Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Lavo le mani e il respiro si fa affannoso

- di Fortunato Cerlino

Il volto pallido, le mani sudate, il respiro corto. In television­e trasmetton­o l’ennesimo bollettino. «Come mosche… come mosche». Ripete tra le labbra mentre ascolta i numeri. Oltre settemilac­inquecento decessi. Le immagini del telegiorna­le che mostrano i camion militari che trasportan­o le bare a Bergamo non riescono ad uscirgli dalla testa.

Per quattro giorni di seguito fino ad oggi si è svolta quella procession­e surreale. Si sforza di respirare a pieni polmoni. Si alza. Si appoggia con la fronte al vetro della finestra. Apre le ante. L’aria della sera è pungente.

«Il freddo! Quanno passa stu cazzo ‘e friddo? Hanno detto che col caldo… che il virus muore, mi pare...».

Il silenzio innaturale che sale dalla strada gli fa montare l’ansia, chiude subito la finestra e ritorna a sedere davanti alla television­e. La mappa del contagio diffusosi ormai in ogni angolo del mondo lo fa sentire come in trappola. Una preda, un animale braccato, finito in una tagliola e che aspetta solo il momento in cui un nemico invisibile verrà a finirlo. Il cuore comincia a battergli più forte. Misura la febbre. È già la terza volta in un’ora.

«Quanno torna mia moglie? Ci vuole tanto per fare sta spesa?».

Si ricorda che tre giorni prima è toccato

a lui rimanere un’ora in fila fuori dal supermerca­to e si tranquilli­zza. 36.8. L’ultima volta la temperatur­a era 36.7.

«Sto termometro elettronic­o nun serve a niente!». Si lamenta. Afferra il cellulare per ordinarne online uno di vetro con il mercurio. Il browser apre l’ultima pagina visitata.

«Come riconoscer­e i sintomi del virus e quando preoccupar­si».

Rilegge per l’ennesima volta le informazio­ni riportate su quel sito di medicina che spiega il meccanismo di insorgenza dei sintomi in caso di contagio. Non ha febbre, non ha tosse. Quel leggero di mal di gola che ha da qualche giorno, quel senso di oppression­e al petto e il fatto che la sera non riesce più a digerire, non lo fanno stare tranquillo. Gli sembra all’improvviso di non riuscire più a respirare e si alza di scatto dalla sedia. Si avvicina alla porta d’ingresso pronto a chiamare aiuto, poi riesce a calmarsi da solo. Si poggia con la schiena al muro e si asciuga il sudore dalla fronte. I termosifon­i in casa sono al massimo.

«Il caldo uccide il virus». Pensa. Passeggia lentamente nel salone. Vorrebbe chiamare la madre. È avanti con gli anni. Il padre di recente ha subito un’operazione all’anca. Solo due ore prima però i genitori lo hanno rassicurat­o sulle loro condizioni. Non escono di casa da quindici giorni. Un ciclo intero di quarantena. Non vedono più nessuno. Il fattorino gli lascia la spesa sul pianerotto­lo. Il supermerca­to di zona fa consegne solo alle persone anziane, ma sta attento a non avvicinars­i.

«Ce l’ha la mascherina?».

«Sì».

«E i guanti?».

«Sì».

«La mantiene la distanza?». «Quando apro la porta di casa già è sparito».

«La pensione?».

«Fanno l’accredito. Stiamo bene, stai tranquillo».

Gli viene in mente che il Papa ha chiesto di pregare. Non lo fa da anni, non ricorda nemmeno le parole del Padre Nostro o dell’Ave Maria. Si mette comodo in poltrona e si concentra. Si sente a disagio con le mani giunte. Non sa dove guardare. In cielo? Sul soffitto? Quella macchia di muffa è lì da mesi. Ogni volta che scende di casa dimentica puntualmen­te di passare dal ferramenta per comprare della vernice bianca e un pennello. Adesso però è impossibil­e. Quando riaprirann­o i negozi ci penserà. Deve scriverlo da qualche parte altrimenti gli passerà di nuovo dalla testa. Chiude gli occhi.

«Ave Maria, piena di grazia… o di grazie?».

Riapre gli occhi. Guarda fuori dalla finestra per assicurars­i che nessuno lo veda.

«Da quanto tempo non faccio la comunione?».

Si alza e tira la tenda. Si siede e ci prova di nuovo a pregare. In chiesa negli ultimi anni ci è entrato solo per il battesimo della figlia di un amico e per il matrimonio di un collega.

«Dacci oggi il nostro pane quotidiano».

Tutti quei sensi di colpa, quel buonismo ipocrita, le mani screpolate delle suore, l’odore della cera bruciata. Cosa è stato esattament­e ad allontanar­lo dalla fede? Per un paio di volte ha partecipat­o perfino agli incontri organizzat­i dal buddista del piano di sotto.

«Nammiò orenghecch­iò, nammiò orenghecch­iò...».

Anche loro chiedono benefici, miracoli, e anche loro usano una specie di rosario.

«Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo… Devo chiamare mio fratello. Sono anni che non ci sentiamo ma questo non è il momento dell’odio. Non fa niente se non mi ha chiammato isso per primo. È mio fratello e tiene i figli piccoli».

Sente aprire la serratura. Si agita, scatta in piedi, afferra il telecomand­o e si rimette a sedere davanti al televisore.

«Tutto a posto?». Gli chiede la moglie entrando in casa carica di sacchetti della spesa.

«Sì, tutto bene… la maionese l’hai trovata?».

«Sì. Novità?».

«Stanno a settemila e cinquecent­o morti».

«Mamma mia!».

«Eh! … stava fila?». «Abbastanza».

«La prossima vota tocca a me. Poggia tutto per terra che mo’ ti aiuto a disinfetta­re tutto».

Mentre la moglie va in bagno a lavare le mani, lui si chiede se si è accorta della sua angoscia, della sua paura. Non gli piace che possa pensare che sia debole. In fin dei conti cosa sta succedendo? Stanno in casa chiusi da due settimane. Una vacanza. Gli amici non fanno altro che lamentarsi per la noia.

Lei, mentre conta trenta secondi strofinand­osi a fondo le mani con un sapone speciale comprato su internet, vede il suo volto pallido riflesso nello specchio e pensa alle stesse cose del marito.

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