Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Il filosofo

- di Pietro Treccagnol­i

C’è un’ampia scelta. O persino un aeroporto come si auspicò per Pino Daniele. Fate presto! Subito un omaggio marmoreo a imperitura memoria perché non si può aspettare il tempo stabilito per legge: 10 anni, che sono più brevi di quanto si tema e non è tempo perduto, serve per distillare le emozioni. Invece no, tutta la gloria deve finire in toponomast­ica. È accaduto quasi sempre.

In genere le amministra­zioni sono di manica larga e le deroghe previste sono concesse. A qualcuno è toccato un paese intero. Vedi Morra De Sanctis, in

Irpinia, che celebra Francesco De Sanctis, padre della storia della letteratur­a italiana. Carlo Lorenzini, fu più previdente. Si mise avanti con i lavori e come pseudonimo scelse il nome del paese natale: Collodi. Non ci fu bisogno di nessuna commission­e per immortalar­lo, non fosse bastato l’immenso Pinocchio.

La corsa alla targa, quasi fossimo alla motorizzaz­ione, s’è accesa in questi giorni per il professore Aldo Masullo. Tutti a lanciare proposte, a suggerire la migliore collocazio­ne. Un angolo della metropoli non si nega a nessuno, in periferia o in centro, anche a scapito di bellissimi toponimi che evocano in due parole la millenaria storia di Napoli. Perché si sa le parole possono essere pietre, ma le pietre spesso sono parole. Per Luciano De Crescenzo si batté ogni record dell’annuncio: fu fatto direttamen­te durante la cerimonia funebre a Santa Chiara. A Pino Daniele si pensò persino di intitolare l’aeroporto di Capodichin­o, senza sapere che un nome (sconosciut­o ai più) ce l’ha già: Ugo Niutta, aviatore morto durante la prima guerra mondiale. Il Lazzaro felice si è dovuto accontenta­re di una traversa di Donnalbina poco lontano dalla casa dove è cresciuto, ma molto prima dei 10 anni canonici dalla morte.

È un rito logoro ormai, è la ricerca di un risarcimen­to a costo zero per mettersi in pace con la coscienza, un’elaborazio­ne del lutto pret-à-porter. Ci sono le migliori intenzioni e tanto affetto, è vero. Chi può negarlo? Però, confessiam­olo, questo tramestio attorno alle bare ancora da inumare è noioso assai, già visto, già letto, già digerito, prevedibil­e come il pastore di San Gregorio Armeno o la pizza di Sorbillo. Che, poi, chi è illustre oggi non è detto che lo sia tra 100 anni. Pensate a quante strade cittadine sono affidate a personaggi di cui s’è persa la memoria. Lo stesso Niutta ha una via all’Arenella e chi vi abita non s’è mai chiesto chi sia o, quando gli è scattata la curiosità, ha dovuto smanettare a lungo sul web per farsi capace. Di esempi ce ne sarebbero fino a stancarsi. Vi siete mai domandato chi sia Francesco Saverio Correra al quale è stato dedicato il Cavone nei pressi di piazza Dante e che tutti continuano a chiamare Cavone? È un giurista dell’Ottocento che abitò in quella strada.

Oppure (cercando a caso su Google Maps) sapete chi sia stato Ottavio Tupputi che ha una sua stradina a Forcella? Era un patriota pugliese morto a Napoli nel 1865. E Pasquale Scura, titolare della salita che prolunga Spaccanapo­li fin quasi al corso Vittorio Emanuele? Era un giurista pure lui. O ancora Giuseppe Orsi (sempre all’Arenella)? Un militare, medaglia d’oro, morto nel 1911, in Libia. Alzi la mano chi conosce Giuseppina Guacci Nobile, poetessa morta nel 1848, il suo salotto fu frequentat­o anche da Leopardi e Settembrin­i. La ricorda una strada parallela del Rettifilo dalle parti della sede centrale della Federico II. E bisognereb­be spendere qualche parola anche per i pur meritevoli cronisti medievali che imperversa­no a Materdei.

Potremmo continuare per pagine e pagine, perdendoci nel dedalo urbano. Fermiamoci qui per non infierire su una sfilza di Carneade.

Certo la memoria ha le sue necessità foscoliane e pure rapidi e pratici strumenti. La toponomast­ica appunto, che garantisce, per chi la gestisce, la riconoscen­za popolare immediata. Poi ai posteri tocca l’ardua sentenza. Per aiutare la conoscenza dei venerati maestri presso i contempora­nei, forse sarebbe meglio contribuir­e a diffondern­e le opere (che nel caso di Masullo non sono di facile lettura), distribuen­done a chi non l’ha mai intercetta­to o forse nemmeno mai sentito nominare: la filosofia è scienza per eletti già dai tempi di Socrate.

A Masullo, come a De Crescenzo, a Pino Daniele non toccherà la sorte di un rapido oblio, a prescinder­e dalla targa. E non è solo un auspicio. Resteranno vivi, però, fin quando leggeremo i loro libri e ascolterem­o le loro canzoni. Ce l’ha insegnato Nietzsche: non bisogna mai lasciare che i morti seppellisc­ano i vivi e, ci permettiam­o di aggiungere, la stessa vita di chi è morto e affidato a una lapide all’angolo di una strada. Requiescan­t in marmore.

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