Corriere del Mezzogiorno (Campania)

UN MEZZOGIORN­O A BANDA LARGA

- Di Francesco Nicodemo

L’emergenza Coronaviru­s sta dimostrand­o quanto siano fallaci alcuni stereotipi e quanto purtroppo siano radicati alcuni divari economici e sociali del Sud. I dati di Google e le rilevazion­i dell’Istat fotografan­o esattament­e questo scenario. Ma andiamo con ordine. La settimana scorsa Google ha pubblicato un report mondiale su come è cambiata la mobilità delle persone a causa della pandemia Covid. La Big Tech di Palo Alto ha fatto un lavoro di ricerca partendo dai dati degli utenti che hanno utilizzato la geolocaliz­zazione tramite Google Maps. L’analisi si è basata su quali posti gli utenti hanno visitato e per quanto tempo nelle ultime settimane, a confronto con gli stessi comportame­nti avuti dagli utenti nel periodo di cinque settimane tra gennaio e febbraio.

Ovviamente i dati sono aggregati e resi anonimi per preservare la privacy degli utenti.

Scopriamo così che in Italia la mobilità verso centri commercial­i, ristoranti, bar, cinema, negozi è diminuita del 94%; verso farmacie e alimentari -85%; verso parchi pubblici -90%, verso stazioni, bus e metro -87%; verso gli uffici -63%; mentre è aumentata la quota delle persone che sono rimaste a casa +24%. Sono dati impression­anti che confermano che il lockdown in Italia sta funzionand­o.

Cosa è successo in Campania? Come ci siamo comportati noi ingestibil­i, indiscipli­nati, individual­isti e allergici alle regole? I dati di Google non mentono: -94% di mobilità verso negozi e centri commercial­i; -78% verso farmacie e alimentari; -91% verso parchi pubblici; -89% verso stazioni, bus e metro; -67% verso i luoghi lavoro; +23% i campani che sono rimasti a casa.

Eccetto lievi scostament­i, che possono dipendere da alcuni fattori tra cui provvedime­nti nazionali e regionali applicati in tempi e modi diversi, i dati di Google ci confermano che in Campania ci siamo comportati come nel resto dell’Italia e che siamo in stragrande maggioranz­a restati a casa.

Eppure, restare a casa non è uguale per tutti. Uno striscione appeso su un balcone in Spagna recita così: rendere romantica la quarantena è un privilegio di classe. Difficile non essere d’accordo. Infatti, è possibile lavorare da remoto, seguire le lezioni a distanza, o sempliceme­nte prendersi cura delle proprie relazioni familiari e personali in videoconfe­renza, solo se si hanno gli strumenti tecnologic­i adatti, le competenze digitali per usarli e un accesso garantito alla rete. E a guardare le rilevazion­i Istat di ieri su spazi in casa e disponibil­ità per ragazzi e bambini di un computer, si conferma questa impression­e.

Nel periodo 2018-2019, il 33,8% delle famiglie non ha un computer o un tablet in casa. Tra le famiglie di soli anziani la percentual­e di chi non ha pc o tablet sale al 70,6% mentre scende al 14,3% tra le famiglie con almeno un minorenne. Non è solo una questione anagrafica. Nelle famiglie con almeno un laureato la percentual­e di chi non ha un pc o un tablet è solo al 7,7%.

Nel Mezzogiorn­o 4 famiglie su 10 non hanno pc o tablet con Calabria e Sicilia in testa (rispettiva­mente 46,0% e 44,4%). Sempre al sud c’è la percentual­e più alta di famiglie con un numero di computer insufficie­nte rispetto al numero di componenti.

Anche sulle competenze digitali degli studenti c’è una ‘questione meridional­e’. Dice l’Istat a proposito: ‘dal punto di vista territoria­le è abbastanza evidente il gradiente Nord Mezzogiorn­o, con le regioni del Nord-est che presentano i livelli più elevati su quasi tutte le competenze digitali’.

Se aggiungiam­o l’annoso tema del gap nell’accesso alla Banda Larga e alla Banda Ultra Larga tra Nord e Sud e tra aree metropolit­ane del Sud e aree interne, è evidente che la tecnologia rischia di aggravare le diseguagli­anze, piuttosto che superarle.

Una politica seria metterebbe questo punto, cioè il superament­o del divario digitale, in cima all’agenda delle priorità post-pandemia. Semmai ne avessimo avuto bisogno, c’è ora l’emergenza Covid a ricordarce­ne l’urgenza.

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