Corriere del Mezzogiorno (Campania)
«Costretti a spacciare volumi di nascosto» Ventuno librai scrivono a Franceschini
Le librerie indipendenti cercano sistemi alternativi per raggiungere i clienti fin nelle loro abitazioni «Lo Stato ci aiuti, offriamo un servizio importante»
NAPOLI L’emergenza per le librerie indipendenti della Campania è una fitta al cuore. Perché non sono state considerate come «attività essenziali» per la comunità dai decreti del premier Conte. E perché hanno visto sfumare i benefici delle tanto attese «Disposizioni per la promozione e il sostegno della lettura», che avrebbero dovuto portare una boccata d’aria per tutti.
Così è stata scritta una lettera firmata da ventuno librerie indipendenti della regione (ma già in settimana se ne aggiungeranno altre) che ha come destinatario il ministro della Cultura Dario Franceschini.
È un grido di dolore che reca un numero in calce: 47 milioni. Questo il dato stimato delle perdite nel solo mese di marzo per le librerie in tutta Italia per la chiusura necessaria a contenere la diffusione del coronavirus. Il rischio di assembramenti nelle librerie era ritenuto troppo alto e per questo si è deciso per la serrata. Ma come spiegano libraie e librai si sarebbe potuto procedere anche ad aperture volontarie, nel rispetto delle regole del distanziamento sociale, perché nel decreto non è specificato espressamente che le librerie dovevano restare chiuse: «Perché come i giornalisti anche noi divulghiamo informazioni e cultura». «Vogliamo precisare che la chiusura non è dipesa da un mero obbligo di legge. Ben si sarebbe potuto discutere sul carattere necessario della nostra attività. Se si fossero voluti cercare dei varchi possibilistici, questi non sarebbero stati privi di valide argomentazioni giuridiche. Non lo abbiamo fatto - scrivono i librai - perché ci sono i valori attorno ai quali una comunità si stringe perché univocamente condivisi. Come cittadine e cittadini, prima ancora che come libraie e librai, abbiamo sentito e creduto giusto fermarci perché nulla era ed è più importante della tutela della salute pubblica».
Così in molti hanno eliminato eventi in libreria ben prima che questo fosse consigliato o imposto, alcuni hanno poi rinunciato all’idea di consegnare a domicilio. Ma le cifre delle perdite non lasciano alcuno spazio all’ottimismo. L’analisi sull’impatto che l’emergenza ha ed avrà sul settore nel 2020 riporta numeri raggelanti: 47 milioni di mancati incassi nel solo primo mese, secondo il presidente Paolo Ambrosini dell’associazione librai indipendenti, 18.600 i titoli pubblicati in meno, 39,3 milioni le copie non stampate per l’associazione italiana Editori. «Auspichiamo che si intervenga presto, magari con una norma ad hoc ed in linea con i propositi della legge recente», dicono. E chi può distribuisce e regala cultura con ogni mezzo alternativo al negozio.
Nadia e Diego della libreria Libridine di Portici sono stati in grado di convincere lettori e appassionati a girare video con fiabe e letture da inviare a una lunga lista di contatti telefonici e ora anche le fiabe in Lis (la lingua dei segni) a cura di Cinzia Pizzardi, per non lasciare nessuno indietro.
Raimondo di Dante & Descartes di Napoli si dice stupito perché dopo 40 anni esce per fare consegne come un contrabbandiere, quasi di nascosto. I titolari della libreria Cicciapelliccia di Baronissi cercano ogni giorno di proporre video letture, teatrino delle ombre, spettacoli con le marionette per intrattenere i bambini «ma soprattutto per continuare a farci conoscere dato che avevamo aperto da poco».
L’Acrobata di Mugnano di Napoli ha adattato le rubriche al periodo con video lettura ed audio lettura divisi per giorni, dedicati ai piccoli e ai loro genitori. La libreria Che Storia ogni giorno da 20 giorni pubblica video letture per la buonanotte e consigli di lettura e qualche attività semplice per impegnare i bambini e le bambine. «Oggi più che mai chiediamo che ci si faccia comunità e, finito quest’inferno, ci si schieri a favore ed in difesa della cultura ed i suoi presidi di vigilanza attiva sui territori, e che si percepisca come profondamente ingiusto ed intollerabile che anche solo uno di questi sia costretto a chiudere», concludono.
Dante&Descartes «Dopo 40 anni di lavoro si esce a fare consegne quasi come dei contrabbandieri»