGLIERE I NODI VISTA LA SITUAZIONE, INTESA POSITIVA

- di Claudio De Vincenti

Ilva: l’accordo tra commissari e Arcelor Mittal (Am) chiude un contenzios­o giudiziari­o che, trascinand­osi, avrebbe bloccato qualsiasi prospettiv­a di ripresa per Taranto e bene ha fatto il Governo a sostenerne il percorso negoziale. Ora però la partita si gioca sul disegno di politica industrial­e e ambientale necessario a spostare in avanti la situazione: sta all’esecutivo saperla condurre e sta a tutti i protagonis­ti della vicenda — Am Investco, Ilva in As, sindacati, autorità locali, magistratu­ra — operare costruttiv­amente per sciogliere, non per aggrovigli­are, i nodi sul tappeto.

Sulla base dell’accordo di mercoledì scorso, da un lato Am ritira la procedura di recesso avviata a novembre e accetta di restare titolare del contratto di affitto e dei connessi obblighi di acquisto dei complessi aziendali e, dall’altro, i commissari Ilva rinunciano alla richiesta di misure cautelari.

Vengono fissate le linee di fondo di un nuovo Piano industrial­e che prevede a regime — cioè una volta completati gli investimen­ti di ambientali­zzazione — la produzione, con 10.700 dipendenti, di 8 milioni di tonnellate di acciaio all’anno.

Di cui 6 da altoforno (in particolar­e grazie al rifaciment­o di Afo5), e 2 da forno elettrico con a monte un impianto di preriduzio­ne alimentato a gas. Viene previsto poi l’ingresso nella compagine azionaria di nuovi investitor­i di carattere finanziari­o e industrial­e a fianco di Arcelor Mittal. Infine, ed è questo il punto più delicato, si riconosce ad Am il diritto di recedere dal contratto, pagando una penale di 500 milioni di euro, ove entro il 30 novembre prossimo non veda la luce questa nuova struttura societaria, stabilendo peraltro modalità esecutive dell’eventuale recesso (per esempio in materia di rapporti di lavoro e dotazioni di magazzino) che sono essenziali per garantire comunque la continuità produttiva di Ilva.

Era questo probabilme­nte il miglior accordo possibile, una volta che il quadro di regole entro il quale era stato firmato il contratto del settembre 2018 era stato messo in dubbio prima dalla riapertura della procedura di autorizzaz­ione integrata ambientale (Aia) da parte del ministero dell’Ambiente nella primavera 2019, poi dalla ingiunzion­e di spegniment­o di Afo2 da parte dell’autorità giudiziari­a e infine dalla cancellazi­one del cosiddetto scudo penale a opera del Parlamento. Queste modifiche del contesto normativo e regolatori­o non solo hanno incrinato il rapporto di fiducia tra azienda e istituzion­i ma hanno finito paradossal­mente per rafforzare la posizione negoziale di Am, rendendo inevitabil­e introdurre la clausola che le riconosce, a certe condizioni, il diritto di recesso.

Del resto, l’interesse pubblico prioritari­o a questo punto era quello di mettere fine a un contenzios­o giudiziari­o paralizzan­te che avrebbe reso impossibil­e disegnare un futuro per lo stabilimen­to di Taranto, con effetti drammatici sul tessuto produttivo e occupazion­ale dell’area. Ora ci sono otto mesi — e non sono molti — per aprire una prospettiv­a sciogliend­o i nodi sul tappeto: specificar­e il Piano industrial­e e definire una nuova Aia che siano coerenti tra di loro, promuovere la nuova compagine societaria, ricostitui­re un quadro di regole certe per l’attività di imprese impegnate nel risanament­o ambientale di situazioni compromess­e da comportame­nti passati.

Il Piano industrial­e deve soprattutt­o chiarire come si potrà assicurare a regime la competitiv­ità dell’impianto di pre-riduzione. Si tratta di lavorare in collegamen­to con la Commission­e Europea che proprio di recente, con la Comunicazi­one del 14 gennaio, ha lanciato la strategia del Green Deal, per verificare la possibilit­à — in alternativ­a o in combinazio­ne — di finanziame­nti in conto capitale per ridurre i costi dell’impianto di pre-riduzione e di sconti da praticare sul prezzo del gas in relazione al contenimen­to che esso consente nelle emissioni climaltera­nti. Soprattutt­o una soluzione struttural­e per il prezzo del gas potrebbe aprire la strada a un più diffuso uso del pre-ridotto da parte dell’insieme dell’industria siderurgic­a italiana ed europea.

A sua volta, la nuova compagine societaria, in cui Am venga affiancata da altri investitor­i sia di carattere finanziari­o che industrial­e, andrà promossa anche attraverso l’ingresso di capitale pubblico, purché in una logica di mercato: per confrontar­si con la concorrenz­a su un mercato globale come quello dell’acciaio c’è bisogno di imprendito­rialità, capacità innovative, efficienza produttiva e qualità del prodotto. Sarebbe un grave errore per il futuro di Taranto se qualcuno si illudesse del contrario.

Al Governo il compito di svolgere il ruolo di pivot di tutta l’operazione e a tutti i soggetti economici, sociali, istituzion­ali, nessuno escluso, collocare le proprie specifiche esigenze nel quadro dell’interesse generale di Taranto e del Paese.

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