Corriere del Mezzogiorno (Campania)
LA ROTTURA TRA SINDACO E AURICCHIO
Inapoletani sono stati abituati dal sindaco de Magistris al frequente «licenziamentodimissioni» di assessori o manager e a simultanei cambiamenti nelle segrete stanze di palazzo San Giacomo. Non varrebbe dunque la pena di occuparsi della rottura tra lui e Attilio Auricchio (e dell’ennesima rotazione di persone e ruoli di comando) se ciò, a prescindere dai singoli casi, non fosse il segno di un metodo di governo incomprensibile, ma comunque inappropriato, sul quale è bene riflettere. Non per fare una polemica, peraltro tardiva, ma per trarre qualche lezione per il futuro. È sorprendente che il Sindaco abbia detto di volersi d’ora in poi occupare in prima persona della macchina comunale. Verrebbe da dirgli «non è mai troppo tardi»; e invece bisogna dirgli «è ormai troppo tardi». A nove anni dall’entrata di de Magistris nella scena municipale e a solo un anno dalla definitiva uscita, appare bizzarro un intento del genere, che porta a una domanda e a una constatazione. La domanda: ma il Sindaco di che si è occupato se non si è occupato anzitutto della macchina comunale, lo strumento essenziale dell’azione di governo.
La constatazione: il Sindaco finora non si è occupato della macchina comunale.
Per la verità i napoletani l’avevano capito da tempo vivendo nelle drammatiche condizioni della città. Finora della macchina si era occupato appunto Auricchio: che però, secondo il Sindaco, adesso ha perso entusiasmo. Forse sarà dietrologia, ma sorge il sospetto che de Magistris tenti di far ricadere parte delle responsabilità della situazione napoletana su Auricchio. E tenti, nel sostituirlo, di recuperare credibilità nel suo ultimo anno di governo. Quindi, lo ringrazia e lo licenzia. Le dimissioni «per ragioni personali e familiari» di solito nascondono, dietro la formula di rito protocollare, retroscena più o meno inconfessabili.
Certamente è strano che de Magistris solo ora scopra Auricchio inadeguato, dopo averlo avuto per nove anni come Capo Gabinetto e Direttore Generale, facendone il motore della macchina comunale.
Niente di nuovo, si potrebbe dire: in fondo, nello stesso arco di tempo, egli ha colpito come birilli assessori e manager, taluni di sicura qualità professionale e di indiscusso prestigio. E invece la rottura con Auricchio ha qualcosa di clamoroso, perché il «Sindaco-ombra» — come costui veniva chiamato — non era un birillo come gli altri: accentrava, coordinava, persino trattava e decideva per il Sindaco. La rottura allora
è la prova ulteriore che de Magistris sa fare al meglio la politica dell’immagine, ma non sa amministrare. Difatti il suo progetto politico rivoluzionario ben presto ha mostrato la sua pochezza e la gestione concreta dei problemi della città si è tradotta nel fallimento che abbiamo sotto gli occhi.
Quali lezioni si possono trarre da tutto questo, ormai solo a beneficio di chi verrà dopo? 1) La prima lezione è per i politici che aspirano a candidarsi a Sindaco di Napoli. È da irresponsabili pensare di ricoprire un simile ruolo se non si è molto preparati. Beninteso non a prendere i voti, ma a gestire problemi vecchi e nuovi che fanno tremare solo a immaginarli. 2) La seconda lezione: chi porterà il peso di questo ruolo scelga assessori, manager e collaboratori con criteri non di fedeltà personale o di appartenenza politica, ma di collaudata professionalità ed esperienza, pronti a porsi al servizio della collettività per il tempo necessario. 3) La terza lezione: la burocrazia
comunale è una macchina complessa della quale non si può fare a meno. I politici devono maneggiarla con delicatezza e controllarla, ma senza invadenza, anzi rispettandone il ruolo. Su questo, com’è noto, la legge è chiara: i politici fissano gli obiettivi di governo con l’ausilio dei dirigenti e questi provvedono alla gestione con autonomia tecnica e relativa responsabilità. Se mai i politici devono essere prudenti e annunciare obiettivi e progetti solo se e quando gli appositi strumenti gestionali sono in grado di attuarli. 4) Le prime tre lezioni conducono alla quarta: il continuo cambiamento di assessori e deleghe è esiziale per il buon funzionamento dell’amministrazione. Se la scelta a monte è stata accorta e coerente, il cambio di un assessore dev’essere un fatto eccezionale. Altrimenti la macchina va in tilt: i dirigenti amministrativi, cambiando interlocutori politici, restano spaesati; i funzionari si disorientano; i lavoratori si demotivano: al punto che nessun progetto va a buon fine. 5) L’ultima lezione, non per importanza, riguarda i cittadini elettori. Prima di scegliere un Sindaco e una compagine di governo, pretendano che, oltre all’onestà personale e alla correttezza amministrativa, i candidati dimostrino anzitutto di possedere l’esperienza per affrontare in concreto i problemi, piccoli e grandi, di una città e di un’area metropolitana tra le più complicate del paese. E dimostrino perciò la capacità di pilotare una macchina burocratica non priva di insidie politiche e sindacali. In pratica, non si facciano suggestionare dalla martellante propaganda ideologica e dai suoi seducenti slogan. Che, nella società dell’immagine e della comunicazione, si moltiplicano senza ritegno dando spazio a millantatori e faccendieri che di punto in bianco si trasformano in leader politici e straordinari amministratori: ma degli interessi propri, non della collettività. Ma siamo pazzi?