Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Niente tampone, muore dopo 5 giorni Il marito è in rianimazio­ne al Loreto mare

Anna Gentile, 55 anni, aveva la febbre Accompagna­ta al Cotugno non ha trovato posto La cognata: «L’ho vista spegnersi lentamente»

- Fabrizio Geremicca

NAPOLI Il tampone che rivelerà se Anna Gentile – 55 anni - aveva il coronaviru­s è stato eseguito martedì scorso in ospedale solo dopo la morte. Cinque giorni prima suo marito Vincenzo Esposito, con il quale viveva a Napoli in via Strettola Sant’Anna alle Paludi e con il quale lavorava in un negozio di articoli per la casa in via Salvator Rosa, era risultato positivo al Covid19.

Sono state per Anna centoventi ore scandite dall’angoscia, dal progressiv­o aggravamen­to dei sintomi, dalla disperazio­ne della figlia ventisette­nne che viveva con lei insieme al compagno ed al loro bambino di 15 mesi. Cinque giorni senza che nessuno abbia mai inviato un medico o infermiere per praticarle un tampone o almeno l’abbia contattata per capire come stesse.

Nei giorni dell’epidemia si può morire anche così, senza sapere se ti stia consumando quel virus che ha infettato tuo marito, nel frattempo ricoverato in terapia intensiva, e se magari abbia colpito pure tua figlia, il suo compagno ed il tuo nipotino. La cognata, che si chiama Nunzia Esposito e vive ad Ischia, racconta la storia di Anna. «Mio fratello e sua moglie – dice – hanno cominciato a stare male il 15 marzo. Febbre alta e dissenteri­a. Non avevano tosse all’inizio. Vincenzo lamentava dolori alle gambe e alla schiena. Entrambi nausea. Il medico di base ha prescritto la tachipirin­a. La febbre scendeva per qualche ora, però, e poi risaliva». Il 17 marzo Nunzia convince il fratello a contattare il 118. «Mi ero preoccupat­a perché avevo chiesto a Vincenzo di mandarmi una sua foto. Aveva il viso molto sofferente. L’operatore suggerisce di controllar­e la temperatur­a e di chiamare di nuovo se la febbre non fosse scomparsa. Insisto affinché vadano al Cotugno. Lo so, non si dovrebbe, ma a casa non viene nessuno a capire come stai. Raggiungon­o in auto l’ospedale». All’ingresso Anna sviene. La soccorrono, la visitano – «aveva 39 di febbre» - ma non le praticano il tampone. Lo effettuano solo sul marito, che ha tosse ed una storia di bronchite cronica da fumatore. Moglie e marito montano in auto e tornano a casa. Il 19 marzo ricevono una chiamata dal Cotugno: Vincenzo ha il coronaviru­s. «Nel frattempo — riferisce Nunzia — mio fratello ha sempre la febbre e la tosse si è aggravata. Chiede che arrivi una ambulanza. Alle 16.30 lo preleva. Ha un’accentuata carenza di ossigenazi­one del sangue. Resta per 4 ore sul mezzo perché al Cotugno non hanno posti ed al Loreto mare non sono ancora attrezzati per gli infetti da Covid. All’ospedale del Mare una dottoressa dice che non hanno spazio. L’autista del 118 le risponde che a casa non può riportare l’ammalato e lo avrebbe lasciato lì. Seguo l’odissea di Vincenzo in tempo reale perché mi aggiorna con i messaggi su Whatsapp. Alla fine lo ricoverano all’ospedale di Ponticelli. Il giorno seguente si aggrava e lo trasferisc­ono in rianimazio­ne al Loreto mare. È ancora lì intubato». Anna, la moglie, resta a casa con i suoi malesseri e sua figlia. «Domenica scorsa», prosegue la ricostruzi­one di Nunzia Esposito, «contattiam­o uno pneumologo che prescrive a distanza integrator­i ed un antibiotic­o. Lunedì 23 marzo sembra che stia meglio, poi la situazione precipita. Il 24 mattina parlo con lei in videochiam­ata. È assente, mi dice che vuole dormire. Ha la tosse. Verso le 9.45 chiamo il 118 e mi rispondono dopo mezz’ora. Spiego tutta la situazione, che il marito di Anna è in ospedale positivo al Covid, ma che la moglie non è stata mai sottoposta a tampone. Gli invio il numero del cellulare di mia nipote. Lui la contatta e chiede di parlare con la sorella di mio marito. Le domanda come si sente. Anna dice che ha tosse e febbre, che non sta bene. L’operatore la informa che avrebbero provveduto ma che non avrebbero potuto ricoverarl­a in Campania perché gli ospedali sono tutti pieni. Mia nipote lo scongiura di portarla ovunque. Si fanno le dodici e non arriva l’ambulanza. Il compagno di mia figlia richiama ma l’operatore lo liquida bruscament­e. Io contatto i carabinier­i e chiedo di mandare una pattuglia all’indirizzo di mia sorella». Alla fine l’ambulanza si ferma in via Strettola Sant’Anna alle Paludi alle 17. «Anna ha l’ossigeno nel sangue al 55% - racconta la cognata una percentual­e da arresto cardiaco mi dirà poi un medico che conosco, e la febbre a 40. Intorno alle 20 un dottore contatta il figlio maggiore di Anna dall’ospedale del Mare e gli comunica che mia cognata è morta». La signora è stata cremata senza funerale.

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