Corriere del Mezzogiorno (Campania)
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«Siamo tutti grati al grande lavoro che medici ed infermieri dei nostri ospedali stanno facendo in questo momento di emergenza. Ma anche i farmacisti sono una prima linea contro il Covid-19. Una trincea silenziosa. che opera tra tante difficoltà e che vorrebbe non essere dimenticata». Maurizio Manna è il segretario di Federfarma Campania, il sindacato di categoria. È inoltre il presidente dell’Ordine dei farmacisti di Benevento, il delegato regiomaterializzazione nale della Federazione degli Ordini dei farmacisti italiani e il numero uno in Italia di Credifarma.
Perché ritiene penalizzata la sua categoria?
«Su molti territori della nostra regione, ormai, specie nelle piccole realtà, dall’inizio della crisi è tutto affidato alle capacità dei singoli professionisti. Che spesso non sono più i medici ma i farmacisti». Di chi o di cosa è la colpa? «Non parlerei di responsabilità. Ma è un fatto: con la dedelle ricette, che qui in Campania abbiamo cominciato a fare da prima del provvedimento della Protezione civile del 19 marzo, è accaduto che si alleggerissero i medici di base di una parte cospicua del loro lavoro, come il ricevimento degli assistiti, rovesciando l’impatto fisico degli stessi sulle farmacie. Siamo praticamente finiti al fronte pur non essendo stati dotati di uno straccio di dispositivi di protezione individuale. Sia chiara una cosa, però...».
Cosa presidente?
«La mia categoria non si spaventa davanti a questo scenario ma scende in trincea ancora più motivata per svolgere il suo ruolo».
In che modo?
«In Campania abbiamo al 31 dicembre scorso 9.528 farmacisti, compresi i colleghi ospedalieri. E 1.800 farmacie sul territorio. Tutte hanno garantito i turni di servizio che c’erano, dai pomeridiani ai notturni ai festivi. Ma ora abbiamo più che un surplus di lavoro un problema in più».
Ci spieghi quale.
«La famosa dematerializzazione delle ricette crea difficoltà in particolare agli anziani, una volta i maggiori fruitori degli ambulatori dei medici di base. Categoria in grande difficoltà rispetto alle procedure telematiche. E dove vengono se non da noi? E così spesso dobbiamo trasformarci in operatori tecnologici per decifrare i loro cellulari, chiamare i medici di base per ricavare i codici dei farmaci e altro ancora. È tutto più rallentato e farraginoso».
Dov’è stato l’intoppo? Cosa andava evitato?
«Si tratta di un meccanismo e di una procedura che andavano programmati con attenzione. Dietro l’esigenza straordinaria dell’emergenza il processo ha subito una accelerazione che, per cambiamenti così impattanti sulla vita delle persone, è deleteria».
L’accusa Si tratta di una procedura che andava programmata con attenzione e tempi giusti