Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Timori per quel che succede ad Ariano Topolino senza mascherina è speranza»
Blasco Pisapia, di origini irpine, è uno dei più noti disegnatori della pattuglia Disney: Mickey Mouse resterà sempre un’oasi di tranquillità
NAPOLI Continua a disegnare chiuso in casa, a Milano. Blasco Pisapia, 52 anni, originario di Ariano Irpino, laurea in Architettura nel cassetto, da una ventina di anni vive nel capoluogo lombardo. Dalla sua matita sono nate alcune delle più belle storie di Topolino. Il suo pensiero va naturalmente al centro irpino attualmente off limits.
«Ad Ariano — confida — torno in estate, ad agosto, spesso anche a Natale. Ho tanti parenti e amici lì. Abbiamo anche una chat di famiglia tramite la quale comunichiamo in tempo reale. Finora nulla di grave per fortuna. Ma resta la preoccupazione per tutta la comunità arianese. Sinceramente pensavo che nei piccoli centri il contagio potesse essere contenuto, invece proprio ad Ariano è dilagato con particolare virulenza. È morto anche il parroco, alcune suore contagiate. Mi sembra incredibile». Come se la passa?
«Sono, con mia moglie Irene, alla seconda settimana di clausura. Si esce solo per comprare lo stretto indispensabile. Ho acquistato sul web le ultime due risme disponibili della carta che utilizzo. Quando le avrò finite inizierò a disegnare le tavole sul rovescio».
A proposito di disegno, spesso nelle storie Disney, specialmente negli ultimi anni, non sono mancati riferimenti all’attualità. Anche Topolino indosserà la mascherina?
«È vero, nei nostri fumetti c’è sempre una grande attenzione all’attualità. Proprio oggi (ieri, ndr) ho sentito la redazione, presidiata da due colleghi. La consegna è di filtrare il mondo reale attraverso una lettura che lo renda
Sono, con mia moglie Irene, alla seconda settimana di clausura Ho comprato sul web le ultime due risme di carta disponibili
accessibile a tutti. Non ci si schiera in modo preciso, e non credo che ci saranno riferimenti espliciti a questa crisi».
Topolino resterà insomma un’oasi di tranquillità nell’angoscia di questi giorni?
«Anni fa si andò sull’attualità in modo diverso. Dopo la strage nella redazione di Charlie Hebdo fu messa a punto una copertina con tutti i personaggi Disney che sollevavano una matita in segno di solidarietà. Fu pubblicata in anteprima sul numero precedente quello dell’uscita. Poi si decise di non utilizzarla. Quando si realizzano fumetti, intervenire efficacemente in tempo reale, senza che ci sia una riflessione, è difficile. Anche per motivi pratici». Cosa intende?
«Una storia ha bisogno di mesi per essere realizzata e pubblicata. Io per esempio sto lavorando a un fumetto di Natale. E siamo solo a marzo».
Sperando che a Natale questa emergenza sia definitivamente alle spalle.
«Sì, ci sono riferimenti allo stare insieme e alla vicinanza che oggi ci sono negati. Non si rappresenta la malattia, Si enfatizzano le relazioni. Non escludo, però, che altri autori diano un contributo un po’ più esplicito». Cosa la preoccupa di più? «Se questa epidemia dovesse spingersi in aree del mondo dove le strutture per la cura non esistono, penso all’Africa e a certi stati del Sud America, la catastrofe sarebbe di dimensioni incalcolabili».
Anche il Sud Italia è debole. «Certo le strutture sono meno pronte, non per colpa dei medici, è chiaro. Si spera che il ritardo nella diffusione del virus aiuti il Sud ad affrontare meglio il picco».
Da uomo del Sud che vive al Nord pensa che la crisi acuirà la distanza tra le due Italie?
«No, mi sembra che l’Italia stia rispondendo con un spirito unitario, con un senso di appartenenza condiviso. Alla fine c’è un lato buono in tutto».