Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Quelle lettere d’amore per Annamaria Palermo
MilleunaAnnamaria. In ricordo di Annamaria Palermo: centosettantadue pagine in forma di lettere di amore ad Annamaria. Le sta leggendo in un posto imprecisabile: lontano o vicinissimo, fisicamente situabile o spiritualmente percepibile, dal mondo che ha lasciato tre anni fa.
Le sta leggendo, ne sono sicuro, con la febbrile ironia che ne ha segnato passaggio su questa terra: un passaggio-paesaggio di cui pare stranissimo non poter più approfittare. Lida Viganoni, ex rettore dell’Orientale amica, sorella, collega di Annamaria proprio nel prestigioso ateneo napoletano, ha pensato di censire chi ha voluto bene alla studiosa che non era soltanto una specialista coi fiocchi di letteratura cinese contemporanea. Per la generazione di Annamaria, la generazione degli anni Sessanta, compulsare poesie, romanzi e testi teatrali pubblicati dalle nuova leve del Celeste Impero era un altro modo per marcare la distanza dai padri: i vecchi sinologi, tutti Confucio e poesie del fiume Tang. Annamaria, una sorta di sismografo h24 della contemporaneità di cui la Cina rappresentava l’epicentro, con onde d’urto che si propagavano negli altri continenti: il quotidiano preannunciato dal passato e scagliato nel futuro. Sono davvero tantissimi gli amanti di Annamaria, da Cristina Donadio a Mimmo De Masi, Elda Morlicchio, che affollano, uniti dalla cifra stilistica dell’affetto sconfinato, il volume.
Posso testimoniarlo personalmente: Annamaria entrava nella tua vita anche per il tempo di una chiacchierata veloce, lasciandoti pieno di gioia per la dimensione così partecipata, così facondamente napoletana, della cultura: qualcosa d’intimamente connesso con l’esistenza di tutti i giorni. Annamaria, convinta che libri, arte, musica, spettacolo rimanevano le vere risorse inesauribili del pianeta: beni comuni da consumare, da condividere in gran copia. Borghese e scugnizza; fasciata da un meraviglioso cappotto rosa che lasciava scorgere gambe da indossatrice; pronta a insaporire con l’elegantissimo vernacolo dei veri aristocratici giudizi mai banali su vip – li conosceva tutti, era impressionante – e mezze tacche – li conosciamo tutti, purtroppo.
Gran maestra di libertà, spiega la figlia Myrta Merlino nel suo ricordo tenero, appassionato. Anche noi vorremmo che Annamaria continuasse a parlarci: a spiegarci, in questi tempi bui e cattivi, come mai quel mondo interconnesso, il mondo più adatto alla sua forma mentis , è così bello e feroce. A rassicurarci, senza evidenze virologiche e solo con il suo gran buon senso sognatore, femminile, che un virus letale, venga dalla sua amatissima Cina o da altri angoli sperduti, non provocherà il contagio pandemico della solitudine e dell’intolleranza. Ad insistere su che cosa significhi essere di sinistra, però nella sua maniera anarchica, incazzosa, bizzosa. La maniera del fare, la maniera dell’Istituto Confucio che ha voluto e diretto all’Orientale: giacimento di competenze al sevizio di tutti.
Le lettere, lo sappiamo, attendono risposte.