Corriere del Mezzogiorno (Campania)
La curiosità L’idea di Stefano Floro Flores, editore e libraio Perché la (vera) scuola non può essere virtuale
La pandemia ha colto tutti impreparati al blackout scolastico. Si ha un bel dire sul potere compensativo delle tecnologie. Abbiamo esempi implacabili dell’assedio di webinar, didattica a distanza, pillole gratuite di formazione lasciate correre come biglie impazzite sulle autostrade del web.
E chi coglie, coglie. Va bene tutto, pur di sentirci meno soli. L’importante è non dimenticare che la scuola (vera) si fa in un’aula (non virtuale).
Perché l’insegnamento è per sua natura legato a una persona in carne ed ossa che apre al mondo della vita, che aiuta a capire con parole pesate cosa è giusto o sbagliato, cosa meriti d’esser gustato o ignorato, apprezzato o criticato. L’insegna mento è la singolare corporeità di un maestro: la sua voce, il suo volto, i suoi gesti, la sua testimonianza di valori agiti. E il testimone era, per estensione dell’iniziale significato giuridico, il martire (dal greco mártys), ovvero colui che era capace, in nome della verità, di offrire in dono persino la propria vita. In aula l’offerta si fa in termini di gesti educativi e nel flusso comunicativo costante di saperi, esempi, citazioni, aneddoti, informazioni, rimproveri e barzellette (sì, anche queste). Nessuna bambina, nessun bambino, anche se sostenuto da eroiche famiglie, potrà mai lavorare autonomamente da casa con la didattica a distanza. L’insegnamento si realizza direttamente e indirettamente attraverso il corpo e le azioni di un insegnante. E a chi ci porta ad esempio l’antesignano della didattica a distanza, il maestro Alberto Manzi, sommessamente ricordo che, in Non è mai troppo tardi, Manzi insegnò a leggere, scrivere e far di conto ad adulti analfabeti. Ma coi bambini preferì, senza se e senza ma, la condivisione di aule non virtuali.
Non è, dunque, questione di infrastrutture e nemmeno di ingegneria informatica. E purtroppo non si risolve il conflitto fra corporeità e smaterializzazione della scuola sposando in modo radicale il primo paradigma a spese del secondo. Sarebbe anacronistico.
Sull’intelligenza dell’integrazione e del controllo dei sistemi digitali, da settembre, gli insegnanti giocheranno la partita della vita (e dell’istruzione). Conviene allenarsi sin da ora.