Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Campania, 4 su 10 non hanno un pc a casa
Gli studenti: da soli non si cresce, fateci tornare in aula. Calise: lo streaming non funziona, «Federica» sì
Gli studenti universitari, ai tempi del Coronavirus, sono finiti al centro di una ricerca intitolata #iostoacasa condotta da Caterina Arcidiacono docente di Psicologia del dipartimento di Studi Umanistici della Federico II. Che evidenzia una voglia di tornare nella propria comunità — la virtualità non basta —, racconta paure e senso di vulnerabilità di una generazione che si sente in guerra. La ricerca ha raggiunto online 297 studenti del corso di laurea in Scienze e Tecniche Psicologiche nella settimana dal 24 Marzo al 1 aprile che hanno risposto a sei domande relative al confronto con le proprie emozioni, alla didattica da remoto, alle proprie angosce. La ricerca coinvolge anche altre città italiane e altri atenei, ma è Napoli la capofila di un progetto elaborato da Arcidiacono; da Ciro Esposito, che è dottorando di Gender Mind 0and Language a Barcellona; da Barbara Augeli, fuori sede in Puglia e dalla borsista argentina a Napoli, Florencia Gonzalez Leone.
Gli studenti hanno scelto, più di ogni altra, l’immagine delle bare prelevate di notte dal cimitero di Bergamo per raccontare l’angoscia di queste ore. La metafora più spesso usata è quella della guerra. Dall’insieme delle interviste napoletane emerge una preoccupazione prevalentemente orientata verso la propria famiglia piuttosto che verso la collettività, spesso unita alla rabbia per chi trasgredisce alle regole collettive.
Interessanti le riflessioni in merito alla percezione dello spazio e del tempo: emerge un senso di estraneità nello stare in casa connesso talvolta alla difficoltà di concentrazione nello svolgimento dei compiti prefissati; ma anche estraneità nell’uscire in assenza di contatto. Il senso di smarrimento emerge nell’essere in casa e nell’uscire. Emblematico è il disagio nella spesa che ha portato ad acquisti sbagliati: carta igienica invece di rotolone, prezzi mal
L’iniziativa
I ragazzi del corso di Psicologia della Federico II della prof Caterina Arcidiacono
valutati, pacchi dimenticati.
Tra gli aspetti positivi viene segnalata la scoperta delle proprie risorse personali su cui poter fare affidamento nel contrastare e governare la paura e dare sicurezza ai familiari. In particolare viene evidenziato che i giovani sono quelli che all’inizio hanno mostrato la maggior incredulità rispetto alla pericolosità del virus, approfittando della chiusura di scuole e università per incontrarsi in baretti e locali.
A livello relazione emerge il bisogno di contatto fisico e di interazione e la libertà di poter decidere della propria vita viene riconosciuta quale valore fondante la cui importanza è stata considerata grazie alla esperienza della reclusione.
La tecnologia viene considerata un bene comune, anche se non tutti hanno le stesse potenzialità di accesso e competenze nell’uso, e viene apprezzato lo sforzo dell’istituzione universitaria e la disponibilità e l’impegno profuso dai docenti. Piace poter evitare le fatiche (trasporti, perdite di sonno, investimento di tempo, intemperie) del commuting e la possibilità di gestire la timidezza attraverso la comunicazione online.
Ma viene lamentata la mancanza di un setting efficace. Mancano le relazioni nel gruppo di pari, nel rapporto con il docente e nella gestione dei riti quotidiani: chiacchiera, caffè, incontri e condivisioni. Insomma la condivisione face to face resta un punto sostanziale della comunità di apprendimento e della relazione docente-discente.