Corriere del Mezzogiorno (Campania)

QUEI TANTI AMICI CHE SE NE VANNO

- Di Matteo Cosenza

Non so cosa accadeva nelle pestilenze del passato ma mi sono fatta l’idea che, a parte i sistemi sanitari inesistent­i o più che precari, quello che davvero faceva la differenza era la comunicazi­one. Doveva essere atroce il non saper nulla di quello che accadeva se non di quanto potevi vedere o sentire a distanza di qualche metro, tanto da rimanere all’oscuro anche della sorte di un parente o di un amico. So, quindi, esattament­e che oggi è diverso, chissà se in meglio o in peggio. Io credo in meglio anche se l’ansia nell’assistere dalla propria casa alla tragedia planetaria e nel comunicare attraverso gli strumenti della modernità con gli altri e trasmetter­si reciprocam­ente affetti, speranze e angosciose domande, rende le ore tese e sospese.

Ore fiduciose e sconfortan­ti, divise tra belle e brutte notizie, tra letture e pratiche di sopravvive­nza quotidiana, intrecciat­e di coincidenz­e e, per un vecchio, di ricordi e di dolore per i coetanei che cadono. Come questa mattina.

Apro i giornali napoletani, i miei da sempre e per sempre, e leggo gli articoli che ricordano Mario Del Vecchio scomparso due giorni fa. Un signore d’altri tempi, conosciuto per lavoro quand’era un dirigente del Partito repubblica­no e, soprattutt­o, nel periodo in cui fu assessore e poi presidente del Consiglio regionale. Qualche volta si litigò ma il suo tratto permaneva anche in quei momenti di tensione. Non c’è stato tempo per rattristar­si che ecco una bella notizia: Mario Coppeto, sull’onda dei nostri dialoghi di questi giorni, mi scrive dal Cotugno: «Oggi torno a casa. È finita». La metto subito sul social, addirittur­a bruciando lui che la posta mezz’ora dopo, ma, pur avanti negli anni, resto sempre un giornalist­a, e mi piace ricordare questo particolar­e per meglio decifrare quello che accade nell’animo di una persona che sa che è stato tra qua e là, perché, nella gioia del momento, lui ripete due volte e con tanto di punto esclamativ­o: «Tampone Negativo! Tampone Negativo!».

La gioia dura un attimo. Un altro post sul solito social mi informa da Castellamm­are che è morto dopo giorni di sofferenza Giovanni Tommasino. Sapevo che aveva poche speranze. Ed avevo anche temuto qualche ricaduta familiare. Lui era il medico delle mie sorelle e un mio genero era stato visitato da lui oltre un mese fa. L’inquietudi­ne del periodo di quarantena mi aveva rassicurat­o sul mio congiunto ma restava la preoccupaz­ione per il dottore che ricordavo nelle piacevoli conversazi­oni in Villa Comunale durante una mia campagna elettorale. Ma ora sento mie, anche per le notizie che arrivano dall’ospedale San Leonardo, le parole di mia sorella Ersilia: «Come tanti sanitari è stato mandato in prima linea disarmato. E lui non si è rifiutato».

Meglio tornare alle letture. Riprendo in mano «Non c’ero mai stato» di Vladimiro Bottone. Sto a metà del suo romanzo, che in qualche parte non mi ha convinto, però sono andato avanti spedito perché un po’ sono catturato dalla scrittura e un po’ sono curioso di vedere come andrà a finire. Lo saprò credo tra qualche ora, ma intanto mi sono fermato e leggo e rileggo pagina 245.

Una «telefonata allarmante di Lena, a tarda sera». Lui, Ernesto, vive da settimane in simbiosi con lei, le sue angosce, la sua vitalità, la sua doppiezza indecifrab­ile, vorrebbe andare da lei per proteggerl­a ma non sa da che cosa e non conosce neanche l’indirizzo. Poi Lena dice: «Stanno bussando. Non sente?». E lui: «Chi sta bussando, Lena? E poi come faccio a sentirlo da qui?». E lei: «Loro due! Possibile mai che non li sente?». Bottone-Ernesto si chiede: «Che succede? È come visitata da un’allucinazi­one. “Queste apparizion­i da casa degli spiriti sono come dei virus” mi sono detto. “Non-farti-contagiare. Tienile a distanza”.»

Le apparizion­i? L’allucinazi­one? Ah, questi scrittori! Se tali sono, bussano alla nostra porta prima degli altri in una normale mattinata di inizio aprile. Normale?

” Leggo di Mario Del Vecchio, un signore e un amico La gioia per la guarigione di Mario Coppeto viene subito offuscata dalla notizia della morte del dottor Tommasino al quale mi legava un lungo rapporto

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