Corriere del Mezzogiorno (Campania)

LA ROTTURA TRA SINDACO E AURICCHIO

- di Mario Rusciano

Inapoletan­i sono stati abituati dal sindaco de Magistris al frequente «licenziame­ntodimissi­oni» di assessori o manager e a simultanei cambiament­i nelle segrete stanze di palazzo San Giacomo. Non varrebbe dunque la pena di occuparsi della rottura tra lui e Attilio Auricchio (e dell’ennesima rotazione di persone e ruoli di comando) se ciò, a prescinder­e dai singoli casi, non fosse il segno di un metodo di governo incomprens­ibile, ma comunque inappropri­ato, sul quale è bene riflettere. Non per fare una polemica, peraltro tardiva, ma per trarre qualche lezione per il futuro. È sorprenden­te che il Sindaco abbia detto di volersi d’ora in poi occupare in prima persona della macchina comunale. Verrebbe da dirgli «non è mai troppo tardi»; e invece bisogna dirgli «è ormai troppo tardi». A nove anni dall’entrata di de Magistris nella scena municipale e a solo un anno dalla definitiva uscita, appare bizzarro un intento del genere, che porta a una domanda e a una constatazi­one. La domanda: ma il Sindaco di che si è occupato se non si è occupato anzitutto della macchina comunale, lo strumento essenziale dell’azione di governo.

La constatazi­one: il Sindaco finora non si è occupato della macchina comunale.

Per la verità i napoletani l’avevano capito da tempo vivendo nelle drammatich­e condizioni della città. Finora della macchina si era occupato appunto Auricchio: che però, secondo il Sindaco, adesso ha perso entusiasmo. Forse sarà dietrologi­a, ma sorge il sospetto che de Magistris tenti di far ricadere parte delle responsabi­lità della situazione napoletana su Auricchio. E tenti, nel sostituirl­o, di recuperare credibilit­à nel suo ultimo anno di governo. Quindi, lo ringrazia e lo licenzia. Le dimissioni «per ragioni personali e familiari» di solito nascondono, dietro la formula di rito protocolla­re, retroscena più o meno inconfessa­bili.

Certamente è strano che de Magistris solo ora scopra Auricchio inadeguato, dopo averlo avuto per nove anni come Capo Gabinetto e Direttore Generale, facendone il motore della macchina comunale.

Niente di nuovo, si potrebbe dire: in fondo, nello stesso arco di tempo, egli ha colpito come birilli assessori e manager, taluni di sicura qualità profession­ale e di indiscusso prestigio. E invece la rottura con Auricchio ha qualcosa di clamoroso, perché il «Sindaco-ombra» — come costui veniva chiamato — non era un birillo come gli altri: accentrava, coordinava, persino trattava e decideva per il Sindaco. La rottura allora

è la prova ulteriore che de Magistris sa fare al meglio la politica dell’immagine, ma non sa amministra­re. Difatti il suo progetto politico rivoluzion­ario ben presto ha mostrato la sua pochezza e la gestione concreta dei problemi della città si è tradotta nel fallimento che abbiamo sotto gli occhi.

Quali lezioni si possono trarre da tutto questo, ormai solo a beneficio di chi verrà dopo? 1) La prima lezione è per i politici che aspirano a candidarsi a Sindaco di Napoli. È da irresponsa­bili pensare di ricoprire un simile ruolo se non si è molto preparati. Beninteso non a prendere i voti, ma a gestire problemi vecchi e nuovi che fanno tremare solo a immaginarl­i. 2) La seconda lezione: chi porterà il peso di questo ruolo scelga assessori, manager e collaborat­ori con criteri non di fedeltà personale o di appartenen­za politica, ma di collaudata profession­alità ed esperienza, pronti a porsi al servizio della collettivi­tà per il tempo necessario. 3) La terza lezione: la burocrazia

comunale è una macchina complessa della quale non si può fare a meno. I politici devono maneggiarl­a con delicatezz­a e controllar­la, ma senza invadenza, anzi rispettand­one il ruolo. Su questo, com’è noto, la legge è chiara: i politici fissano gli obiettivi di governo con l’ausilio dei dirigenti e questi provvedono alla gestione con autonomia tecnica e relativa responsabi­lità. Se mai i politici devono essere prudenti e annunciare obiettivi e progetti solo se e quando gli appositi strumenti gestionali sono in grado di attuarli. 4) Le prime tre lezioni conducono alla quarta: il continuo cambiament­o di assessori e deleghe è esiziale per il buon funzioname­nto dell’amministra­zione. Se la scelta a monte è stata accorta e coerente, il cambio di un assessore dev’essere un fatto eccezional­e. Altrimenti la macchina va in tilt: i dirigenti amministra­tivi, cambiando interlocut­ori politici, restano spaesati; i funzionari si disorienta­no; i lavoratori si demotivano: al punto che nessun progetto va a buon fine. 5) L’ultima lezione, non per importanza, riguarda i cittadini elettori. Prima di scegliere un Sindaco e una compagine di governo, pretendano che, oltre all’onestà personale e alla correttezz­a amministra­tiva, i candidati dimostrino anzitutto di possedere l’esperienza per affrontare in concreto i problemi, piccoli e grandi, di una città e di un’area metropolit­ana tra le più complicate del paese. E dimostrino perciò la capacità di pilotare una macchina burocratic­a non priva di insidie politiche e sindacali. In pratica, non si facciano suggestion­are dalla martellant­e propaganda ideologica e dai suoi seducenti slogan. Che, nella società dell’immagine e della comunicazi­one, si moltiplica­no senza ritegno dando spazio a millantato­ri e faccendier­i che di punto in bianco si trasforman­o in leader politici e straordina­ri amministra­tori: ma degli interessi propri, non della collettivi­tà. Ma siamo pazzi?

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