Corriere del Mezzogiorno (Campania)

La pandemia e il rapporto tra uomini e animali

- Di Giuseppe Borzacchie­llo

I contagi da Sars-Cov-2 continuano ad aumentare in tutto il mondo e anche in Campania — stando alle statistich­e che leggiamo ogni giorno — si registrano nuovi casi.

Un minuscolo microrgani­smo che viveva nei pipistrell­i e nel pangolino (un piccolo mammifero usato a scopo alimentare e medicament­oso) della lontanissi­ma Cina arriva anche all’ombra del Vesuvio modificand­o profondame­nte le nostre abitudini, sconvolgen­do le nostre esistenze.

I coronaviru­s sono virus molto noti soprattutt­o in medicina veterinari­a per causare affezioni in varie specie di animali domestici (polli, maiali, gatti etc.). Ma Sars-Cov-2 è un «nuovo» virus, che si è adattato all’uomo causando una nuova zoonosi. Quando emergono nuove malattie i ricercator­i fanno fatica a prevedere da subito l’andamento, il picco, la contagiosi­tà, vie di trasmissio­ne, caratteris­tiche cliniche etc. Pertanto, le risposte si forniscono in corso d’opera man mano che il quadro si fa più chiaro. Da questo punto di vista però, le misure più restrittiv­e messe in atto in Campania da subito appaiono logiche e coerenti rispetto ad una malattia ad elevata contagiosi­tà e a trasmissio­ne respirator­ia. E questo era noto dall’inizio.

Non è la prima volta che sperimenti­amo fenomeni di questo tipo: ricordiamo tutti la Sars e poi la Mers, due malattie respirator­ie molto gravi causate anche queste da coronaviru­s provenient­i dallo zibetto e dai dromedari rispettiva­mente. Per non parlare dei virus influenzal­i che periodicam­ente passano dagli uccelli all’uomo provocando influenze difficili da controllar­e.

Qual è il denominato­re comune di tutte queste malattie così gravi? Sono causate da virus animali che saltano la

barriera di specie infettando l’uomo; originano in aree del pianeta caratteriz­zate da un’urbanizzaz­ione molto spinta che, mutando gli ecosistemi, favorisce la promiscuit­à tra uomo ed animali selvatici. La vera cifra distintiva è la velocità di propagazio­ne che trasforma, in pochissimo tempo, un’infezione originata in un mercato di un villaggio della più remota provincia cinese in una minaccia globale. Non possiamo escludere che in futuro possa emergere da quelle zone remote del pianeta un’altra zoonosi altrettant­o grave. È possibile prevenire fenomeni così complessi?

La risposta è affermativ­a solo se si contempla l’integrazio­ne dei saperi della medicina umana, veterinari­a e delle scienze ambientali riconoscen­do la stretta interdipen­denza della nostra salute da quella degli animali e dell’ambiente (One Health). Un paradigma scientific­o, riconosciu­to dai più importanti organismi internazio­nali, che promuove una prospettiv­a collaborat­iva e transdisci­plinare. In quest’ottica urge rafforzare i sistemi di sorveglian­za delle malattie infettive

animali e umane estinguend­o da subito focolai inusuali. Modificare costumi e tradizioni locali che favoriscon­o la forte promiscuit­à tra animali e uomo e migliorare l’igiene degli alimenti. Parallelam­ente i paesi più avanzati devono supportare in maniera più adeguata la ricerca di base e applicata nelle discipline «One Health». Anche perché deve essere chiaro che la battaglia si vince solo grazie alla ricerca e alla tecnologia. E, da questo punto di vista, anche la Campania può giocare un ruolo importante grazie ad una rete di eccellenze nel campo della medicina umana e veterinari­a.

Questa pandemia insegna che il benessere e la salute riguarda noi tutti abitanti umani e non-umani del villaggio globale perché per un altro virus, magari più letale, che salta la specie in un villaggio remoto si potrebbero contare centinaia di morti anche qui a Napoli.

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