Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Vorrei abbracciare il Nord Ora siamo più italiani
Inutile negarlo: ci siamo insultati, tra il serio e il faceto, tante volte. Che sia stato sugli spalti d’un campo di calcio o in tribune politiche.
Oppure in discorsi qualunquisti da bar che tutti – nessuno escluso – abbiamo fatto almeno una volta. I terroni hanno solo camorra, mafia e munnezza. I polentoni solo nebbia e polenta. Non affanniamoci a negarlo, Bergamo e Napoli, alfieri di Nord e Sud, non si sono mai state tanto simpatiche.
Tanto diverse come città, come mentalità delle persone, come clima, cucina, fedi, quello che vi pare. Eppure sono sicuro che i napoletani quando hanno visto la scena dei camion militari in fila, ognuno con una bara, che portavano le salme fuori dalla città perché non c’era più spazio per ospitare i morti, i napoletani, dicevo, hanno pianto. Un po’ perché di fronte alla morte siamo tutti uguali e questo ce lo ha insegnato Totò, ma soprattutto perché si sentivano impotenti. In giorni come questi dove la distanza è la salvezza, io vorrei poter abbracciare la città di Bergamo (e come lei Brescia e tutte quelle in emergenza).
Vorrei poter abbracciare il Nord Italia e scusarmi se a volte sono stato superficiale, grezzo, se ho giudicato un comportamento esasperandolo, in modo esponenziale, su milioni di persone. Adesso voglio chiedervi scusa e fare un passo, quello decisivo, per promettervi che mai più da parte mia ci sarà un distacco nel non capire delle differenze di abitudini di vita. Questa epidemia ci ha spinto fuori ai balconi a cantare l’Inno di Mameli, ma deve fare molto di più: deve renderci più italiani. Deve far tendere le mani lungo tutto l’Appennino e – pur tenendoci strette le nostre identità dialettali, gastronomiche, tradizionali – deve farci assomigliare di più. Che Bergamo diventi un quartiere di Napoli. Non solo oggi. Ma da oggi in poi, per sempre.