Corriere del Mezzogiorno (Campania)
Il filosofo
C’è un’ampia scelta. O persino un aeroporto come si auspicò per Pino Daniele. Fate presto! Subito un omaggio marmoreo a imperitura memoria perché non si può aspettare il tempo stabilito per legge: 10 anni, che sono più brevi di quanto si tema e non è tempo perduto, serve per distillare le emozioni. Invece no, tutta la gloria deve finire in toponomastica. È accaduto quasi sempre.
In genere le amministrazioni sono di manica larga e le deroghe previste sono concesse. A qualcuno è toccato un paese intero. Vedi Morra De Sanctis, in
Irpinia, che celebra Francesco De Sanctis, padre della storia della letteratura italiana. Carlo Lorenzini, fu più previdente. Si mise avanti con i lavori e come pseudonimo scelse il nome del paese natale: Collodi. Non ci fu bisogno di nessuna commissione per immortalarlo, non fosse bastato l’immenso Pinocchio.
La corsa alla targa, quasi fossimo alla motorizzazione, s’è accesa in questi giorni per il professore Aldo Masullo. Tutti a lanciare proposte, a suggerire la migliore collocazione. Un angolo della metropoli non si nega a nessuno, in periferia o in centro, anche a scapito di bellissimi toponimi che evocano in due parole la millenaria storia di Napoli. Perché si sa le parole possono essere pietre, ma le pietre spesso sono parole. Per Luciano De Crescenzo si batté ogni record dell’annuncio: fu fatto direttamente durante la cerimonia funebre a Santa Chiara. A Pino Daniele si pensò persino di intitolare l’aeroporto di Capodichino, senza sapere che un nome (sconosciuto ai più) ce l’ha già: Ugo Niutta, aviatore morto durante la prima guerra mondiale. Il Lazzaro felice si è dovuto accontentare di una traversa di Donnalbina poco lontano dalla casa dove è cresciuto, ma molto prima dei 10 anni canonici dalla morte.
È un rito logoro ormai, è la ricerca di un risarcimento a costo zero per mettersi in pace con la coscienza, un’elaborazione del lutto pret-à-porter. Ci sono le migliori intenzioni e tanto affetto, è vero. Chi può negarlo? Però, confessiamolo, questo tramestio attorno alle bare ancora da inumare è noioso assai, già visto, già letto, già digerito, prevedibile come il pastore di San Gregorio Armeno o la pizza di Sorbillo. Che, poi, chi è illustre oggi non è detto che lo sia tra 100 anni. Pensate a quante strade cittadine sono affidate a personaggi di cui s’è persa la memoria. Lo stesso Niutta ha una via all’Arenella e chi vi abita non s’è mai chiesto chi sia o, quando gli è scattata la curiosità, ha dovuto smanettare a lungo sul web per farsi capace. Di esempi ce ne sarebbero fino a stancarsi. Vi siete mai domandato chi sia Francesco Saverio Correra al quale è stato dedicato il Cavone nei pressi di piazza Dante e che tutti continuano a chiamare Cavone? È un giurista dell’Ottocento che abitò in quella strada.
Oppure (cercando a caso su Google Maps) sapete chi sia stato Ottavio Tupputi che ha una sua stradina a Forcella? Era un patriota pugliese morto a Napoli nel 1865. E Pasquale Scura, titolare della salita che prolunga Spaccanapoli fin quasi al corso Vittorio Emanuele? Era un giurista pure lui. O ancora Giuseppe Orsi (sempre all’Arenella)? Un militare, medaglia d’oro, morto nel 1911, in Libia. Alzi la mano chi conosce Giuseppina Guacci Nobile, poetessa morta nel 1848, il suo salotto fu frequentato anche da Leopardi e Settembrini. La ricorda una strada parallela del Rettifilo dalle parti della sede centrale della Federico II. E bisognerebbe spendere qualche parola anche per i pur meritevoli cronisti medievali che imperversano a Materdei.
Potremmo continuare per pagine e pagine, perdendoci nel dedalo urbano. Fermiamoci qui per non infierire su una sfilza di Carneade.
Certo la memoria ha le sue necessità foscoliane e pure rapidi e pratici strumenti. La toponomastica appunto, che garantisce, per chi la gestisce, la riconoscenza popolare immediata. Poi ai posteri tocca l’ardua sentenza. Per aiutare la conoscenza dei venerati maestri presso i contemporanei, forse sarebbe meglio contribuire a diffonderne le opere (che nel caso di Masullo non sono di facile lettura), distribuendone a chi non l’ha mai intercettato o forse nemmeno mai sentito nominare: la filosofia è scienza per eletti già dai tempi di Socrate.
A Masullo, come a De Crescenzo, a Pino Daniele non toccherà la sorte di un rapido oblio, a prescindere dalla targa. E non è solo un auspicio. Resteranno vivi, però, fin quando leggeremo i loro libri e ascolteremo le loro canzoni. Ce l’ha insegnato Nietzsche: non bisogna mai lasciare che i morti seppelliscano i vivi e, ci permettiamo di aggiungere, la stessa vita di chi è morto e affidato a una lapide all’angolo di una strada. Requiescant in marmore.