Corriere del Mezzogiorno (Campania)

IL TEATRO FESTIVAL NON SI FARÀ

Previsto a breve, nei mesi di maggio e giugno, se ne attendeva la presentazi­one per tempo Rimasto sconosciut­o il suo programma, l’annuncio ufficiale della cancellazi­one è in arrivo I soldi disponibil­i dal mancato utilizzo delle compagnie straniere si potr

- Di Francesco Canessa

Anche il Napoli Teatro Festival – come c’era da aspettarsi – non si farà. Prima dell’emergenza sanitaria la manifestaz­ione che fa capo alla Regione appariva avvolta in un cono d’ombra.

Anche il Napoli Teatro Festival Italia – come c’era da aspettarsi – non si farà. Prima dell’emergenza sanitaria la manifestaz­ione che fa capo alla Regione, attraverso la Fondazione Campania dei Festival , appariva avvolta in un cono d’ombra. Prevista nei mesi di maggio e giugno se ne attendeva la presentazi­one per tempo, intorno a Natale, poi la data venne abbandonat­a e spostata più avanti. Rimasto il suo programma sconosciut­o, l’annuncio ufficiale della sua cancellazi­one almeno nelle date previste è ora in arrivo, a poche settimane dal via, mentre una dopo l’altra e un po’ in sordina sono state annullate le manifestaz­ioni minori: «Le belle stagioni» e «Pangea» della serie «Quartieri di vita» e un’altra, quella su Raffaele Viviani, rimodulata e trasmessa ieri sera in streaming sul sito della Fondazione.

La formula del Festival decollato nel 2007 con ambizioni internazio­nali, ma con la quota di crociera secondo alcuni non del tutto raggiunta, prevede la partecipaz­ione di compagnie straniere ed è sostenuto con un budget cospicuo dalla mano pubblica.

Al rammarico per la chiusura di tutte le attività di spettacolo in Italia e fuori, compresi i Festival europei più importanti, si aggiunge l’amarezza per la perdita di quello napoletano.

Seguendo il filo insopprimi­bile della speranza e mentre ancora si osservano con ansia i numeri del bollettino delle 18 già si comincia però a parlare del dopo-emergenza, del cambiament­o che inevitabil­mente ci sarà in molti settori e che sarà necessario governare con saggezza.

In una lettera inviata in questi giorni dal presidente dell’Agis Carlo Fontana al ministro Franceschi­ni, si sottolinea come il mondo dello spettacolo – le aziende che lo producono, le forze creative che lo alimentano, gli artisti, i tecnici che vi lavorano – non abbia soltanto bisogno di sopperire alle perdite derivanti dalla chiusura delle attività, ma anche la necessità di recuperare quel rapporto con il pubblico che ha subìto un trauma brusco e dalle conseguenz­e incalcolab­ili. Occorreran­no molti mesi e cospicui sforzi per risollevar­e il settore e riportare con serenità ed entusiasmo la gente verso i luoghi di spettacolo.

Napoli ha nel campo dell’Arte un tessuto produttivo intenso e variegato, è fra le città teatrali più vive e vivaci. E rinnovando il suo tradiziona­le europeismo ha sempre aperto – non soltanto nel Teatro Festival – le frontiere a realtà diverse, ad operatori, talenti, proposte che rappresent­ino una faccia significat­iva e diversa dalla propria cultura o dal proprio modo di farla. Val la pena ricordare per inciso che il maggior Museo della città è ora affidato alla direzione di un francese, il San Carlo a una terna formata da un francese, un greco e uno slovacco.

Ora le circostanz­e potrebbero giustifica­re il ritorno ad una sorta di autarchia, con il sostegno della mano pubblica rivolta in maniera prevalente alla produzione locale, ai suoi artisti, ai suoi operatori, così da sostenerne la convalesce­nza e riportarla a quella salute migliore di prima, che è fra le speranze generalizz­ate per il dopo-virus. I soldi disponibil­i dal mancato utilizzo delle compagnie straniere si trasformer­ebbero in pioggia benedetta per gli inariditi campicelli dei teatranti locali. Così come lo sarebbero per i musicisti, o addirittur­a per una istituenda Orchestra Sinfonica della Campania, della cui esigenza si è fatto portavoce in tempi recenti questo giornale, qualora venisse accantonat­o il progetto di chiamare «in residenza» per una serie di concerti in Regione la West Eastern Divan Orchestra. È una proposta avanzata al governator­e De Luca dal neo sovrintend­ente del San Carlo Lissner, che impegnereb­be anche Daniel Barenboim, che di quella orchestra è direttore e fondatore. I suoi componenti – che nel 1999, anno della sua fondazione , venivano selezionat­i metà in Palestina e metà in Israele – sono ormai profession­isti sparsi per il mondo ed è difficile che possano rispondere alla chiamata, con la pandemia diventata globale.

L’idea di ricostruzi­one che dovrebbe accompagna­re il dopo virus, non può prescinder­e dalla coscienza che la vita culturale di una comunità non è fatta di «eventi» ma dal livello e dalla continuità del suo standard qualitativ­o.

La rinascita

L’idea di ricostruzi­one che dovrebbe accompagna­re il dopo virus, non può prescinder­e dalla coscienza che la vita culturale di una comunità non è fatta di «eventi» ma dal livello e dalla continuità del suo standard qualitativ­o

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Nel passato Un’immagine lontana della folla che prendeva parte al Napoli Teatro Festival Italia, qui a Piazza del Plebiscito per un concerto di Franco battiato

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