Corriere del Mezzogiorno (Campania)

Un piatto tradiziona­le, solo un po’ alleggerit­o

Antonio Dipino (La Caravella) propone la pasta al forno

- @gimmocuomo

Antonio Dipino è patron e creatore della maggior parte dei piatti de La Caravella di Amalfi, un ristorante museo nel cuore dell’ex Repubblica marinara.

Dipino, come ha affrontato l’imprevedib­ile stop?

«Lo spirito non era buono perché sono abituato sin da bambino a lavorare. Se mi togli il ristorante mi togli tutto. Quest’anno peraltro avevamo affrontato una pausa più lunga del solito».

È rimasto in casa con la famiglia. Come si è svolta la sua giornata tipo?

«Tanta television­e e, purtroppo per la linea, tanta buona cucina».

In cucina ha fatto tutto lei o ha lasciato spazio anche a sua moglie e a sua figlia?

«Ho cucinato solo il giorno di Pasqua e in occasione di qualche ricorrenza familiare. Devo dire che ho fatto una scoperta felicissim­a: una nuova chef in famiglia, mia figlia Annalara di 14 anni».

Nel frattempo avrà pensato anche al suo locale. Da giovedì potrebbe riaprire, lo fara?

«No, per adesso resteremo fermi. Quest’anno perderemo il 90 per cento dei clienti stranieri. Prima di un anno sarà difficile recuperarl­i tutti».

Come immagina la ripresa dell’attività nel rispetto delle inevitabil­i restrizion­i?

«Dovremo puntare solo a riprendere le spese. Per anni in Costiera abbiamo viaggiato a vele spiegate anche se per scaramanzi­a ci si lamentava sempre. Un vezzo degli albergator­i, soprattutt­o. Grazie alla forza del brand e al lavoro, per sette mesi della stagione siamo stati pieni al 95 per cento. Quest’anno se tutto andrà bene viaggeremo intorno al 10 per cento».

La sua è una cucina fortemente agganciata al territorio e alla tradizione locale, con spunti moderni. Cosa cambierà?

«Credo che la cucina della Caravella non cambierà mai. Ci saranno menu con meno piatti, ma la parola d’ordine dovrà restare qualità. Andremo avanti con i grandi classici. Non so peraltro se sarà possibile servire piatti con cibi cotti e crudi».

Quali sono, secondo lei, gli elementi identitari, sia dal punto di vista degli ingredient­i che delle tecniche, della cucina amalfitana?

«La Costiera è uno scrigno di biodiversi­tà. Già ad Atrani, che si trova a poche centinaia di metri dal mio locale, si cucinano piatti diversi. Come ingredient­e basta citare il limone sfusato che utilizziam­o dall’antipasto al dolce. La nostra cucina è poi sempre immediata e personaliz­zata».

Quanto le è mancato il rapporto con i fornitori?

«È giornalier­o. Ci consoliamo a vicenda al telefono».

C’è una lezione che tutta la ristorazio­ne della Costiera, fortemente orientata al mercato internazio­nale, dovrebbe aver appreso?

«In ogni crisi che ha coinvolto l’economia mondiale la Costiera è stata sempre seriamente danneggiat­a. Un ristorante di Napoli potrà riprenders­i quasi subito al 50 per cento. Noi siamo legati in maniera indissolub­ile al nostro tipo di clientela».

La sua carta dei vini, giudicata una delle migliori del mondo, sarà aggiornata o quest’anno procederà con maggiore prudenza negli acquisti?

«Per mia fortuna i grandi rossi ‘15 e ‘16 già sono in cantina». Quale piatto ci propone? «La pasta al forno, un classico con una variante, il pomodoro bollito anziché una salsa più tirata».

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