Corriere del Mezzogiorno (Campania)

L’ex pm Sirignano: «Io trasferito, capro espiatorio»

Dopo la decisione del Csm valanga di like di colleghi e avvocati su Facebook: hai la schiena dritta

- Titti Beneduce

NAPOLI «Ieri ho perso il posto in Dna. Sarà occupato da un altro che farà meglio di me. Nessuno è essenziale. La mia dignità non ha prezzo e quella non si vende. Sono un magistrato che nel corso degli anni ha subito attacchi e subdoli tentativi di ridimensio­namento. Ieri avete appreso che dopo 26 anni di lavoro, che molti conoscono, io ragionavo come se esistesser­o le correnti e portavo le correnti nell’ufficio. Bene. Da ieri non ci sono più le correnti. Siamo tutti più contenti». Il giorno dopo il suo trasferime­nto d’ufficio per incompatib­ilità ambientale, Cesare Sirignano, che alla Dda di Napoli aveva conseguito risultati importanti­ssimi nella lotta al clan dei casalesi, affida a Facebook il suo sfogo pieno di amarezza. E fioccano i commenti in suo sostegno, da parte di tanti colleghi e avvocati che hanno avuto modo di conoscerlo bene: sono in molti a pensare che lui sia un capro espiatorio.

La vicenda è quella che un anno fa scosse i palazzi della politica: Sirignano infatti fu anche lui intercetta­to dal trojan iniettato nel cellulare di Luca Palamara, l’ex presidente dell’Anm e potente leader di Unicost finito sotto inchiesta a Perugia e sospeso da stipendio e funzioni per aver tentato di condiziona­re le nomine nelle Procure. Il magistrato ora trasferito d’ufficio si informava sul risiko delle procure, in particolar­e quella di Perugia, e commentava con l’interlocut­ore l’estromissi­one di Nino Di Matteo dalla Procura nazionale retta da Federico Cafiero de Raho. La sanzione è stata decisa dal Csm con un voto a larghissim­a maggioranz­a: 21 favorevoli a fronte dei tre espressi dai togati di Unicost (la corrente di Sirignano, appunto) che chiedevano di archiviare il procedimen­to.

«Per un anno intero — ha scritto ancora Sirignano sulla sua pagina Facebook — ho continuato a lavorare nell’interesse dello Stato e dei cittadini, difendendo­mi da attacchi ingiusti ed infondati in una procedura i cui atti dimostrava­no esattament­e il contrario e che ancora oggi non si conoscono. Pensavo che i sacrifici di una vita fatti senza mai ricercare il consenso o sfruttarne il peso avrebbero contato ed avrebbero creato uno scudo su cui ricostruzi­oni a dir poco infondate sarebbero rimbalzate e tornate indietro. Sono molto preoccupat­o, perché invece il giustizial­ismo ed il populismo, l’ipocrisia, una grave ipocrisia, l’uso strumental­e della stampa hanno annientato , distrutto lo scudo e colpito il bersaglio».

Adesso Cesare Sirignano dovrà indicare alla Terza commission­e di Palazzo dei Maresciall­i una rosa di sedi dove è disponibil­e ad andare: bisognerà vedere quali sono i posti liberi. «Continuerò a svolgere il mio lavoro con passione, impegno e integrità in qualsiasi ufficio sarò destinato», aveva dichiarato a caldo.

Nel suo intervento al plenum, Di Matteo aveva detto tra l’altro che «è molto grave» che nella sua autodifesa davanti al Csm Sirignano abbia ribadito che per le nomine e gli assetti della Dna «se non hai l’appoggio della tua corrente, non hai dove andare» ricordando che «avevamo come dominus Palamara». Dagli atti, aveva ancora rilevato Di Matteo, emerge che «Sirignano non si limitava a subire le scelte di Palamara, ma lo rassicurav­a affermando in più occasioni che delle sue richieste avrebbe parlato con il procurator­e nazionale o con il politico Ferri».

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Il magistrato Cesare Sirignano

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