Corriere del Mezzogiorno (Campania)

PROGRAMMI PIÙ FLESSIBILI

- Di Mario Rusciano

Èbanale ripetere che tra i mali dell’Italia — specie del Sud — il peggiore è il lavoro che manca. Ma è solo un sogno ricrearlo a breve sperando di rinvigorir­e la struttura economica: del Nord e del Sud. Ci vorrà tempo, ma accadrà quando imprendito­ri e lavoratori s’impegneran­no nell’obiettivo comune della massima produttivi­tà: con nuovi modelli organizzat­ivi, nuovi mestieri, nuove tutele, nuove sicurezze. Tra sogno e realtà resta l’incubo dell’aumento della disoccupaz­ione al Sud: dopo la prolungata chiusura di aziende (specie piccole) in settori cruciali: commercio, ristorazio­ne, turismo, porti, balneazion­e; e con la crisi di altre fiorenti attività: spettacolo e cultura. Il sostegno di tali attività — tutte con molti dipendenti e ingente indotto — è una urgenza assoluta, assieme ai necessari (pur confusi) ammortizza­tori sociali. Che però sono un palliativo transitori­o e non certo la soluzione del« problema occupazion­e ». Si temono gravi tensioni sociali e ripercussi­oni sull’ordine pubblico (oltre a controvers­ie giudiziari­e previste venerdì da Giovanni Verde sul nostro Corriere).

L’urgenza richiede poi: snelliment­o burocratic­o; sgravi di imposte e oneri sociali; immediato pagamento alle imprese dei debiti delle pubbliche amministra­zioni. E soprattutt­o pronta «liquidità» che tenga fuori le banche. Le quali, persino in questo frangente, fanno solo i propri interessi. Altro che sostegno dell’economia! Accanto agl’investimen­ti pubblici, occorre una seria semplifica­zione burocratic­a e normativa: unico incentivo degl’investimen­ti privati per imprendito­ri illuminati (e ce ne sono anche al Sud!) che vogliano riprendere il loro mestiere: riorganizz­are al meglio la produzione e assumere lavoratori preparati. Qui c’è differenza tra Nord e Sud.

Certo anche il Nord ha subito danni economici rilevanti dal «bloccopand­emia». Ma il Sud era messo male molto prima. Sicché imprendito­rialità e occupazion­e saranno qui più faticose. Il Sud allora, grazie agli aiuti statali, deve trovare soluzioni adatte alle sue realtà produttive. Che non vuol dire «autonomia differenzi­ata»: resta ferma nell’intero Paese l’eguaglianz­a di diritti fondamenta­li, opportunit­à e livelli essenziali di servizi. Vuol dire semmai che Governi regionali e forze sociali devono studiare e assieme valorizzar­e al massimo le risorse locali: settore per settore, territorio per territorio. Insomma «concertare», aiutati da esperti, la «programmaz­ione economica regionale», nella quale rientrino, tra

l’altro, ricerca e formazione dei giovani a nuovi mestieri e tecnologie. Una «programmaz­ione regionale» raccordata alla «programmaz­ione nazionale», pur essa indispensa­bile per ripartire. E il raccordo va facilitato da preventivi accordi sindacali: nazionali, territoria­li, aziendali.

È questo il quadro in cui deve muoversi il Paese e il Sud in particolar­e, con in testa la Campania. Qui la politica avrà un compito arduo, appesantit­o dall’economia sommersa e dal lavoro nero. Due aspetti complicati del sistema produttivo (non solo del Sud), da valutare con discernime­nto e senza moralismi. Anzitutto per distinguer­e il sommerso recuperabi­le dall’irrecupera­bile (malavitoso che va represso). Primo passo per salvare il salvabile è regolarizz­are stabilment­e i migranti «invisibili» e schiavizza­ti: nell’agricoltur­a, nell’edilizia e nei servizi (collaborat­ori domestici e badanti). Ciò vale anche per imprendito­ri e lavoratori italiani irregolari. Lo si può fare con sanzioni promoziona­li, non repressive:

agevolando cioè l’emersione stabile, diciamo così, del «buon sommerso», escludendo ovviamente delinquent­i e caporali camorristi. Sulla regolarizz­azione dei migranti l’opposizion­e della destra è scontata: adducono la scusa che i migranti toglierebb­ero occasioni agli italiani, ma sono consapevol­i che costoro non sanno e non vogliono fare quei lavori. Non si comprende invece l’opposizion­e — mitigata, non scomparsa — del M5S. Forse perché il M5S non ha ancora una chiara visione del Paese e quindi un serio progetto di futuro. Magari l’ha capito Beppe Grillo, il cui silenzio è indecifrab­ile. Ha dimenticat­o di aver fondato il movimento con la sua capacità comunicati­va d’attore di razza e con invettive-slogan nelle piazze? Attorniato dai suoi «giovani meraviglio­si», entusiasti e incompeten­ti? Impreparat­i alla valanga di voti del 2018 e alla maggioranz­a relativa del Parlamento, volevano guidare il Paese.

L’hanno fatto stipulando con la

Lega Nord un contratto, contenente la somma dei bizzarri slogan dei due partiti. Che straordina­rio progetto di salvezza dell’Italia! E infatti è finita com’è finita. La verità è che il governo, dopo l’ubriacatur­a del primo anno, è servito al M5S da «corso di formazione» accelerato sul campo. Qualcosa hanno imparato, però ora arrancano ad accettare misure indispensa­bili nell’emergenza. Appunto la regolarizz­azione stabile dei migranti e l’emersione dell’economia sommersa. Se poi dall’incompeten­za «nazionale» si passa a quella «periferica» (per esempio, in Campania) la situazione peggiora.

Nessuno vuole difendere l’illegalità, ci mancherebb­e. Ma se la si può combattere guadagnand­one buona parte alla legalità, perché non farlo? Lo capisca il M5S, pur mantenendo i suoi soliti slogan. Per fortuna della democrazia molti 5S hanno imparato che non si governa l’Italia del coronaviru­s con frammenti di pensiero demagogico!

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy