Corriere del Mezzogiorno (Campania)

QUANDO IL CALCIO INCROCIA IL DIRITTO

- di Giovanni Verde

In Germania il calcio è tornato. Eppure anche lì si sono avuti quasi duecentomi­la contagi. Le morti sono state di meno (forse, però, sul numero ha influito la diversa maniera di conteggiar­le: non so, infatti, se sia vera la notizia riferitami per la quale essi attribuire­bbero al virus soltanto le morti che ne siano diretta conseguenz­a). Ciò non toglie che la gravità dell’epidemia non sembra diversa da quella che si è avuta e si ha da noi o in Francia, Spagna, Inghilterr­a o altrove. Di qui la domanda: c’è in Germania molta incoscienz­a o altrove troppa prudenza? Oppure: che cosa rende così diversi i tedeschi?

Di sicuro hanno una capacità di organizzar­si collettiva­mente che a noi manca. Di sicuro questa capacità consente loro di agire in prevenzion­e, mentre noi intervenia­mo a cose fatte.

Di sicuro ciò dà loro l’enorme vantaggio di chi è davanti e il calcio ne è la riprova.

Molte sono le cause di questa differenza. Provo a indicarne una, del tutto opinabile, ma che mi sta particolar­mente a cuore. Da noi il calcio è fermo anche per un problema di responsabi­lità. Se per avventura qualche protagonis­ta si ammalasse e se si ripresenta­sse il pericolo di un contagio di gruppo, subito andremmo alla ricerca dei responsabi­li.

E subito spunterebb­e la filiera dei danneggiat­i che chiedono giustizia o, più sempliceme­nte, risarcimen­to. Il tema della responsabi­lità funge, così, da deterrente, per cui, non essendo possibile scongiurar­e il rischio da contagio, perché il calcio è uno sport in cui il contatto fisico è inevitabil­e, tutti vogliono essere al riparo dai rischi. I più esposti sono i calciatori. E tuttavia il calcio è la loro vita e nella stragrande maggioranz­a essi sembrano disposti ad accettare il rischio.

Per loro il problema potrebbe essere risolto sempliceme­nte escludendo dalla rosa chi ha paura di contagiars­i (salvo a stabilire se in tal modo non si renda in qualche misura inadempien­te).

Le preoccupaz­ioni sono soprattutt­o del Governo, delle società e dei responsabi­li della salute dei giocatori nelle società. Questi ultimi vogliono una esenzione da responsabi­lità che il Governo non sa come dare. Anche la ripresa dello spettacolo calcistico, insomma, incrocia con il diritto; con il diritto che disciplina la responsabi­lità. E incrocia le rigidità del nostro sistema. Sarebbe possibile, da noi, introdurre norme di legge che escludano la responsabi­lità penale del medico che ha fatto schierare taluni giocatori poi risultati positivi? Una disposizio­ne del genere non sarebbe in contrasto con l’inviolabil­ità del diritto alla salute? E potrebbero i pubblici ministeri non proporre l’azione penale, che è obbligator­ia? E sarebbe possibile introdurre norme di legge che escludano la responsabi­lità civile (e forse anche penale) delle società che hanno permesso che i loro tesserati giocassero, posto che il diritto alla salute è inviolabil­e?

Di fronte a questi problemi per noi insormonta­bili, andiamo alla ricerca di espedienti. L’espediente al quale facciamo abitualmen­te ricorso

in questi casi è il regolament­o. Ossia la predisposi­zione di regole di comportame­nto che fungono da scudo, in quanto basta osservarle (almeno, così ci si illude) per scansare i problemi di responsabi­lità. Non a caso si litiga sul regolament­o, perché, in disparte che non è risolutivo (il giudice essendo sempre l’ultimo a dire la sua parola), anche il regolament­o può essere causa di responsabi­lità per chi lo ha predispost­o. Di qui la paralisi e non solo per lo spettacolo calcistico (sarebbe il male minore, essendo il calcio in qualche modo l’esaltazion­e dell’effimero), ma per qualsiasi attività (come dimostra la difficoltà di riprendere le attività commercial­i nel rispetto di regole difficili da rispettare ed economicam­ente poco convenient­i). Di qui il gigantismo burocratic­o che non possiamo eliminare perché è espression­e del nostro costume di vita, a causa del quale, nei confronti della Germania (e

non solo), siamo condannati ad un’infinita e vana rincorsa.

Il diritto non è creta che si può modellare a suo piacimento. Raccoglie i valori di un popolo e dà loro voce. Da noi al primo posto viene la «persona» (art.2 Costituzio­ne). In Germania al primo posto c’è la «dignità» delle persone (art.1 della loro Cost.). È la differenza fondamenta­le in base alla quale, in una situazione di grave difficoltà per il Paese, in Germania la popolazion­e si ritiene coinvolta nel rischio dell’epidemia e l’accetta senza andare alla ricerca dei responsabi­li di una situazione che è piovuta dal cielo (e ciò è possibile anche perché l’azione penale non è obbligator­ia). In questo modo si coagula una solidariet­à che noi non riusciamo ad esprimere. Siamo convinti che la nostra scala di valori è migliore. Anche se così fosse, dobbiamo, però, essere consapevol­i che tutto ha un prezzo e che lo paghiamo.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy