Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Ecco la Napoli «fai da te» tra mascherine e pizze
Davide e Matteo ai Camaldoli hanno riconvertito il loro atelier, Marisa ha chiuso la pizzeria del marito: ora producono protezioni in tela o carta da forno
Le piccole storie diventano grandi, enormi, sotto la lente d’ingrandimento della quarantena forzata. C’è chi scalpita per ideare un nuovo flash mob, chi si annoia e chi invece si ingegna su come poter dare una mano. Molti esercenti hanno dovuto chiudere i battenti, con la paura di non poterli riaprire mai più: ma qualcuno è riuscito a convertire l’ansia da riposo forzato in energia per mettersi a disposizione della collettività.
MASCHERINE FAI DA TE
Come la signora Rosaria di piazza Mercato, che usa la pizzeria di suo marito per sfornare pasti da distribuire ai senzatetto. Non solo: la sua esperienza di sarta è diventata fondamentale per realizzare mascherine fai-da-te da offrire a chi non può permettersele e, soprattutto, a chi non riesce più a reperirne sul mercato. Finora ne ha confezionate una cinquantina in pochi giorni, di stoffa, da riempire con carta da forno per aumentarne il potere filtrante, e le ha donate al consorzio Gesco, che si occupa di gestire la Centrale Operativa Sociale del Comune di Napoli. Se cinquanta vi sembrano poche, provate a realizzarle voi con una macchina da cucire: anche se siete bravini, ci impiegherete un’intera giornata per fabbricarne al massimo un paio. Tra l’altro, dalla Centrale Operativa, nata unicamente come strumento di supporto telefonico e di gestione delle emergenze, sono partite diverse campagne grazie all’iniziativa dei suoi operatori: una di queste si occupa di raccogliere pasti e farmaci da distribuire sia ai senza dimora che alle persone impossibilitate a spostarsi di casa. Ne sono all’incirca duemila, in tutto il territorio cittadino: invalidi senza parenti, anziani che vivono da soli, ma anche clochard che passano la notte per strada e fino a pochi giorni fa potevano sperare in un pasto solo al «Binario della solidarietà», vicino alla stazione di Gianturco. Al ponte della Maddalena, poco prima della statua di San Gennaro che ferma la lava del Vesuvio, c’è ad esempio una vera e propria tendopoli: ma tanti altri trascorrono la notte all’aperto, fuori al sagrato delle chiese di via Toledo o tra le rare aiuole del centro storico.
VIDEOMAKER VAN
Uno di loro è morto pochi giorni fa nella Galleria Umberto I. Non ne si conosce il nome, come di tanti tra loro non si conosce la storia: ma c’è per fortuna Ludovico Van, nome d’arte di un giovane videomaker napoletano che sui social network approfitta della quarantena per pubblicare una serie di personalissimi «Ritratti di strada», video della durata di pochi minuti in cui scava nell’animo di tanti senzatetto, incontrati negli ultimi mesi, discutendo con loro del senso della vita, della felicità, del futuro.
STILISTI RICONVERTITI
Ma ci sono anche volti noti che si danno da fare: Matteo e Davide — coppia di stilisti dei Camaldoli uniti nella vita e nel lavoro, sotto il marchio di Never Too Much Basic — che usava pezzi di scarto per realizzare capi d’alta moda indossati da artisti del calibro di Laura Pausini o Puff Daddy, e oggi ha invece messo in piedi un atelier di mascherine, chiedendo aiuto ad altri sarti e realizzando oltre ottocento pezzi alla settimana. Una vera e propria produzione industriale — non semplice, vista la necessità di reperire tessuto tnt in quantità, da sterilizzare e trattare accuratamente — distribuita in maniera gratuita. E si potrebbero menzionare ancora tanti psicologi che offrono supporto gratuito a distanza in videochiamata, artisti che regalano i loro spettacoli allestendoli dal salotto di casa, commercianti che donano igienizzanti per le mani realizzati artigianalmente, piccoli e grandi donatori di ogni sorta… Non sia campanilista pensare con un pizzico di orgoglio ai grandi risultati che l’arte di arrangiarsi sa ottenere. E, visto che ieri era il Dantedì, è proprio il caso di dire che, quando vogliono, i napoletani «non temono l’ingegno che l’occupi».