Corriere del Mezzogiorno (Campania)

CULTURA, CHE LE STELLE STIANO A GUARDARCI

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Caro Direttore, a proposito del teatro, pare che il problema sia ‘aprire’ e non ‘cosa fare’. Ben vengano i flussi finanziari. Ma per chi e per fare che cosa? Lo spettacolo dal vivo è necessario, ma non con prodotti vecchi. Il teatro è sostenuto dal denaro pubblico e dal pubblico ed è talvolta amministra­to in modo privatisti­co da chi si rifugia nelle abitudini. La creatività artistica è ingabbiata. Gli attori sono trattati come mano d’opera. E il linguaggio degli impresari considera l’incasso, i posti a sedere e la richiesta di nuovi fondi. Riempire cartelloni e fare cartello non è politica culturale che richiede una visione di società, uno sguardo lungimiran­te. Francesco de Notaris (ex

senatore della Repubblica) Caro de Notaris,

Questo giornale è stato il primo a sollevare i temi che lei propone. Io stesso, in un editoriale, ho suggerito un’inversione di rotta nella gestione degli appuntamen­ti culturali al tempo dell’epidemia. Mi chiedo: che senso ha continuare a programmar­e eventi fondati esclusivam­ente sulle star internazio­nali (spesso agli sgoccioli della carriera) quando migliaia e migliaia di lavoratori del settore sono ridotti alla mera sopravvive­nza? Perché quei fondi, in stragrande maggioranz­a provenient­i dalle casse pubbliche, non vengono destinati, almeno la prossima estate, a iniziative capaci di rilanciare il comparto? Davvero pensiamo che questa tragedia non abbia cambiato i cittadini e il ruolo stesso delle istituzion­i culturali? Purtroppo tali domande finora non hanno trovato risposte convincent­i. E temo, visti gli annunci degli ultimi giorni, che non ne troveranno. Ancora una volta scontiamo l’assenza di un assessorat­o regionale alla Cultura, un luogo dove si possa riflettere sui mutamenti in atto per indirizzar­e adeguatame­nte le politiche del dipartimen­to. De Luca, che ha mantenuto per sé la delega, ha diecimila altre cose di cui occuparsi, soprattutt­o oggi che è chiamato a fronteggia­re l’emergenza virus. Resta il fatto, però, che se davvero consideria­mo la cultura un asset fondamenta­le del nostro essere comunità, sia dal punto di vista civile che economico, non possiamo ridurla a vetrina dove esporre i gioielli (o presunti tali) raccattati tra gli agenti, fingendo che il resto non esista. Lasciamo che per un’estate le stelle rimangano a guardare i nostri artisti e il nuovo pubblico che sta nascendo.

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