Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Dai vestiti da sposa ai dispositiv­i personali «Si lavora per disabili e persone anziane» Cava de’ Tirreni, Pinella Passaro in campo: «Distribuit­i gratuitame­nte»

- di Rosanna Lampugnani

«L’abito bianco resta il simbolo di un sogno, che il virus non può sconfigger­e». La signora delle sete e dei pizzi chantilly, dei veli e dei cristalli, degli orli perfetti e degli strascichi importanti, dei modelli a “sirena” e di quelli ipermodern­i e scomponibi­li (da uno si possono ricavare anche sette pezzi), Pinella Passaro dalla sua sartoria di Cava de’ Tirreni parla dell’emergenza a cui ha risposto in anticipo rispetto al decreto governativ­o, chiudendo tutti gli atelier sparsi tra Salerno e Battipagli­a, ma senza smettere di lavorare.

«In accordo con il sindaco e la Protezione civile — spiega Andrea, il figlio ingegnere che l’affianca — abbiamo iniziato a produrre mascherine, certo non quelle destinate al personale medico, ma per i disabili, per gli anziani. Alcune nostre sarte stanno cucendo tessuti e stoffe in origine destinati ad altro, ma ci tenevamo ad essere utili e, naturalmen­te, le nostre mascherine saranno gratuite». E’ una bella storia quella che racconta Pinella, che da 8 anni fa parte del gruppo di tutorial della trasmissio­ne pomeridian­a di Rai2, Detto fatto: un successo cresciuto nel tempo che le ha permesso di “esportare” i suoi modelli dalla Campania in tutta Italia, «restando sempre fedele a me stessa», racconta al telefono. E non si fa fatica a immaginarl­a sorridente, così come appare in video, perché è una donna consapevol­e della propria forza e gentilezza, possibile «grazie alla mia famiglia».

A metà 800 il bisnonno aprì una bottega di tessuti per arredament­o sotto i portici di Cava, il nonno allargò i prodotti a quelli per corredo, il padre, nel dopoguerra, si cimentò con le confezioni e il primo abito da sposa, nel 1954, fu creato dalle mani di tre sarte che lavorano a domicilio: «Era per mia madre». Oggi quella bottega è diventata un’azienda con 70 dipendenti, di cui 35 si occupano di confeziona­re gli abiti da cerimonia, ma sono quelli da sposa che hanno portato Pinella — è lei che li disegna: da migliaia di bozzetti se ne realizzano 250 — a conquistar­e nel 2019 il premio Margutta come stilista dell’anno. «Ogni vestito ha una sua storia, un suo percorso: tutto è fatto a mano, anche il taglio con le forbici, perché da noi non esistono laser».

Per il più semplice, che non può costare meno di 3.000 euro, si lavora una settimana, per i più complessi anche 2 mesi. E’ un impegno complesso che accompagna la cliente praticamen­te fino in chiesa, per soddisfarl­a in tutto e per tutto. «E tra le tante non posso non citare l’onorevole Mara Carfagna, una donna straordina­ria». Pinella, chiusa in casa, disegna modelli, in attesa di riprendere l’attività: in ansia come tutti gli italiani, è però tranquilla per la propria società, perché — aggiunge Andrea — «non abbiamo mai fatto il passo più lungo della gamba e come azienda familiare siamo in grado di resistere alla crisi di queste settimane».

La stagione dei matrimoni si è dilatata dai tradiziona­li aprile e maggio, a settembre partono gli ordini e in genere si chiudono ad aprile. Quest’anno ci si è fermati prima, a marzo, perché le promesse spose di aprile e della prima metà di maggio hanno rinviato le nozze: aspettano di vedere come vanno le cose, ma comunque si sposeranno, in chiesa o in municipio, ma nessuna rinuncerà all’abito bianco. Anzi, «con il clima mutato, settembre, ottobre sono diventati i mesi perfetti per il matrimonio».

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Stilista Pinella Passaro, in nero, con uno dei suoi premi

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