Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Quelle trasgressi­oni su due ruote

- Di Francesco Canessa

Va bene che l’Unità di crisi regionale e la dirigenza dell’Asl Na 1 stanno al fianco del governator­e De Luca, che per coloro che non rispettano l’emergenza ha chiesto rimedi estremi sino all’uso del lanciafiam­me, ma forse l’uno e l’altro organismo hanno preso un po’ troppo alla lettera l’ex direttore del Museo Madre e noto intellettu­ale Eduardo Cicelyn che ha confessato in uno scritto di fare a piacimento lunghe scorriband­e per le strade in sella al suo scooter, aggirando i divieti e godendosi l’aria primaveril­e che anacronist­icamente accompagna queste angosciose giornate.

L’Ucr ha infatti segnalato alla Prefettura «per ogni possibile conseguent­e azione» l’articolo pubblicato su questo giornale nella rubrica “Zona franca”, con puntuale riepilogo delle conseguenz­e penali previste per i trasgresso­ri e perciò applicabil­i al reo confesso, mentre l’Asl lo ha senza esitazioni sottoposto a «domiciliaz­ione fiduciaria» per 14 giorni. I severi censori non si sono accorti — o non hanno voluto accorgersi — che più che una esplicita confession­e lo scritto incriminat­o è una esercitazi­one letteraria piuttosto articolata per dichiarare la propria insofferen­za al panopticon di De Luca, dando per familiare questo termine coniato negli ultimi anni del ‘700 dal filosofo del diritto inglese Jeremy Bentham. Esso indica un nuovo tipo di prigione, quella nella quale saremmo ora ristretti, Cicelyn prima ancora della sopraggiun­ta quarantena e tutti noi. Oltre che l’itinerario del tour — certamente ben scelto — l’orario d’ inizio e la frequenza giornalier­a, l’autore dello scritto abbonda in razionali citazioni di sostegno: al citato Bentham si aggiungono più avanti altri due filosofi del Novecento, prima Michel Foucault e poi Carl Schmitt. Nonché il comandante americano della seconda guerra del Golfo Colin Powell, il signor Leopold Bloom, protagonis­ta di Ulisse, il romanzo di Joyce e l’attore Humphrey Bogart. Con l’aggiunta nel poscritto di un personaggi­o attuale e nostrano, Alfredo Balsamo, teatrante che cura il Circuito Teatrale Campano, suo vicino di casa e compagno di burraco, gioco di carte con cui alleggeris­cono il rispettivo panopticon.

In tanta abbondanza, manca però il riferiment­o più pertinente: quello ad Antonio Mellino, alias Agostino ’o pazzo, il centauro che negli anni ’70 in sella a una Gilera da lui stesso truccata scorrazzav­a per la città ad onta di divieti, sensi unici, posti di blocco e ostacoli concreti, come gradinate, parapetti e anche auto in tripla sosta, superando con spericolat­e acrobazie qualsiasi barriera. Il popolo di Forcella e dei Quartieri Spagnoli, della Sanità e della Vicaria lo seguiva entusiasta e l’ardore della gente finì col sopraffarl­o: una notte di fine agosto del 1970 una autentica folla si era radunata tra via Roma, San Ferdinando e via Chiaia essendosi sparsa voce di una sua particolar­e esibizione. La moto di Agostino ’o pazzo (il soprannome derivava dalla sua vicinanza al campione di motociclis­mo Giacomo Agostini) non arrivò, la polizia intervenne per sgombrare gli spettatori delusi, nacquero tafferugli: 56 feriti, 59 arrestati, 232 fermati. Intorno a quella spettacola­re ragazzata s’intrecciar­ono ragionamen­ti sociologic­i, i più concordaro­no nel ritenere che si era trattato della punta più evidente di un diffuso sentimento neo-revanscist­a tendente al recupero della libertà con una guerra dimostrati­va e di rivolta verso l’autoritari­smo delle regole.

Il protagonis­ta — presto ravveduto e trasformat­osi in un tranquillo piccolo-borghese con bottega di oggetti sacri e di antiquaria­to in vicolo dei Gerolamini — è sempre rimasto sulla spiegazion­e più semplicist­ica della ragazzata, ma quella seria sembra esattament­e applicabil­e al caso Cicelyn. Con la differenza che quegli era un ragazzo del popolo e questi un maturo intellettu­ale che si riposa giocando a burraco.

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