Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Quelle trasgressioni su due ruote
Va bene che l’Unità di crisi regionale e la dirigenza dell’Asl Na 1 stanno al fianco del governatore De Luca, che per coloro che non rispettano l’emergenza ha chiesto rimedi estremi sino all’uso del lanciafiamme, ma forse l’uno e l’altro organismo hanno preso un po’ troppo alla lettera l’ex direttore del Museo Madre e noto intellettuale Eduardo Cicelyn che ha confessato in uno scritto di fare a piacimento lunghe scorribande per le strade in sella al suo scooter, aggirando i divieti e godendosi l’aria primaverile che anacronisticamente accompagna queste angosciose giornate.
L’Ucr ha infatti segnalato alla Prefettura «per ogni possibile conseguente azione» l’articolo pubblicato su questo giornale nella rubrica “Zona franca”, con puntuale riepilogo delle conseguenze penali previste per i trasgressori e perciò applicabili al reo confesso, mentre l’Asl lo ha senza esitazioni sottoposto a «domiciliazione fiduciaria» per 14 giorni. I severi censori non si sono accorti — o non hanno voluto accorgersi — che più che una esplicita confessione lo scritto incriminato è una esercitazione letteraria piuttosto articolata per dichiarare la propria insofferenza al panopticon di De Luca, dando per familiare questo termine coniato negli ultimi anni del ‘700 dal filosofo del diritto inglese Jeremy Bentham. Esso indica un nuovo tipo di prigione, quella nella quale saremmo ora ristretti, Cicelyn prima ancora della sopraggiunta quarantena e tutti noi. Oltre che l’itinerario del tour — certamente ben scelto — l’orario d’ inizio e la frequenza giornaliera, l’autore dello scritto abbonda in razionali citazioni di sostegno: al citato Bentham si aggiungono più avanti altri due filosofi del Novecento, prima Michel Foucault e poi Carl Schmitt. Nonché il comandante americano della seconda guerra del Golfo Colin Powell, il signor Leopold Bloom, protagonista di Ulisse, il romanzo di Joyce e l’attore Humphrey Bogart. Con l’aggiunta nel poscritto di un personaggio attuale e nostrano, Alfredo Balsamo, teatrante che cura il Circuito Teatrale Campano, suo vicino di casa e compagno di burraco, gioco di carte con cui alleggeriscono il rispettivo panopticon.
In tanta abbondanza, manca però il riferimento più pertinente: quello ad Antonio Mellino, alias Agostino ’o pazzo, il centauro che negli anni ’70 in sella a una Gilera da lui stesso truccata scorrazzava per la città ad onta di divieti, sensi unici, posti di blocco e ostacoli concreti, come gradinate, parapetti e anche auto in tripla sosta, superando con spericolate acrobazie qualsiasi barriera. Il popolo di Forcella e dei Quartieri Spagnoli, della Sanità e della Vicaria lo seguiva entusiasta e l’ardore della gente finì col sopraffarlo: una notte di fine agosto del 1970 una autentica folla si era radunata tra via Roma, San Ferdinando e via Chiaia essendosi sparsa voce di una sua particolare esibizione. La moto di Agostino ’o pazzo (il soprannome derivava dalla sua vicinanza al campione di motociclismo Giacomo Agostini) non arrivò, la polizia intervenne per sgombrare gli spettatori delusi, nacquero tafferugli: 56 feriti, 59 arrestati, 232 fermati. Intorno a quella spettacolare ragazzata s’intrecciarono ragionamenti sociologici, i più concordarono nel ritenere che si era trattato della punta più evidente di un diffuso sentimento neo-revanscista tendente al recupero della libertà con una guerra dimostrativa e di rivolta verso l’autoritarismo delle regole.
Il protagonista — presto ravveduto e trasformatosi in un tranquillo piccolo-borghese con bottega di oggetti sacri e di antiquariato in vicolo dei Gerolamini — è sempre rimasto sulla spiegazione più semplicistica della ragazzata, ma quella seria sembra esattamente applicabile al caso Cicelyn. Con la differenza che quegli era un ragazzo del popolo e questi un maturo intellettuale che si riposa giocando a burraco.