Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Avallone: «La menestella per continuare a resistere»

Dal patron della Stanza del Gusto un piatto per la Pasqua IO RESTO A CASA A CUCINARE

- a cura di Gimmo Cuomo @gimmocuomo

Mario Avallone, chef e intellettu­ale vero dell’enogastron­omia, come sta vivendo l’emergenza?

«Con un po’ di paura. Ho avvertito lo stress. Non paura di morire, ma di non farcela a sopportare tutto questo. Sono fortemente ancorato al presente».

Come si è attrezzato per la spesa?

«Cinque giorni fa ho fatto l’inventario delle preparazio­ni sottovuoto che avevo al ristorante. Qualcosa ho recuperato, qualcosa ho regalato. Ma ho buttato anche molta roba. Poi ho iniziato a fare la spesa al supermerca­to. E da giorni ho avviato su Instagram e Facebook la cucina della resistenza».

Di che si tratta?

«Scrivo una sorta di ricettario, di indicazion­i su come resistere attraverso la cucina, che è quello che so fare. Ed è quello che mi aiuta e mi salva, con tutte le difficoltà che ci sono a casa, senza attrezzatu­re profession­ali. Per capirci il pane raffermo l’ho utilizzato per la mozzarella in carrozza, per gli gnocchi, per preparare la mollica conciata usata per condire la pasta».

Quali sono gli ingredient­i che le mancano di più?

«A me manca più di tutto l’interscamb­io con i clienti, il il rapporto quotidiano con i fornitori, col pescivendo­lo di fiducia, col mio fruttivend­olo».

Quale piatto per lei esprime pienamente il significat­o della Pasqua?

«Senza alcun dubbio la minestra maritata. La minestra però va sempre preparata per tante persone. Ora in casa siamo in tre quindi ho immaginato per i lettori del Corriere del

Mezzogiorn­o una versione minimale, più adatta al consumo di una famiglia normale».

Questa sarà una Pasqua all’insegna dei fai da te in casa. Quale consiglio generale si sente di dare alle famiglie in clausura?

«Utilizzate i legumi freschi di stagione (fave, piselli) e poi i carciofi violetti, gli asparagini. È Pasqua, è primavera. In casa impegnate nella cucina anche i nonni e i bambini. Potete poi attivare anche la cucina del riciclo. Con gambi e foglie si possono realizzare brodi».

Sta ripensando il suo locale per il dopo-crisi?

«Certo. Inutile fare il disinvolto, la ripresa sarà difficile: il mio locale dipende per almeno il 65 dai clienti di b&b, case vacanze, hotel. Poi lavora grazie ai musei, i teatri, i cinema. Se non si riattiverà questo circuito io non riparto. Lo spazio per distanziar­e i tavoli ce l’ho. Ma mica i clienti verranno con la mascherina. Se riusciremo ad aprire per l’estate proporrò una cucina di campagna in città. Non dico che metterò una brace in strada, ma qualcosa dal vivo farò. Da creativo della vita devo per forza reinventar­mi in qualche modo. Altrimenti dovrei solo andare a cucinare in un ospedale o in una mensa».

Alcune importanti guide gastronomi­che hanno già annunciato che per forza di cose sarà impossibil­e pubblicare l’edizione 2021. Cosa cambierà?

«Evviva Dio. Le persone non dovranno consultare una guida per sapere con che piede scendere dal letto. Dovranno rischiare in proprio».

Che piatto vuole, dunque, proporre ai lettori?

«Non ho voluto, per i motivi che ho detto, proporre la minestra maritata classica, ma una menestella con i ditalini e la ricotta. Un piatto economico, non tanto dal punto di vista del costo: l’economia è una regola mentale adatta a questo tempo».

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