Corriere del Mezzogiorno (Campania)
QUASI CONCERTI PROVE TECNICHE DI LIVE
Per decreto, il 15 giugno prossimo potranno ricominciare gli eventi con il pubblico Dibattito tra i manager e i gestori dei locali dopo la defezione del Palapartenope Perrini (Lanificio 25): vogliamo le regole dei bar. Di Donna: «Rifondare i metodi»
Èuna ripartenza con il freno a mano tirato, quella dei concerti e prevista il prossimo 15 giugno. Il decreto del 17 maggio parla chiaro fissando a 1000 il numero massimo dei partecipanti per gli spettacoli all’aperto e 200 per quelli al chiuso, con i posti a sedere «pre-assegnati e distanziati di un metro». Una distanza, quest’ultima, che vale anche per i musicisti sul palco. Il decreto, inoltre, non riguarda le «attività che abbiano luogo in sale da ballo e discoteche e locali assimilati». Un’esclusione che prolunga di fatto il lockdown per una nutrita fetta del mondo dello spettacolo. Lo ha confermato ieri Rino Manna, patron del Palapartenope, annunciando che «riaprire a capienza ridotta, addirittura solo 200 posti a con la certezza che non è un modello sostenibile per ricavi e costi, senza escludere che gli organizzatori, manager ed artisti non sono disposti a esibirsi a queste condizioni, è praticamente impossibile».
Il dibattito è appena cominciato nel variegato microcosmo dell’industria musicale con pareri contrastanti.
Giuseppe Perrini, direttore artistico del club Lanificio25, uno dei centri culturali storicamente più attivi della città, considera incompleto il provvedimento: «Fa sicuramente piacere a tutti riuscire a riaprire, al netto delle limitazioni del caso, ma c’è una problematica di fondo legata all’intrattenimento, non essendo previsto il contatto tra le persone. Sono molto preoccupalenti to perché spendere nuove risorse per controllare i flussi e avere allo stesso tempo poco pubblico sono due azioni impossibili da sostenere. Una delle soluzioni sarebbe quella di convertire centri come il Lanificio25 con le prescrizioni per la ristorazione, garantendo la possibilità di offrire almeno il servizio bar».
Andrea De Rosa, fondatore di Apogeo Records, produttore ed editore musicale napoletano, ha un’idea ben precisa delle modifiche da apportare al decreto: «Un conto è organizzare eventi piccoli come quelli che abbiamo messo in piedi al Piccolo Bellini, un altro è gestire manifestazioni come Sanità TàTà. Nel momento in cui si passa da 100 a 30 ingressi per questioni di spazio e distanziamento, l’evento più piccolo viene a cadere. Sarebbe quindi importante creare un fondo di sostegno per le piccole realtà, altrimenti è tutto inutile. I taemergenti, ad esempio, vivono perlopiù grazie ai concerti. Sono loro le prime vittime assieme ai tantissimi tecnici».
Controcorrente il parere di Giulio Di Donna, a capo di Freak Out Magazine e storico «agitatore culturale» del territorio: «Il decreto è equilibrato, almeno per questa fase. Pone in atto dei punti essenziali e di rilancio. Va fatta una rifondazione dei metodi di produzione dei concerti, dei costi per realizzarli e dei cache degli artisti. Questa norma è anche un’occasione per dare vita a una riflessione che può portare a un nuovo metodo di calcolo dei parametri. Ripianificare il lavoro a lungo termine è necessario. Nelle scorse estati la Regione Campania ha finanziato iniziative all’aperto che possono tranquillamente essere gestite con un migliaio di persone. In questo modo, tanti lavoratori del comparto potranno ritornare a fatturare e produrre».
Gabriella Diliberto, collaboratrice di Marocco Music di diverse realtà indipendenti (Giovanni Block e Greta & The Wheels) considera troppo restrittiva la ripartenza: «È tutto molto difficile. C’è un disagio enorme, legato soprattutto alle distanze tra gli stessi artisti, che non potranno sintonizzarsi sul palco. C’è, in sostanza, la possibilità di creare un evento live solo per i meno popolari, i cui concerti sono già di per sé più intimi. È l’unica luce in un provvedimento dalle troppe ombre».