Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Vorrei abbracciar­e il Nord Ora siamo più italiani

- di Marco Marsullo

Inutile negarlo: ci siamo insultati, tra il serio e il faceto, tante volte. Che sia stato sugli spalti d’un campo di calcio o in tribune politiche.

Oppure in discorsi qualunquis­ti da bar che tutti – nessuno escluso – abbiamo fatto almeno una volta. I terroni hanno solo camorra, mafia e munnezza. I polentoni solo nebbia e polenta. Non affanniamo­ci a negarlo, Bergamo e Napoli, alfieri di Nord e Sud, non si sono mai state tanto simpatiche.

Tanto diverse come città, come mentalità delle persone, come clima, cucina, fedi, quello che vi pare. Eppure sono sicuro che i napoletani quando hanno visto la scena dei camion militari in fila, ognuno con una bara, che portavano le salme fuori dalla città perché non c’era più spazio per ospitare i morti, i napoletani, dicevo, hanno pianto. Un po’ perché di fronte alla morte siamo tutti uguali e questo ce lo ha insegnato Totò, ma soprattutt­o perché si sentivano impotenti. In giorni come questi dove la distanza è la salvezza, io vorrei poter abbracciar­e la città di Bergamo (e come lei Brescia e tutte quelle in emergenza).

Vorrei poter abbracciar­e il Nord Italia e scusarmi se a volte sono stato superficia­le, grezzo, se ho giudicato un comportame­nto esasperand­olo, in modo esponenzia­le, su milioni di persone. Adesso voglio chiedervi scusa e fare un passo, quello decisivo, per prometterv­i che mai più da parte mia ci sarà un distacco nel non capire delle differenze di abitudini di vita. Questa epidemia ci ha spinto fuori ai balconi a cantare l’Inno di Mameli, ma deve fare molto di più: deve renderci più italiani. Deve far tendere le mani lungo tutto l’Appennino e – pur tenendoci strette le nostre identità dialettali, gastronomi­che, tradiziona­li – deve farci assomiglia­re di più. Che Bergamo diventi un quartiere di Napoli. Non solo oggi. Ma da oggi in poi, per sempre.

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