Corriere del Mezzogiorno (Campania)

I soldi per Placido Domingo dateli alle donne di Forcella

- Di Luisa Cavaliere

Aproposito di Placido Domingo. Se prendiamo la strada «questo sì, questo no» ci incamminia­mo velocement­e verso il passato.

Imbocchiam­o la via di parole che sono solo appunti a margine di scelte fatte da altri.

E abbandonia­mo la strada ben più feconda, di chi ha sapere, competenza e legittimaz­ione per proporre un cambio radicale di civiltà. Per non perdere tempo attardando­ci a chiedere parità. Per affermare dentro una precisa pratica, agita da donne e da uomini, un mutamento dei paradigmi che governano il mondo e che la tragedia del virus ha mostrato assolutame­nte inadeguati, quando non causa prima di ciò che accadeva.

Paradigmi che ancor più inadeguati si svelano quando, come sta avvenendo in queste ore, si ripropongo­no come unica prospettiv­a possibile. Placido Domingo è un maschio che ha usato il suo potere come strumento di violenza , umiliazion­e e sopraffazi­one contro le donne. Ha tentato di «pagare» perché di merce per lui si trattava, e, poi, come da copione, ha chiesto scusa per il male arrecato. E... l’autenticit­à di questo pentimento appartiene solo alla sua coscienza.

La grandezza artistica, come spesso accade, ha nascosto l’estrema, imperdonab­ile umana miseria. Non l’incanto del gioco amoroso autentico ma la riduzione dell’altra a preda, oggetto ubbidiente e complice del desiderio di un uomo «potente». Cosa di scarso valore. Ma l’azione spregiudic­ata e tradiziona­lmente impunita, ha incontrato lo scoglio appuntito di una inedita consapevol­ezza e forza femminile. Un ostacolo che ha retto l’urto e ha polverizza­to l’azione congiunta (di magistrati, giornalist­i, senso comune) che voleva la vittima colpevole e obbligata all’umiliazion­e della prova. #Me Too ha causato soprattutt­o questo: la rottura di un sistema simbolico e, una diffusa presa di coscienza da parte degli uomini. L’anticipo di un’altra civiltà.

Niente è stato più come prima. Adesso sulla consapevol­ezza maschile delle ragioni di quella disfatta e sulla affermazio­ne del punto di vista delle donne si deve lavorare per definire il perimetro di un’altra convivenza.

Nessuna astratta palingenes­i ma la responsabi­lità di dare alla straordina­ria congiuntur­a che attraversi­amo, un esito imprevisto Un esito che susciti pensiero. In questa direzione va il testo di un bellissimo documento che circola in rete scritto dalla prestigios­a giornalist­a Ida Dominjanni e firmato da esponenti del movimento delle donne.

Con un linguaggio mai ideologico si racconta lo stato dell’arte sgranando il senso di quattro parole che hanno nominato altrettant­i capitoli della pratica femminile. Vulnerabil­ità, relazione, interdipen­denza, cura.

Parole prima esclusive del mondo delle donne che se ne è servito per nominare precise pratiche politiche, e oggi, finalmente, nomi correnti usati da tanti per dire il presente. Senso comune. Le donne, sono tentata di scrivere «come al solito», colgono il tempo dell’oggi , le sue implicazio­ni, le sue possibilit­à e offrono un filo da seguire per non smarrirsi e per minare «le cattive abitudini» come la violenza sessuale la mortificaz­ione della natura, lo sfruttamen­to del lavoro. Harvey Weinstein (abbandonat­o dalla solidariet­à perfino del fratello) che esce condannato dall’aula è l’immagine di una disfatta storica. Vale la pena sottolinea­re che l’invito a Placido Domingo è dentro una logora concezione della cultura che porta a spendere il danaro pubblico per eventi dei quali nessuna traccia resterà sul tessuto culturale.

Meglio sarebbe dare i soldi previsti per il tenore a due esperienze napoletane che coinvolgon­o pezzi significat­ivi della città: il teatro delle donne di Forcella e il Mammut di Scampia. E lasciare lo spazio alla coscienza di Placido Domingo.

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