La forza per far polemica usiamola per stare a casa

Oggi parlo del principio di rivendicazione della libertà. In questi giorni che, giocoforza, sto passando attaccato al computer, e quindi anche attaccato ai social, sto leggendo molte opinioni – giuste o sbagliate, non importa – di tante persone.

Una su tutte sta rapendo la mia attenzione: quella di chi, anche a gran voce, protesta per le limitazioni alla propria libertà. Lo stato di polizia, l’alienazione dei sentimenti, meglio l’estinzione che farci togliere il diritto a essere noi stessi in quanto umani.

Per carità, intendiamoci: io per natura tendo a rispettare le posizioni di tutti, ascoltandole e mai aggredendole, o peggio inibendole, perché diverse dalle mie.

E allora a furia di leggere e ascoltare mi sono fatto una domanda. Stiamo parlando di un virus, ve ne siete accorti? Non stiamo parlando di un colpo di Stato, di un rovesciamento militare con un golpe, o di una riforma che introduce coprifuoco e libertà vigilata per chi viola qualche norma. Stiamo parlando di un sacrificio, non di una imposizione coatta. Stiamo parlano della nostra salvezza, della nostra salute, non delle nostre libertà. Io sto con De Luca, per esempio, nella sua crociata, anche verbale, emozionale, contro chi si ostina a non seguire ciò che il Governo, e le regioni, hanno chiesto.

Senza arrivare ai casi limite; i battesimi, le feste di laurea e le passeggiate sulla scogliera, sono con De Luca perché c’è poco da scherzare, poco da dibattere. C’è poco da obiettare quando si parla non solo della propria vita, ma della vita degli altri (specie quella dei più deboli). E non contano le proprie opinioni in merito al concetto di libertà e di razza umana. Conta collaborare per non essere complici di una sola vita umana spezzata anzitempo. Fosse anche una, una in faccia a tutti i nostri diritti momentaneamente messi in pausa. E sottolineo: momentaneamente. Quanta energia abbiamo per fare polemica, vero? Ne basterebbe la metà per resistere in casa qualche settimana in più.