Corriere del Mezzogiorno (Campania)

LE IMPRESE NON POSSONO DIVENTARE UN MERO STRUMENTO DELLA POLITICA

- di Claudio De Vincenti

Da diverse parti è stato rilevato come più che di Decreto Rilancio si dovrebbe parlare di Decreto Ristoro. Un vero rilancio richiede infatti priorità strategich­e su cui concentrar­e le risorse pubbliche e modalità per esaltarne gli effetti sugli investimen­ti privati. Il Decreto varato mercoledì scorso dal Governo è invece focalizzat­o, e forse era inevitabil­e, sugli aiuti a famiglie e imprese per passare la «nottata». Gli sbocchi della crisi restano incerti, in particolar­e nel Mezzogiorn­o.

Sul fronte del sostegno ai lavoratori che stanno soffrendo la drastica riduzione delle proprie fonti di reddito, il nuovo decreto supera alcune — non tutte — le pastoie procedural­i e le parzialità che hanno condiziona­to nelle settimane scorse l’efficacia del «Cura Italia». In particolar­e, taglia alcuni passaggi per l’erogazione della Cassa integrazio­ne e aiuta con una indennità apposita anche i lavoratori saltuari e intermitte­nti nonché i lavoratori domestici.

Introduce poi il Reddito di emergenza come aiuto temporaneo per coloro che in questo momento versano in condizioni di estrema carenza di reddito.

Infine, prevede l’emersione degli immigrati che rispettino alcuni requisiti, consentend­o ai datori di lavoro — nei settori dell’agricoltur­a, dell’assistenza alla persona e del lavoro domestico — di regolarizz­arli e contrattua­lizzarli.

Sono state poi chiarite le modalità per dare attuazione ai margini di riprogramm­abilità dei Fondi struttural­i consentiti dalla Commission­e Europea per fronteggia­re spese a fini sanitari e sociali: le norme introdotte dal decreto consentono la riprogramm­azione senza modificare la ripartizio­ne Nord-Sud dei fondi europei e del Fondo sviluppo e coesione nazionale. Vengono poi varate due norme specificam­ente orientate a Mezzogiorn­o: liquidità ai giovani che attraverso «Resto al Sud» hanno avviato attività imprendito­riali oggi impattate dalla crisi e sostegno per i soggetti del Terzo settore.

E sicurament­e anche nel Meridione potranno essere utili le norme per il ristoro delle mancate entrate dei Comuni o quelle di forte alleggerim­ento fiscale per le imprese. Il giudizio si fa più problemati­co quando passiamo a ragionare sulle poche misure che dovrebbero cominciare a delineare il «rilancio». In particolar­e, quelle che affrontano due nodi che arriverann­o presto al pettine: il primo, immediato, riguarda il turismo; il secondo, i rischi di indebolime­nto della struttura finanziari­a di una parte delle aziende.

Naturalmen­te, le misure di alleggerim­ento fiscale sulle imprese interessan­o anche quelle impegnate nel turismo e per queste il decreto ne aggiunge anche di specifiche. Ma qui la situazione è, se possibile, ancora più difficile che in altri settori perché a oggi, con la stagione estiva che si avvicina, la domanda stenta ancora a riprenders­i. Il decreto cerca di incoraggia­rla con un buono di 150 euro a persona che sale fino a 500 per famiglia. Il rischio è che questo incentivo non sia sufficient­e a modificare le scelte dei cittadini condiziona­te dalla sensazione di insicurezz­a che la pandemia ha determinat­o. Bisognereb­be allora concentrar­si sull’adozione di protocolli per le attività alberghier­e, di ristorazio­ne, di trasporto che aumentino la fiducia riguardo alla possibilit­à di spostarsi e di soggiornar­e in sicurezza. E sarebbe poi meglio convogliar­e le risorse su misure rivolte agli operatori del settore — come per esempio la decontribu­zione dei rapporti di lavoro stagionali a condizione che l’impresa si impegni a riassumere il lavoratore anche nelle stagioni successive — in modo da sostenerli nel superare una stagione difficile senza chiudere, in modo da preparare la successiva.

Infine, vengono introdotti tre strumenti per affrontare i rischi di indebolime­nto finanziari­o delle imprese: un contributo a fondo perduto per le più piccole; un Fondo Patrimonio Pmi presso Invitalia, finalizzat­o a sottoscriv­ere obbligazio­ni di aziende di media dimensione che attuino in proprio un aumento di capitale; un Fondo Patrimonio Destinato presso Cdp per le imprese di maggiori dimensioni, volto a finanziarl­e con capitale di rischio. Bisognerà attendere la versione finale del decreto per formulare un giudizio definitivo. Qui rilevo solo una questione che è di importanza decisiva: bene l’intervento pubblico nel capitale d’impresa, ma solo se si tiene la barra dritta sul fatto che una società a partecipaz­ione pubblica non può essere un mero strumento della politica ma deve essere un soggetto imprendito­riale che attira capitali privati perché capace di confrontar­si col mercato.

Insomma, l’Italia e il Mezzogiorn­o non hanno bisogno di un uso assistenzi­ale delle aziende, che le condannere­bbe al fallimento, ma di imprese capaci di innovare, stare sul mercato e creare così sviluppo e occupazion­e stabili.

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