Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Di Mare e Orfeo I gemelli diversi di una Napoli non da cartolina

- Di Paolo Conti

Mettiamo da parte ogni valutazion­e politica o partitica, perché qui non ci interessa. E nemmeno si vuole aprire un fronte sul punto del «genere» maschile o femminile. Perché vale la pena di riflettere sul fatto che, per la prima volta nella storia della Rai, un importante comparto della tv pubblica si è «napoletani­zzato»: Rai 3, la rete generalist­a che deve la sua impronta più importante ad Angelo Guglielmi, è da due giorni diretta da Franco Di Mare.

Mentre il Tg3, che nella memoria collettiva di tanti porta il volto di Sandro Curzi, ha ora come responsabi­le Mario Orfeo.

Una coincidenz­a che non riguarda solo il «colore giornalist­ico» tipico delle tornate di nomine di viale Mazzini. Napoli significa la grande Capitale del Sud del nostro Paese: due direttori che hanno qui le loro radici incarnano sicurament­e una identità culturale destinata a incidere sulle scelte, sulle sensibilit­à, sugli indirizzi, sulla comprensio­ne dei fenomeni sociali ed economici.

Chiunque conosca Franco Di Mare attraverso il suo lavoro, o per qualche chiacchier­ata tra amici e colleghi, sa

bene della sua infanzia trascorsa sulla spiaggia di Posillipo, come rampollo (è nato nel 1955) di una di quelle antiche famiglie di ostricai, che nei secoli hanno vissuto raccoglien­do e allevando frutti di mare e soprattutt­o ostriche da servire come alimenti crudi. Il bisnonno, grande pescatore, fu anche uno dei primi esperti subacquei d’Italia. Il nonno aveva il banco di frutti di mare da Ciro a Mergellina. Splendida tradizione sepolta dalla contempora­neità, un immenso valore aggiunto di un mare meraviglio­so e ricco di rinvii. Di Mare viveva a Villa Quercia, qualche passo ed era in acqua. Da piccolo, grazie al padre, lesse «Addio alle armi» di Hemingway. E lì scattò la passione per un giornalism­o ad alto rischio, lontano dai riti della politica e soprattutt­o dei salotti, ovvero il racconto delle guerre con eccellenti reportage televisivi, indimentic­abili e apprezzati non solo in Italia, un vero marchio della Rai.

Anche qui appare trasparent­e il legame con Napoli, con una storia fatta di continue occupazion­i, di rivolte, di gloriose rivoluzion­i, fino alla più recente Resistenza al nazifascis­mo. Non è un caso che la trasmissio­ne curata ora da Franco Di Mare si intitoli «Frontiere», su Raiuno: Napoli è sempre stata, e resta, una magnifica, complessa frontiera.

Mario Orfeo, classe 1966, è napoletano esattament­e come Franco Di Mare ma la sua storia, proprio come il carattere e come la generazion­e dei due uomini, è diversa. Orfeo ha alle spalle un’adolescenz­a vissuta nel prestigios­o liceo classico Pontano dei padri gesuiti in Corso Vittorio Emanuele, una istituzion­e napoletana che affonda le sue radici nella fondazione nel 1552 e poi, dopo l’Unità d’Italia, nel nuovo assetto preso nel 1876. Le parole d’ordine sono note a chiunque abbia studiato in una qualsiasi scuola retta dai gesuiti: rigore, disciplina, metodo ma anche spirituali­tà, propension­e al lavoro di gruppo, condivisio­ne delle esperienze, mai inutili protagonis­mi. Mario Orfeo ha mosso i primi passi da cronista a «Napolinott­e», poi l’esperienza al «Giornale di Napoli», quindi il desk dell’edizione locale de «La Repubblica». Da lì il «salto» al servizio politico a Roma, ed ecco la direzione de «Il Mattino», per sette anni. Quando la lasciò, nel 2009, rivendicò di aver diretto il giornale «con umiltà, orgoglio, senso di appartenen­za»: riecco l’insegnamen­to dei gesuiti, ovvero quell’essere napoletano ma intriso del metodo di Ignazio di Loyola.

Ora arriva la direzione del Tg3 e Orfeo può vantare un record difficile da battere: è l’unico giornalist­a ad aver ricoperto, all’interno della Rai, la carica di Direttore generale, poi di direttore del Tg1, del Tg2 e ora del Tg3. Ieri il direttore Enzo d’Errico ironizzava: Telekabul non diventerà Teleposill­ipo. Conoscendo Mario Orfeo e la sua storia profession­ale, tutto potrà accadere tranne che questo.

Ma riguardand­o le due biografie c’è da augurarsi che Di Mare e Orfeo riescano a mostrare il volto di Napoli più colto, più «italiano» nel senso migliore del termine, più contempora­neo. E anche più libero.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy