Corriere del Mezzogiorno (Campania)
PROGRAMMI PIÙ FLESSIBILI
Èbanale ripetere che tra i mali dell’Italia — specie del Sud — il peggiore è il lavoro che manca. Ma è solo un sogno ricrearlo a breve sperando di rinvigorire la struttura economica: del Nord e del Sud. Ci vorrà tempo, ma accadrà quando imprenditori e lavoratori s’impegneranno nell’obiettivo comune della massima produttività: con nuovi modelli organizzativi, nuovi mestieri, nuove tutele, nuove sicurezze. Tra sogno e realtà resta l’incubo dell’aumento della disoccupazione al Sud: dopo la prolungata chiusura di aziende (specie piccole) in settori cruciali: commercio, ristorazione, turismo, porti, balneazione; e con la crisi di altre fiorenti attività: spettacolo e cultura. Il sostegno di tali attività — tutte con molti dipendenti e ingente indotto — è una urgenza assoluta, assieme ai necessari (pur confusi) ammortizzatori sociali. Che però sono un palliativo transitorio e non certo la soluzione del« problema occupazione ». Si temono gravi tensioni sociali e ripercussioni sull’ordine pubblico (oltre a controversie giudiziarie previste venerdì da Giovanni Verde sul nostro Corriere).
L’urgenza richiede poi: snellimento burocratico; sgravi di imposte e oneri sociali; immediato pagamento alle imprese dei debiti delle pubbliche amministrazioni. E soprattutto pronta «liquidità» che tenga fuori le banche. Le quali, persino in questo frangente, fanno solo i propri interessi. Altro che sostegno dell’economia! Accanto agl’investimenti pubblici, occorre una seria semplificazione burocratica e normativa: unico incentivo degl’investimenti privati per imprenditori illuminati (e ce ne sono anche al Sud!) che vogliano riprendere il loro mestiere: riorganizzare al meglio la produzione e assumere lavoratori preparati. Qui c’è differenza tra Nord e Sud.
Certo anche il Nord ha subito danni economici rilevanti dal «bloccopandemia». Ma il Sud era messo male molto prima. Sicché imprenditorialità e occupazione saranno qui più faticose. Il Sud allora, grazie agli aiuti statali, deve trovare soluzioni adatte alle sue realtà produttive. Che non vuol dire «autonomia differenziata»: resta ferma nell’intero Paese l’eguaglianza di diritti fondamentali, opportunità e livelli essenziali di servizi. Vuol dire semmai che Governi regionali e forze sociali devono studiare e assieme valorizzare al massimo le risorse locali: settore per settore, territorio per territorio. Insomma «concertare», aiutati da esperti, la «programmazione economica regionale», nella quale rientrino, tra
l’altro, ricerca e formazione dei giovani a nuovi mestieri e tecnologie. Una «programmazione regionale» raccordata alla «programmazione nazionale», pur essa indispensabile per ripartire. E il raccordo va facilitato da preventivi accordi sindacali: nazionali, territoriali, aziendali.
È questo il quadro in cui deve muoversi il Paese e il Sud in particolare, con in testa la Campania. Qui la politica avrà un compito arduo, appesantito dall’economia sommersa e dal lavoro nero. Due aspetti complicati del sistema produttivo (non solo del Sud), da valutare con discernimento e senza moralismi. Anzitutto per distinguere il sommerso recuperabile dall’irrecuperabile (malavitoso che va represso). Primo passo per salvare il salvabile è regolarizzare stabilmente i migranti «invisibili» e schiavizzati: nell’agricoltura, nell’edilizia e nei servizi (collaboratori domestici e badanti). Ciò vale anche per imprenditori e lavoratori italiani irregolari. Lo si può fare con sanzioni promozionali, non repressive:
agevolando cioè l’emersione stabile, diciamo così, del «buon sommerso», escludendo ovviamente delinquenti e caporali camorristi. Sulla regolarizzazione dei migranti l’opposizione della destra è scontata: adducono la scusa che i migranti toglierebbero occasioni agli italiani, ma sono consapevoli che costoro non sanno e non vogliono fare quei lavori. Non si comprende invece l’opposizione — mitigata, non scomparsa — del M5S. Forse perché il M5S non ha ancora una chiara visione del Paese e quindi un serio progetto di futuro. Magari l’ha capito Beppe Grillo, il cui silenzio è indecifrabile. Ha dimenticato di aver fondato il movimento con la sua capacità comunicativa d’attore di razza e con invettive-slogan nelle piazze? Attorniato dai suoi «giovani meravigliosi», entusiasti e incompetenti? Impreparati alla valanga di voti del 2018 e alla maggioranza relativa del Parlamento, volevano guidare il Paese.
L’hanno fatto stipulando con la
Lega Nord un contratto, contenente la somma dei bizzarri slogan dei due partiti. Che straordinario progetto di salvezza dell’Italia! E infatti è finita com’è finita. La verità è che il governo, dopo l’ubriacatura del primo anno, è servito al M5S da «corso di formazione» accelerato sul campo. Qualcosa hanno imparato, però ora arrancano ad accettare misure indispensabili nell’emergenza. Appunto la regolarizzazione stabile dei migranti e l’emersione dell’economia sommersa. Se poi dall’incompetenza «nazionale» si passa a quella «periferica» (per esempio, in Campania) la situazione peggiora.
Nessuno vuole difendere l’illegalità, ci mancherebbe. Ma se la si può combattere guadagnandone buona parte alla legalità, perché non farlo? Lo capisca il M5S, pur mantenendo i suoi soliti slogan. Per fortuna della democrazia molti 5S hanno imparato che non si governa l’Italia del coronavirus con frammenti di pensiero demagogico!