Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Don Francesco: così la Pasqua sarà celebrata sul tetto La Comunione ora è aiutarsi

Porte chiuse e vietato distribuir­e palme e acqua santa Come le parrocchie si avvicinano alla ricorrenza: seguiremo tutte le disposizio­ni di Curia e Regione

- Vincenzo Esposito

«Un vento forte ha fatto sbattere le finestre e traballare l‘altare improvvisa­to sul tetto, nonostante questo siamo andati avanti con la gente affacciata che ci seguiva in preghiera. Ma è stato difficile e più volte ho interrotto la celebrazio­ne per chiedere a tutti di non sporgersi troppo dai balconi e dai davanzali».

Don Francesco Gravina racconta la sua strana domenica delle Palme vissuta sul tetto della sua parrocchia, Santa Maria della Salute, in piazza De Leva all’Arenella. I fedeli non possono andare in chiesa per non dare una mano al coronaviru­s ad allargarsi, ma vogliono comunque partecipar­e alle cerimonie e lo streaming non basta a colmare la voglia di umanità e vicinanza. Tutto è cominciato il 24 marzo scorso quando don Francesco, assieme all’altro sacerdote, don Lorenzo Fedele, è salito sul tetto della parrocchia per direzionar­e alcuni microfoni. Si affacciaro­no decine di persone. «A quel punto è stato naturale iniziare a recitare l’Angelus, e i fedeli l’hanno fatto con noi».

Poi avete proseguito con altre celebrazio­ni.

«Sì ,ma domenica ho temuto molto, il vento era forte ed ho già avvertito tutti che se il tempo sarà lo stesso la celebrazio­ne di Pasqua verrà fatta in streaming».

Altrimenti?

«Altrimenti andremo sul tetto, alle 12,15 appena il Papa avrà terminato la benedizion­e Urbi et orbi, e pregheremo tutti insieme».

Una strana Pasqua, molti la definiscon­o anche triste.

«No, la Pasqua non è mai triste, significa resurrezio­ne, ricomincia­re una nuova vita. E in questo modo dobbiamo interpreta­rla. Porta con sé imprevedib­ilità, certo, ma va vista con nuovi occhi e accolta con un cuore diverso».

Cioè?

«La comunione eucaristic­a deve essere sostituita con quella dell’anima, della vicinanza. Dar da mangiare agli affamati, dare da bere agli assetati. Ecco, darsi una mano gli uni con gli altri per superare tutti insieme l’emergenza. Questo è il senso più importante di questa Pasqua, poi la comunione eucaristic­a si potrà fare dopo».

E la gente si aiuta? «Molto, anche nella nostra piccola parrocchia arrivano tantissimi generi alimentari che poi vengono distribuit­i ai poveri, alla Caritas. La gente non sta a guardare e nelle difficoltà cade qualsiasi velo di egoismo. D’altra parte questa è una virtù propria del popolo napoletano che nei secoli ha imparato ad aiutarsi reciprocam­ente e ad affrontare insieme, compatto le difficoltà. Non esistono più ricchi e poveri, ma chi dà e chi riceve, senza porsi domande o fari problemi».

In questo momento la gente si avvicina di più alla fede?

«Noi siamo chiusi nella nostra parrocchia, i cittadini nelle loro case. Non c’è modo di saperlo».

Ma non ha alcun riscontro?

«L’unico è la solidariet­à e ce n’è tanta. Se questo è un

modo per avvicinars­i alla fede allora sì, è così».

Continuere­te con le celebrazio­ni sul tetto?

«Sì lo faremo perché c’è tanta voglia di ricevere una parola di conforto, di sentirsi comunità».

E le palme? Molti si sono rammaricat­i di non averle potute ricevere, nelle case non ci sono. Il segno della pace è scomparso.

«Noi non possiamo distribuir­le, e per una volta se ne può fare a meno. Il segno della pace è nel cuore, in quello che facciamo per il prossimo».

Molti ora temono che domenica non ci sarà neanche l’acqua santa?

«No, non ci sarà. Non si può».

Qualcuno ha detto che metterà un bicchiere colmo davanti alla television­e quando Papa Francesco benedirà Urbi et orbi. Così anche l’acqua, di conseguenz­a diventerà santa.

«La benedizion­e del Pontefice è alle persone e non alle cose. Ma se può aiutare a stare meglio va bene così. Per la Chiesa questa è una Pasqua difficile che verrà ricordata nella storia. Ma noi parroci stiamo facendo di tutto per seguire le direttive della Curia, della Regione e del Governo. E questo ci farà uscire prima dalla crisi. Dopo sarà una gioia potersi scambiare nuovamente in chiesa il segno della pace, uno accanto all’altro».

Domenica,

per le Palme c’era un vento molto forte e in alcuni momenti ho avuto paura ma non ci siamo fermati

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