Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La pandemia e il rapporto tra uomini e animali
I contagi da Sars-Cov-2 continuano ad aumentare in tutto il mondo e anche in Campania — stando alle statistiche che leggiamo ogni giorno — si registrano nuovi casi.
Un minuscolo microrganismo che viveva nei pipistrelli e nel pangolino (un piccolo mammifero usato a scopo alimentare e medicamentoso) della lontanissima Cina arriva anche all’ombra del Vesuvio modificando profondamente le nostre abitudini, sconvolgendo le nostre esistenze.
I coronavirus sono virus molto noti soprattutto in medicina veterinaria per causare affezioni in varie specie di animali domestici (polli, maiali, gatti etc.). Ma Sars-Cov-2 è un «nuovo» virus, che si è adattato all’uomo causando una nuova zoonosi. Quando emergono nuove malattie i ricercatori fanno fatica a prevedere da subito l’andamento, il picco, la contagiosità, vie di trasmissione, caratteristiche cliniche etc. Pertanto, le risposte si forniscono in corso d’opera man mano che il quadro si fa più chiaro. Da questo punto di vista però, le misure più restrittive messe in atto in Campania da subito appaiono logiche e coerenti rispetto ad una malattia ad elevata contagiosità e a trasmissione respiratoria. E questo era noto dall’inizio.
Non è la prima volta che sperimentiamo fenomeni di questo tipo: ricordiamo tutti la Sars e poi la Mers, due malattie respiratorie molto gravi causate anche queste da coronavirus provenienti dallo zibetto e dai dromedari rispettivamente. Per non parlare dei virus influenzali che periodicamente passano dagli uccelli all’uomo provocando influenze difficili da controllare.
Qual è il denominatore comune di tutte queste malattie così gravi? Sono causate da virus animali che saltano la
barriera di specie infettando l’uomo; originano in aree del pianeta caratterizzate da un’urbanizzazione molto spinta che, mutando gli ecosistemi, favorisce la promiscuità tra uomo ed animali selvatici. La vera cifra distintiva è la velocità di propagazione che trasforma, in pochissimo tempo, un’infezione originata in un mercato di un villaggio della più remota provincia cinese in una minaccia globale. Non possiamo escludere che in futuro possa emergere da quelle zone remote del pianeta un’altra zoonosi altrettanto grave. È possibile prevenire fenomeni così complessi?
La risposta è affermativa solo se si contempla l’integrazione dei saperi della medicina umana, veterinaria e delle scienze ambientali riconoscendo la stretta interdipendenza della nostra salute da quella degli animali e dell’ambiente (One Health). Un paradigma scientifico, riconosciuto dai più importanti organismi internazionali, che promuove una prospettiva collaborativa e transdisciplinare. In quest’ottica urge rafforzare i sistemi di sorveglianza delle malattie infettive
animali e umane estinguendo da subito focolai inusuali. Modificare costumi e tradizioni locali che favoriscono la forte promiscuità tra animali e uomo e migliorare l’igiene degli alimenti. Parallelamente i paesi più avanzati devono supportare in maniera più adeguata la ricerca di base e applicata nelle discipline «One Health». Anche perché deve essere chiaro che la battaglia si vince solo grazie alla ricerca e alla tecnologia. E, da questo punto di vista, anche la Campania può giocare un ruolo importante grazie ad una rete di eccellenze nel campo della medicina umana e veterinaria.
Questa pandemia insegna che il benessere e la salute riguarda noi tutti abitanti umani e non-umani del villaggio globale perché per un altro virus, magari più letale, che salta la specie in un villaggio remoto si potrebbero contare centinaia di morti anche qui a Napoli.